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- 1480.

GIOVANNI BATTISTA SAVELLI.

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si forniva la città ed il porto d'Ancona, e si armavano in guerra tutti i legni e le galere che si potevano da quella città somministrare. Al tempo stesso scriveva il Pontefice al re Ferrante che avrebbe mandato ad aiutarlo per mare un' armata di ventiquattro galere; e poichè la urgenza del caso, come anche la necessità che aveva di assicurarsi e difendersi in casa sua, non gli permettevano nè di costruir naviglio, nè di mandar fuori quel che teneva, così deliberò staccare d'Ancona solamente tre galere, e pigliarne altre venti in Genova. Laonde diputò due cardinali legati, Giovanni Battista Savelli principe romano, il quale non essendo sospetto ai genovesi dovesse tra loro far opera di pacificare le civili discordie che tenevano inquieta la città nelle fazioni degli Adorni e dei Fregosi, e insieme contrattare per le venti galere l'altro poi, Paolo Fregosi, doveva condurre l'armata da Roma ad Otranto, comechè essendo genovese, di potente famiglia, pronto di mano, e d'animo invitto poteva meglio d'ogni altro comandare a quelle genti nelle imprese lontane senza destar gelosia nel governo interiore della repubblica 112.

-1481.

Così dunque il cardinal Savelli partito da Roma ai diciannove di decembre passò i primi mesi dell'anno seguente a Genova negoziando con quei signori i capitoli della sua commissione e superati molti contrariamenti, tornò di là l'ultimo di giugno conducendo seco venti galere alla ripa di san Paolo presso a Roma. Quella stessa mattina scese il Papa quivi alla basilica, e dopo la messa tenne concistoro per ricevere ambedue i legati. Prima venne in mezzo il Savello, che nobilmente discorrendo raccontò le principali cose della sua missione a Genova, e poi mostrate quasi a dito le galere che in mezzo al fiume sorgevano, disse aver compiutamente eseguito il debito suo per la qual cosa con molte lodi dal Pontefice e dai colleghi commendato ebbe licenza di tornarsene alla sua sedia. Poscia chiamato il Fregosi nel senato ebbe il carico della legazione navale, insieme coll' anello e le bandiere ch' erano state solen

112. RAYNALDUS. Ann. 1480. n. 31. - 1481. n. 15. 27.

JACOBUS VOLATERRANUS. Diarium Urbis. S. R. I. T. XXIII. p. 122.

nemente benedette: ed allora il Pontefice romano a lui rivolto così gli diceva 418: « Venerabile fratello, per la benignità della sede apostolica e per i meriti tuoi pocanzi ti abbiamo creato prete cardinale del titolo di santa Anastasia, pensando che la novella dignità conferita alla tua persona dovesse al tempo stesso essere proficua alla fede ortodossa ed a questa apostolica sede, e che tu vorresti con invitto animo e pronto, anche a risico della vita, imprendere tutto ciò che ti verrebbe commesso per suo onore e tutela: poco dopo successe, che i turchi inimici della nostra fede sbarcati in Italia occupassero Otranto, città vescovile della Puglia: e, quel che senza sospirare non possiamo ripetere, ancora la ritengono. Per la qual cosa abbiamo fatto venire quà l'armata navale e pensando di mettere al comando della medesima un uomo di senno, di autorità, e di prontezza che possa governarla, reggerla, e condurla al termine desiderato in quest' opera santa, si è fatta innanzi agli occhi della nostra mente la persona tua, come quella che meglio d'ogni altra puote questo duro altrettanto che necessario carico per obbedienza ricevere: quindi insieme al nostro sacro apostolico senato noi ti elegemmo e nominammo legato della navale armata pontificia. Venisti ora tu guidato da Dio; l'armata a Roma introducesti, teco sono le milizie di gente fedele e prode; noi gli abbiamo quà tutti presenti ; i capitani di ciascuna galera riconosciamo in faccia, e ne sappiamo il nome, e quella fiducia di vittoria ci sentiamo crescere nell' anima che già prima avevamo concepita, e che tu più d' ogni altro con tanta alacrità di volto ci riprometti; ti esortiamo, fratello e figlio carissimo, che i tuoi procedimenti siano tali, da conseguire il frutto desiderato di questa tua legazione, quel frutto a che ora con la mente intendiamo, e poi coll'ajuto di Dio possederemo. Orsù via, che il signor nostro e redentore Gesù Cristo, la cui causa tu imprendi a sostenere ti sarà propizio: sii certo che noi ed il senato nostro non ti mancheremo giammai in qualunque luogo e tempo. Mettiti con gran cuore all'impresa, spera nel signore Iddio, che non permetterà la ruina nostra, nè lascerà gli ope

118. VOLTERRANO cit. p. 138. RAYNALDUS. Ann. 1481. n. 28.

rai fedeli della sua vigna senza mercede. Appressati, figliuolo, ricevi nella destra l'anello come segno della tua dignità, prendi dalle nostre mani gli stendardi sotto ai quali dovrà militare la nostra armata : leva su il vessillo della croce, affronta gl'inimici, spacciali dal tuo cospetto, disperdili come il vento disperde le aride stoppie, e riporta a questa sede la vittoria. Avrai certamente, se bene io veggo, contro al nemico infedele un memorando trionfo ».

Dopo queste parole il Pontefice seguito dal legato, dai capitani delle galere e da tutta la sua corte discese presso alla riva del Tevere, ove, alla vista d'innumerevoli spettatori da ogni parte concorsi, stavano ordinate le venti galere, che sotto lo stendardo pontificio facevano di se bellissima mostra, mentre il Papa condotto in lettiga lunghesso le ripe andavale ad una ad una considerando e benedicendo. Gli uomini poi dell'armata, marinari e soldati, davano da mezzo il fiume la voce del saluto, percuotevano gli scudi, agitavano le bandiere, i clamori salivano alle nubi, e con le grosse artiglierie gittavano a quando a quando insieme a un' ondata di fuoco e di fumo il fremito sull' acqua e tra le ripe poi battevano ad intervalli il tamburro sulle navi, e dopo strombavano sinfonie concitate e guerriere. Il Volterrano, che fu presente a quei fatti, conclude il suo racconto, dicendo che fu spettacolo assai giocondo, al cui paragone poteva reggere appena il solenne e magnifico approdo di Ancona in tempo di Pio secondo, allorachè il doge di Venezia incontrato dall' armata pontificia, entrava pomposamente nel porto 114.

Papa Sisto ritornò lietissimo al Vaticano, ove per il dì seguente raunò il senato in concistoro straordinario, affinchè il cardinale di Genova e legato dell'armata venisse prosciolto dalla chiusura della bocca, e ricevesse secondo il rito la facoltà di parlare a suo talento nella assemblea; appresso furono introdotti i capitani delle galere a prestare il giuramento di fedeltà dopo le quali cose, usciti a coppia dal palazzo i cardinali in abito di

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Vedi sopra Anno 1464. Lib. IV. cap. x.

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LANDO FERRETTI. Storia d'Ancona. MSS. autografo alla Chigiana. H. 11. 70. pag. 313.

costume, accompagnarono con solenne cavalcata il legato sino presso alla porta ostiense, ad un luogo chiamato la scuola greca, e colà salutatolo, con molti auguramenti di felicità e di vittoria, si congedarono da lui, che andò ad alloggiare nella sua capitana, e partì da Roma con le venti galere scendendo il fiume la mattina del quattro luglio 1481. Agli undici dello stesso mese nelle acque di Napoli gli vennero incontro per mare la regina e la moglie del duca di Calabria primogenito del re con i figli e gran numero di dame e cavalieri napolitani, dai quali it giorno seguente dipartendosi tirò dirittamente ad Otranto, ove si congiunse con l'armata regia, e con le tre galere pontificie che, ben fornite d'ogni cosa necessaria a navigare e a combattere piene di gioventù generosa e guidate da eccellentissimi capitani, erano sollecitamente venute d'Ancona 11.

Intanto a Roma crescendo il calore della stagione ogni altro affare si raffreddava, e gli animi posavano aspettando notizie felici della guerra, alla quale il concorso della bandiera papale aveva impresso un carattere sacro, ed una freschezza di lete speranze rinverdite sull' esempio delle prime crociate. Talchè anche il re di Portogallo, quantunque diviso da noi per così grande distanza, pure sentendo ciò che quì si faceva e le premurose sollecitudini di Sisto, volle seguirne l'andamento e concorrere alla sua difesa. Per ciò, mentre allestiva la sua armata navale, mandò innanzi una caravella (specie di nave usata ai lunghi viaggi dell'oceano, minore in lunghezza delle galere, ma più alta e poderosa di bordo) affinchè ne portasse a Roma anticipatamente l'annunzio. Veniva per capitano della medesima Jacopo d'Almeida, uomo di chiarissimo sangue e valore, che passando nel Tirreno attraverso al canal di Piombino fu assalito da due galere di fuorusciti genovesi guidati da Obbietto Fieschi: e quantunque la caravella fosse inferiore di forza, tuttavia bravamente seppe difendersi, così che dopo un lungo combattimento, non solo ributtò gli avversari, ma uccisi sessanta di loro, e predata una delle due galere, cacciò

115. SARACINI. Storia d'Ancona citat. p. 281.

ANTONIO LEONI citat. p. 241.

AGOSTINO PERUZZI cit. Tom. II. p. 369.

la seconda in fuga, senza ricevere altro danno che un uomo morto, ed alcuni pochi feriti, tra i quali il capitano medesimo percosso di spada nella faccia. Il portoghese entrò con la sua preda nel porto di Civitavecchia, e dopo molte feste che gli fecero in quel luogo se ne venne a Roma, non tanto per curare la ferita, quanto per rivedere il fratello ch' era nella corte del Papa ambasciador del suo re. La costumatezza dell'Almeida e la valorosa difesa fu molto grandemente commendata nella città e al tempo stesso più anche biasimato il Fiesco, del quale pubblicamente si ripetevano molte indegne operazioni fatte in grazia dei turchi contro i cristiani 116.

Non guari dopo arrivarono nel porto di Civitavecchia altre ventidue caravelle portoghesi ed una nave almirante sopra la quale era don Garzìa di Portogallo, consorto della casa reale, e vescovo d'Evora, che mandò in Roma alcuni ufficiali per la permissione di venirsene con tutta l'armata su pel fiume a riverire il Pontefice, ed a veder la città; come da lì a pochi giorni fece, ritirandosi a forza di remi e di rimburchio sino alla posta di ormeggio in quello stesso luogo di san Paolo ove poco prima si erano vedute le venti galere: così il Tevere sosteneva sul suo dorso glorioso due navali armate nell'anno medesimo. Bisognò poi seguire gli esempi precedenti alla basilica suburbana a fine d'introdurre nel concistoro il vescovo comandante ed i suoi capitani. Don Garzìa pronunciò in lingua latina una orazione elegante; Sisto brevemente corrispose, e dopo aver compartita la implorata benedizione con molte indulgenze agli astanti, si fece condurre in lettiga lungo la ripa del fiume benedicendo, tra lo strepito consueto e la gazzarra militare, tutte ad una ad una le navi ausiliarie. Erano ventitrè caravelle armate in guerra che, oltre ai marinari e remigi, portavano due mila soldati da sbarco, ed una fioritissima nobiltà, più dugento cavalieri dell'abito di Cristo. Questa gente riempì nei giorni che vennero appresso le strade e le chiese di Roma; tutti aspettavano cose grandi da uomini bellicosi, e continuamente esercitati nei mari dell'oceano, e nelle guerre dei mori: ma la

116. VOLTERRANO cit. p. 127.
RAINALDO. Ann. 1481. n. 27.

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