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colpevoli od accusati di una determinata infrazione, commessa fuori del proprio territorio, a un altro Stato che li reclama, e che è competente per giudicarli e per punirli.

I filosofi, i penalisti, i trattatisti di diritto internazionale hanno disputato e disputano se queste consegne si fondano semplicemente sulle Convenzioni, ovvero sul diritto naturale o razionale; se vi è insomma negli Stati un dovere morale delle estradizioni, di guisa che esse debbano e possano aver luogo anche senza trattati.

Si disputa ancora sul tempo cui far rimontare il diritto d'estradizione, se agli antichi Ebrei, Greci e Romani, ovvero ai moderni. Certo, il secolo presente ha sviluppato questo diritto, ma non lo ha inventato. Nel secolo scorso l'Inghilterra si teneva ancora a parte, ma la Francia aveva parecchie Convenzioni di estradizione coi suoi vicini, fondate su questi principii: reciprocità, domanda per via diplomatica, o per parte delle autorità di frontiera; esenzione dei nazionali dalla estradizione, sua applicazione ai grandi reati, da cui non erano esclusi i politici, alle diserzioni e al contrabbando; necessità di produrre, in appoggio alla domanda di estradizione, la condanna o il mandato, secondo che si trattasse di un condannato o di un accusato; restituzione degli oggetti portati via dall'estradato allo Stato richiedente; carico delle spese occasionate dalla estradizione allo Stato richiesto (1). I nuovi trattati hanno confermato e meglio precisato i detti principii; hanno però in particolare escluso dalla estradizione i reati politici.

Si disputa ancora se convenga meglio, o pur no, che l'estradizione, come ha luogo in alcuni Stati, sia regolata da leggi interne, cui il Governo ha il dovere di conformarsi nelle sue Convenzioni cogli Stati stranieri. Così il Belgio ha la legge del 1° ottobre 1833, emendata da quelle del 22 marzo 1836 e 15 marzo 1874; i Paesi Bassi hanno gli art. 17 e 21 della legge del 1849 sull'ammissione ed espulsione degli stranieri; l'Inghilterra ha il celebre Atto di estradizione del 1870, e quello del 1873; gli Stati Uniti d'America hanno gli Atti del 20 agosto 1848, 22 giugno 1860 e 3 marzo 1869.

Come abbiamo più volte inteso il dovere di avvertire, noi non facciamo un Trattato di diritto filosofico, nè di diritto penale od interna zionale, e perciò non c'incombe di trattare e risolvere queste nobili questioni. Il nostro còmpito è di avvertire semplicemente come le nostre Convenzioni hanno risoluto certe più notevoli questioni che dividono in argomento tanto gli scrittori quanto gli Stati.

Noi abbiamo oramai dei patti di estradizione coi varii Stati d'Europa ed anche d'America. Mancava la Grecia, e anche con essa si è pervenuti

(1) BILLOT, Traité de l'extradition. Paris 1874, p. 45.

a intendersi; sicchè si può concludere da parte nostra che, qualunque risoluzione si voglia dare al quesito se l'estradizione sia di diritto naturale primitivo ovvero convenzionale, il dovere morale di concorrere alla giustizia universale si è inteso siffattamente, che si è riusciti a concretarlo in una moltitudine di relativi patti internazionali.

Di queste nostre Convenzioni vigenti la più antica oramai è quella col principato di Monaco del 26 maggio 1866, le ultime sono quelle colla Grecia, col Portogallo e col Lussemburgo.

Esse perciò appartengono tutte al periodo del nuovo Regno d'Italia e dello sviluppo più recente del diritto penale ed internazionale.

Nei preamboli esse sono così motivate. In quelle col Principato di Monaco, colla Spagna, colla Svizzera, si legge che i due contraenti son mossi dal desiderio di assicurare la repressione des crimes, e vogliono introdurre un sistema di concorso reciproco per l'amministrazione della giustizia penale; in altre (Svezia e Norvegia, Austria-Ungheria, Honduras, Guatemala, San Salvador, Costarica, Belgio) si parla ancora di assicurare la repressione dei delitti commessi nei rispettivi territorii, i cui autori o complici volessero sfuggire alla vendetta o al rigore delle leggi col ricoverarsi da un paese all'altro; in quella cogli Stati Uniti di America e coll'Inghilterra si parla del fine di assicurare la migliore amministrazione della giustizia e di prevenire i delitti nei loro rispettivi territorii e giurisdizione; in quella col Messico di favorire nel miglior modo l'amministrazione della giustizia ed evitare i crimini nei rispettivi loro territorii; altrove si parla semplicemente di regolare l'estradizione dei malfattori nei loro rispettivi Stati, come in quelle coi Paesi Bassi, colla Francia, colla Russia (1), coll'Impero Germanico, col Brasile, colla Grecia, col Portogallo, col Lussemburgo. Coll'Austria si è convenuto che in caso di differenza d'interpretazione fra il testo italiano e il tedesco, si debba seguire l'interpretazione più favorevole alla estradizione del prevenuto.

47. Nelle nostre Convenzioni spesso si parla di condannati, o perseguitati dalle autorità competenti di uno Stato, rifugiati in un altro; espressione che in Europa e in America ha dato luogo alla questione se si intendano in essa compresi anche i rifugiati non volontarii, come i naufraghi. In alcune però, come in quella cogli Stati Uniti di America, il dubbio ci sembra tolto, parlandovisi non di rifugiati ma di fuggitivi dalla giustizia, rifugiati o ritrovati nell'altrui territorio; in quella col Messico, che abbiano cercato asilo o si trovino sul territorio » ; in quella

(1) Nella Convenzione colla Russia (1871) si dichiara nell'art. 19 che essa si estende al Granducato di Finlandia e al Regno di Polonia!

coll'Impero Germanico, « che si trovassero sul territorio dell'altra », cosi a un di presso coll'Inghilterra, colla Danimarca.

Dappertutto, in fatto di nazionali, si ha l'obbligo di comunicare informazioni, documenti, oggetti costituenti il corpo del delitto; non già di consegnarli: eccezione derivata dai vecchi principii d'isolamento degli Stati e di gelosia verso la giustizia straniera; contraria alla dottrina, che fonda l'estradizione sul consorzio nazionale delle nazioni

sulla subordinazione loro ad una legge morale comune, la quale obbliga al dovere di concorrere alla giustizia universale.

L'esenzione dei nazionali trae seco le questioni delle straniere maritate ad un cittadino e delle cittadine ad uno straniero, accusate di un reato commesso prima del loro matrimonio; e degli stranieri naturalizzati in un paese, di cui si chieda l'estradizione per un reato avvenuto prima della naturalizzazione. Quando la nazionalità di uno è contestata, è chiaro che essendo la decisione di competenza del potere giudiziario, la determinazione del Governo è subordinata alla sentenza della magistratura competente che lo dichiari cittadino o straniero. Però molte legislazioni facilitando l'acquisto della nazionalità, rendono più difficili le estradizioni.

Alcune delle nostre Convenzioni anzi le rendono vieppiù malagevoli, estendendo la qualità di nazionale che ne rende esenti. Così in quella coi Paesi Bassi (1869) sono assimilati ai nazionali gli stranieri che in virtů delle leggi locali godono siffatta assimilazione, gli stranieri stabiliti nel paese e che sono o che sono stati maritati ad una donna del paese, o da cui hanno un figlio o dei figli nati nel paese (a. 1); sono assimilati ai nazionali persino gli stranieri semplicemente domiciliati nel paese. Similmente gli stranieri fissati e domiciliati nel paese sono esenti dall'estradizione nella Convenzione colla Danimarca (1873, a. 3).

Altre però han, piegato alquanto, per questa parte, in favore della giustizia universale, ammettendo, in certi limiti, che la naturalizzazione acquistata posteriormente al delitto non sia di ostacolo all'estradizione. Cosi nella Convenzione colla Gran Bretagna è detto che « la naturalità ottenuta in uno dei due Stati contraenti dall'imputato o condannato, dopo il commesso reato, non impedirà la ricerca, l'arresto e la consegna dello stesso. Può tuttavia essere ricusata l'estradizione, ove sieno trascorsi cinque anni dalla concessa naturalità, e l'individuo abbia dalla concessione di questa tenuto il suo domicilio nello Stato richiesto » (a. 4). Lo stesso si è convenuto col Brasile (a. 4).

Quanto alla consegna a uno Stato dei delinquenti di un altro Stato, si sa, è una grave questione; perocchè, se è giusto che tali delinquenti si consegnino, essi sono sempre intitolati alla protezione della propria patria, la quale avrebbe ragionevole motivo di lagnarsi della non legale

estradizione dei suoi sudditi. Fra la Francia e la Sardegna si era stabilito nel Trattato del 29 novembre 1838 (art. 1) che l'estradizione del suddito di un paese terzo « potrà essere accordata, ogni volta che il Governo del paese cui appartiene vi avrà dato il suo assenso ». Questa clausola aveva dato luogo, nel 1858, al rifiuto di consegnare un suddito inglese, accusato di complicità nell'attentato contro la vita dell'Imperatore, per rifiuto di consenso dell'Inghilterra.

Le nostre presenti Convenzioni ammettono generalmente il principio che quando l'individuo di cui si domanda l'estradizione appartiene ad uno Stato diverso dal richiesto e dal richiedente, s'informa lo Stato cui appartiene della domanda avuta; se questo lo reclama per punirlo, lo Stato richiesto ha la scelta di consegnarlo all'uno o all'altro. In quella colla Francia decide da sè il Governo, « prendendo a base la gravità del fatto incriminato, le facilità accordate perchè l'incolpato sia restituito, se vi ha luogo, da un paese all'altro, per purgare successivamente le

accuse ».

Quando un individuo è reclamato per la punizione da due Stati, nei quali abbia commesso dei reati che diano luogo a estradizione, i nostri trattati variano sul criterio della scelta fra i due richiedenti. Alcuni dispongono che si abbia a consegnare a quello presso cui abbia commesso il reato più grave, e in caso di parità a chi abbia fatto prima la domanda (Svezia e Norvegia, Austria-Ungheria, Honduras, Guatemala, San Salvador, Germania, Costarica, Belgio); quelle col Perù e la Russia, in caso di quest'altra parità, danno la preferenza allo Stato cui appartiene per origine; altri a chi abbia fatto prima la domanda (Monaco, Spagna, Svizzera, Brasile); la Danimarca dà la preferenza alla priorità della domanda, salvo che fra i richiedenti vi sia lo Stato da cui l'accusato dipende, nel qual caso deve avere questi la preferenza.

48. Tutte le nostre Convenzioni non assoggettano alla estradizione gli accusati o i condannati di ogni reato, ne eccettuano quelli così detti non intenzionali, o le contravvenzioni, e i reati che non sono di ordine universale ma speciale a un determinato paese. Abbiamo già visto che tutti gli Stati assoggettano ad una estradizione particolare e facilissima, mediante i consoli, i disertori dalle navi non solo mercantili, ma anche militari. Nella Convenzione di estradizione colla Francia sono esclusi i disertori dalle armate di terra. Dappertutto sono eccettuati quei reati, cioè quegli atti delittuosi o criminosi concernenti l'ordine politico di un paese. Le ragioni ne sono troppo evidenti. Un furto, un assassinio, uno stupro sono ritenuti reati dovunque; certi atti, invece, attinenti alla politica possono essere bensì condannati e puniti in un luogo, mentre altrove son reputati atti legittimissimi, un diritto e un dovere, una virtù e una gloria.

Non è nell'indole di questo lavoro di fare un minuto studio comparativo sui reati commessi che dan luogo all'estradizione secondo i varii trattati. Ci basti osservare che le varie convenzioni hanno stimato di specificare i varii reati pei quali si ha diritto e dovere di dar luogo all'estradizione; e che la tendenza si è di estenderne l'applicazione. Si è soggetto a estradizione non solo pei crimini ma anche pei delitti (Monaco, Honduras, Guatemala, Paesi Bassi, Brasile, Danimarca, Belgio, ecc.). In generale si dice che l'estradizione ha luogo nei casi di infrazioni alla legge penale, specificati nella Convenzione (Spagna, Perù, Gran Bretagna, Germania, Stati Uniti d'America). La Spagna aggiunge i reati mancati quando siano punibili con tre anni d'imprigionamento. Colla Svezia e Norvegia si è convenuto il limite minimo di tre anni di detenzione pei reati comuni ivi specificati. E inoltre (clausola singolare) ogni Governo si è riservato la facoltà di rifiutare, in via di eccezione, la consegna, anche nei casi compresi nei termini del Trattato, dando semplicemente all'altro Governo i motivi del rifiuto. Quello colla Russia richiede per l'estradizione che la legge del paese richiesto commini la pena di più di un anno di prigione, o una pena afflittiva o infamante. In generale, nei reati di estorsione, si mette un limite di valore nella somma estorta perchè si dia luogo all'estradizione (1000 lire coll'Austria-Ungheria, Svizzera, Honduras, ecc.). La Convenzione colla Francia, che è larghissima nei casi di estradizione, l'ammette in un gran numero di crimini e di delitti, per esempio, nei casi di ferite, di percosse che abbiano occasionato anche una malattia o incapacità di lavoro personale durante più di 20 giorni. Ammette l'estradizione dei già condannati per delitti, anche quando la pena sia stata del minimum di due mesi di carcere, e degli accusati quando la pena comminata dalla legge del paese richiedente sia del maximum di due anni.

49. Rispetto ai procedimenti, si sa che quando l'istruzione di un reato commesso in uno Stato rivela che il delinquente si è rifugiato all'estero, lat prima cura deve essere quella di metterlo fuori di condizione di sfuggire alla giustizia, e quindi di formulare una domanda di arresto provvisorio, cui seguirà poi la domanda formale di estradizione.

S'intende che le due domande possono essere contemporanee quando lo Stato richiedente è nel caso di poterle presentare regolarmente. Lo Stato richiesto esamina se esse domande sono uniformi al Trattato e se non trovino ostacolo nella sua legislazione, ed emana i provvedimenti conformi; quindi il delinquente si arresta e si estrada per essere giudicato nello Stato al quale si consegna. Insomma i principali stadii della procedura sono: domanda di arresto provvisorio, domanda di estradizione, e prove e documenti in appoggio; esame della richiesta e decisione del paese richiesto, consegna dell'incolpato, giudizio dell'estradato.

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