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XI. Se non che il capitano Piergianni coi Genovesi del suo partito, non volendo perdere la città, nè lasciarsi bloccare, usci fuori alla testa delle sei galèe e delle sei caracche, risoluto di sloggiare il Biassa dalla formidabile posizione e levare sè stesso di angustia. E sapendo egli pure dello scanno e degli ostacoli al suo procedimento, tenne questo modo. Innanzi alle caracche pose le galèe per rimburchio, e innanzi alle galèe mandò le sei barche maggiori per attacco; ciascuna barca con un pezzo da trenta sulla prua : caracche, galèe, e barche a sei righe, in tre file, tutte legate tra loro con lunghissimi gherlini intugliati, tanto che ogni legno potesse condurre, ed essere a un bisogno condotto dagli altri 35. Ciò fatto Liguri e Francesi sulle barche con buon remeggio e il piombino alla mano, si accostarono fin quasi sullo scanno, e aprirono il fuoco co' sei pezzi da trenta contro il gruppo delle galèe ormeggiate, facendo loro gran danno, specialmente nei posticci e nel palamento.

Non mica che il Grillo e il Biassa e quegli altri caporioni stessero colle mani alla cintola, che anzi rispondevano a cannonate furiosamente. Ma presto si avvidero che per essere le barche piccoli legni, e sempre in moto sul mare, difficilmente si poteva offenderli. Provaronsi allora ad uscir fuori per fianco: ma le caracche a cavaliere sul callone dell' acqua piena, tempestando con lunghe colubrine e con doppi cannoni da cento libbre di palla, vittoriosamente difendevano le barche : nè

diciassette galèe, undici venetiane et sei di Papa Giulio, il quale era stato in spiaggia aperta, con uno scagno però dinanzi coperto d'acqua che lo faceva sicuro dalle barze, et voleva assediar Genova. »

35 DELLA ROVERE cit., 30, b: « Le barche haveano una corda che giungeva fino alle caracche; et quando havevano tirato, quelli delle caracche tiravano a sè la barca, et havea tempo di cargar il pezzo. »

a petto di quella grossa artiglieria potevano contrastare le galere nostre uscendo ad una ad una coi corsieri comuni da cinquanta 36. In somma il Grillo e il Biassa dovettero filare costa costa per tirarsi fuori dal pozzo; e dovettero tornare indietro senza conchiudere nulla, anzi afflitti da molti danni. Il capitano di Francia assai rispettosamente seguilli alla coda. Toccaron gli uni e gli altri all'Elba: il Biassa a Lungone, Piergianni al Ferrajo. Poi dalla punta diforana dell' Argentaro questi rese il bordo verso Genova, e gli altri continuando la bordata ripararono nel porto di Civitavecchia 37.

Quando udirai contar maraviglie dell' arte moderna, mettiti in guardia: e senza misconoscere i miglioramenti che a grado a grado si svolgono, ripensa al passato, cercane le notizie, e troverai sempre più che comunemente non pensano i prosuntuosi del tempo presente. Le Piramidi, il Colossèo, il Partenone, il Panteon non si fanno più; e le opere d'arte degli Etruschi e dei Greci si studiano ancora. Ma senza andar tanto lungi, eccoti nel principio del cinquecento dalla parte di Piergianni e de' Genovesi tali palischermi che efficacemente entravano in lizza con pezzi da trenta, cioè di quell' istesso calibro, del quale si compone l'armamento ordinario nelle batterie dei vascelli a tre ponti che ancora restano negli arsenali d' Inghilterra e di Francia. Pensa altresì la grandezza e forza delle caracche che issavano a bordo que' cotali palischermi, e metteanli in

36 DELLA ROVERE cit., 30: « Piergianni andò a trovar Grillo.... et armò le barze delle caracche, et poseli sopra sei cannoni da trenta l'uno.... et li cannoni di cinquanta delle galere non tiravano quanto le colobrine et cannoni da cento delle caracche. »

37 BEMBO cit., 394.

MOCENIGO cit., 63.

GIUSTINIANI cit., 266, 267.

SENAREGA, S. R. I., XXIV, 602, 605.

coverta presso a cannoni doppi da cento libbre di palla in ferro, di che dirò a parte qui appresso. Intanto vedi artifizio nella distribuzione delle forze sopra tre linee, secondo la pescagione dei legni, per accostarli sicuramente al bersaglio; e vedi teoria di convergenza e di unione per mezzo di quei cánapi che tenevano diciotto navigli di specie diversa in un sol corpo atto a offendere alla testa e alla coda; ed a resistere compatto da sè; e a portar soccorso in ogni membro quantunque lontano, secondo gli eventi. Vedi pur quei gherlini distesi tra le file a grande distanza, i quali impedivano ancora al nemico l'entrar di mezzo e il tagliar fuori una partita dall' altra: sistema di legami che in alcuna circostanza potrebbe tornare con molto vantaggio anche adesso.

Dalla parte del Grillo e del Biassa possiamo notare la scelta di eccellente posizione pel blocco: vicino alla città, rimpetto alla bocca del porto, dietro allo scanno, al riparo delle tempeste del mare e degli insulti dei grossi navigli. Ciò non pertanto tornarono colla peggio, e ciò per due precipui difetti. Primo, perchè nella insenata falli va loro il maggiore requisito di stazione militare, ciò è dire lo spazio sufficiente da uscir fuori in ordine di battaglia. Secondo, perchè accettarono il combattimento fermi sull' ancora, non curando i vantaggi che naturalmente secondano l'impeto dell' assalitore, е gli mettono quasi la metà della vittoria nelle mani. Dovevano uscir subito al largo, e non fidare troppo nei ripari, e nella inerzia della massa immobile. Chi sta sciolto e libero può andare dove e quando vuole, e da quella parte e in quel modo che più gli talenta confondere l'avversario accoccolato e poltro.

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XII. Ora non posso passarmi dei progressi dell' artiglieria, per quel che ne dice a proposito di questi fatti

marinareschi il nostro autore. Parlando del Biassa, del Grillo e di Piergianni egli distingue cannoni da trenta, da cinquanta, e da cento; e indica il calibro ragguagliato al peso della palla di ferro. Dunque non più bombarde o bombardelle, secondo ciò che ho detto nel Medio èvo. Veniamo al cannone.

In principio il cannone era la parte posteriore della bombarda, dove si metteva la polvere e il coccone: poscia allungato diveniva artiglieria compiuta, e manteneva il nome di Pezzo. Se ne facevano dei grandi e dei piccoli d'ogni maniera, e li chiamavano basilischi, aspidi, dragoni, sagri, falconi: nomi spaventevoli di uccelli rapaci, di bestie imaginarie, di mostri favolosi. In somma più che trenta tra specie e varietà che ricordo qui in ordine di grandezza: basilisco, dragone, possavolante, serpentino, colubrina, cacciacornacchi, aspido, girifalco, sagro, pernice, pellicano, sagretto, falcone, falconetto, smeriglio, ribadocchino, cerbottana, saltamartino: oltracciò le artiglierie di canna corta; cioè bastardi, rebuffi, crepanti, veratti, aquile, mojane, cortane, vugleri, tarabusti; e le molte varietà denominate dagli uffici speciali, onde dicevansi spacciafossi, spazzacampagne, traditori, trabucchi, redèni, forlini, e più altri nomi che uscivano dall' arbitrio dei fonditori, e dei capitani, come ne dice per questi tempi l' Ariosto 38.

Arrogi il composto di ciascuna di queste forme coll' altra; e più le artiglierie di molte canne unite in

38 LODOVICO ARIOSTO, Orlando furioso, XI, 24:
« E qual bombarda e qual nomina scoppio,

Qual semplice cannon, qual cannon doppio.

» Qual sagro, qual falcon, qual colubrina

Sento nomar, come al suo autor più aggrada,
Che il ferro spezza e i marmi apre e ruina

E ovunge passa si fa dar la strada. »

sieme, che chiamavano organi: pezzi fusi con due o tre anime, o con più camere giranti attorno a una tromba sola per moltiplicare i colpi, e si dicevano cannoni composti o compagni; di che abbiamo i disegni nel Valturio di Rimini, e nelle cartelle di Leonardo all' Ambrosiana; e abbiamo i campioni nei musei di Europa. Tra i quali niuno ch' io sappia novera un vecchio cannone da ventiquattro che ho veduto all' arsenale di Tophanè in Costantinopoli, di tromba aperta ad entrambe le estremità, e alla culatta una gran ruota massiccia e girante dietro la tromba, in guisa da presentarle successivamente dodici incamerature cavate nell' istesso massiccio della gran ruota, capaci di altrettante cariche, e però di dodici colpi in punto.

Intanto le arti belle, già risorte, piaceansi adornare di nobili disegni le terribili bocche da fuoco: fiori, fogliami, festoni, corone, delfini, figure d'uomini e di animali, stemmi e imprese di squisito lavoro si spiegano e s'intrecciano sulle maniglie, sulle gioje, sulle fascie, e sui bottoni de' pezzi; tanto da renderli preziosi anche come monumenti delle arti del disegno, e degni di stare nei musei allato alle statue e alle sculture.

Appresso il criterio filosofico si applica a toglier via la confusione, i ghiribizzi, e l'arbitrio; e forma ordinatamente sopra norme stabili i generi e le specie. Primo genere il cannon prototipo, lungo venti bocche a palla di ferro da libbre cinquanta; e gli si dà l' aggiunto di Cannone intiero, ordinario, comune: tutti gli altri a un bel circa multipli o summultipli del primo. Onde cannon doppio da cento, mezzocannone da ventiquattro, quarto cannone da dodici, ottavo cannone da sei. Neglette le piccole differenze, come si usa delle frazioni.

Secondo genere i cannoni di canna lunga, che pigliano nome di Colubrine: e tra queste l'ordinaria o

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