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seste e collo squadro, ma colla spada e col pugnale, sovente a corpo a corpo contro gli avversarî 157, e sempre sostenuto dai suoi ajutanti, specialmente dal Conversano

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dallo Scaramuccia. Fra l'altre cose fece una ritirata co' suoi ripari in quadro, così forte e sicura, che dai Turchi era chiamata la Mandra, perchè i combattenti vi stavano tanto raccolti a fidanza come il gregge nell'ovile 158. Per le ragioni dell'arte, e pel valore dei combattenti, massime dei marinari, furono ributtati tanti assalti, e uccisi tanti nemici, e mantenuta la piazza per tutto l'anno, finchè durò la speranza del soccorso.

Ultimo, ma di maggiore importanza per la storia della milizia, viene il lavoro delle contrammine, governate colla polvere di guerra, in opposizione alle mine dei Turchi. Si usavano pure negli antichi tempi e nel medio èvo cave e contraccave, cioè militari cunicoli sotterranei per offesa o per difesa delle piazze: cunicoli chiamati colle voci delle miniere metalliche, alla cui similitudine si conducevano. Ma dopo il salto della pignatta (vera o imaginaria) sul fornello dell' alchimista; dopo il rovinio del palazzo di Lubecca per fortuita accensione delle polveri nel 1360, venuto il primo suggerimento del capitano Domenico di Firenze contro la porta di Pisa nel 1403, e appresso la prova di Belgrado nel 1439, e le teorie del Taccola e del Santini nel 1449, e il cimento di Sarzanello nel 1487, tutti preamboli ricordati dal Promis (ai

187 Bosio, 669, C: « Senza il riparo e traversa.... fatta dal Martinengo nella notte precedente......... il baluardo e la città perduta si sarebbe.... quivi a spada a spada, e l'istesso Martinengo.... in quel giorno fece prodezze mirabili. »

158 Bosio, 485, E: « Il Martinengo diede ordine che si facesse uno steccato et un riparo.... detto dai Turchi la Mandra.... ripari e traverse cominciate dal Martinengo.... fecero finire da Preianni con Giorgio di Conversalo e Benedetto Scaramoso. » (Scaramuccia e Conversano.) FONTANUS, 467, 15: « Prejannes Rhodum intravit. »

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quali posso aggiungere il suggerimento di Fermo nel 1446, e le prove di Costantinopoli nel 1453), finalmente Francesco di Giorgio Martini, fondatore della scuola Urbinate, scriveva di proposito la teoria delle mine, e ne disegnava le figure, e ne faceva esperimento con pieno successo l'anno 1495 contro Castelnuovo di Napoli Dopo di lui la fortuna ed il proposito concessero al Martinengo la prima comodità in un grande assedio di svolgere nella pratica tutto l'ingegno delle contrammine. Tanto più che egli non trovò apparecchi preventivi di pianta, come i Sangalleschi usavano murare insieme coi baluardi; non trovò androni a piramide, nè pozzi a campana, nè altri vuoti sotterranei, donde il fluido elastico delle mine nemiche potesse liberamente espandersi, fuggire, e perdere la forza. Nondimeno da sè pensò alle contrammine occasionali e improvvisate: cacciossi risolutamente sotterra appresso alla zappa, dal muro al fosso e allo spalto; e cavando gallerie magistrali sul fronte delle opere più gelose, e guidando cunicoli di scoperta a cercare le mine del nemico, faceva di troncarne il procedimento, di espellere gli operaj, di distruggere i lavori, di accecare o inondare le diramazioni; o almeno di lasciarvi tali squarci, spiragli o sfogatoj, che la furia della polvere accesa non avesse a scuotere le muraglie, ma a

159 CARLO PROMIS, Mem. cit., II, 329-39. (Erra nel 1503.) NICCOLÒ DELLA TUCCIA, Cronaca di Viterbo. ext. tra i Docum. pubblicati dalla Società di Storia patria per Toscana, Umbria, e Marche. in-4. Firenze, 1872, V, 202. (Suggerimento di una mina nel 1446 contro la città di Fermo.)

LAONICUS CHALCONDYLA, De rebus turcic. edit a Clausero in-fol. Basilea, 1556, p. 121. (Per Costantinopoli.)

LEONARDUS JUSTINIANUS (Chiensis), De jactura Constant., editus a Lonicero, II. 86, 87. (Item.)

P. A. G., Medio èvo, voce Mina. - Qui p. 52 e segg. (Tutto il filo, fino alle ultime dimostrazioni, condotto da ingegneri italiani.)

trovare la strada aperta per andarsene, senza rovina. Fin dai primi giorni di agosto aveva cavato nel fosso molti pozzi di testa ai lavori seguenti, e di ricetto alle acque stillanti; di là spingevasi coi cunicoli in diverse direzioni. Indi all'ascolta: la trivella di ficco, l'orecchio ai picchi, l'occhio ai lumi, la bacinetta ai sonagli, il tamburo ai sugherelli; e appresso ad ogni minimo sentore di zappa nemica, tanto che si potesse trovarne la direzione, e avvilupparla. Più volte, non dieci nè venti, ma oltre a cinquanta, si incontrò là sotto nel bujo coi Turchi, dove esso stesso di sua mano contro loro allumava i fuochi lavorati ed i barili di polvere nei pertugi di scoperta per cacciarli lontano; e poi appresso a chiudere, e a tenere il passo . Più volte apriva si fattamente il terreno al disopra dei fornelli già carichi, che riusciva a sventarne lo scoppio; o a mandarne la rovina tutt'altrove 161 Ai quali lavori continuamente intento, e ognora presente di giorno e di notte, vigilantissimo, intrepido, e presto a correre là dove vedea il bisogno, passando continuamente dai sotterranei ai baluardi, dalla polveriera alle batterie, e specialmente coll' occhio sempre intento a sopravvedere ogni pericolo; finalmente affacciandosi a un pertu

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160 FONTANUS, 467, 33: « Martinengus, mirabilis inventor et artifex operum bellicorum, quinquaginta quinque fuisse dicuntur, perlevi negotio ludificabatur actis contra cuniculis et specubus introrsum.... » 473, 1: « Immani specu sub terram, transversis cuniculis, hostium cuniculos trigintaduos excipiebat.... » 476, 9: << Super terram bombardis et subter cuniculis ludificatus est hostem. »

161 FONTANUR, 476, 38: « Vis' cuniculi pleni materiæ inflammatilis evanuit in venas subterraneas et contra actos cuniculos. »

Bosio, 668, C: « La maggior parte delle mine però non ebbe effetto per cagione delle contrammine dell'industrioso e vigilantissimo Martinengo.... stando continuamente ad ascoltare.... Si mettevano bacini da barbiero con sonagli dentro, e tamburi.... Molte trovate ne furono.... abbruciati e soffocati i Turchi con barili di polvere che il Martinengo stesso collocò nel pertugio. »

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gio, proprio nell'occhio sinistro toccò un' archibugiata, per la quale ebbe quasi a morire. Vedi se i bersaglieri ottomani uccellavano, o no, di trista ragione anche ai minuti membruzzi, e sappi che non il solo Martinengo restò colpito in quel che guardava: lo stesso al cavalier Giovanni di Homèdés che fu poscia grammaestro, lo stesso successe ai cavalieri Michele d' Argillemont, a Giovacchino de Cluis, ed a molti altri che vi lasciarono la vita. Più avventuroso il Martinengo, non restò inchiodato al muro, come il Cecca, chè la palla dall'occhio gli uscì dietro l'orecchio corrispondente, ed egli superata la gravissima infermità, portò a lungo tanto che visse l'onorata cicatrice; sempre ai riguardanti sulla sua fronte mostrando il perpetuo eclisse di nobilissima stella. Or si noti che questo colpo sinistro, chiamato dal Bosio, più recente scrittore, un' archibugiata 162: ci viene espresso nel più antico testo del Fontano, con termine assai rilevante per la storia dell'artiglieria, dicendosi colpo di Chirioboarda, cioè di manesca arma da fuoco Dunque il radicale rimbombo nel boato, e la focosa desinenza in arda, dal principio alla fine per tradizione perenne, durano incorrotti, ed esprimono in ogni tempo la artiglieria da fuoco per opposito alle armi da corda. Criterio di gran momento per riconoscere negli antichi scrittori,

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162 Bosio cit., 686, B: « Il Martinengo per vedere se una traversa era ben fatta, mettendo l'occhio ad un pertugio.... venne una archibugiata che gli schiacciò e passò l'occhio. »

163 FONTANUS cit., 484, 9: « Martinengus.... ictu chirioboardæ oculo privatus. » 470, 39: « Armato peditatu quindecim millium boardericorum. » — 482, 27: « Efferacior vis tormentorum continuit boatus suos: >> 483, 35: « Chirioboarderici intra aggeres latitantes stabant tormentis paratis. » 484, 14: « Quantum eœ chirioboardæ nobis nocebant. » — 486, 43: Chirioboarderiis pluvia obstitit.... nam pulvis madefactus incendi non potuit. »

P. A. G., Medio èvo, II, da 35, a 51.

GUGLIELMOTTI. Guerra de' Pirati.

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al di là della comune opinione, la prima origine della polvere e delle armi sue, come altrove ho detto.

XVIII. Ora veniamo ai Turchi, ed alle opere dirette da Achmet pascià, comandante delle artiglierie e degli ingegneri. Costui ci mostra di prima vista il gran parco delle quaranta bombarde antiche da scaraventare macigni, cioè palle di pietra, grosse nella periferia dai nove agli undici palmi 16. Inoltre ci mette innanzi dodici di quei più recenti cannoni doppî, che allora chiamavano basilischi; e cacciavano palle di bronzo più grandi della testa ordinaria d'un uomo; che vuol dire palle metalliche di cento libbre in peso. Giuocavano questi pezzi con centro e trenta tiri al giorno senza risquitto 165: « Ciascun pezzo (dice il Sansovino nel volgarizzamento) trasse tal di cento e trenta volte, come che paja che sia fuor di modo, nondimeno la cosa fu pur così, essendosi avvertito diligentemente. » Le stesse notizie vengono confermate dal cavalier Giacopo di Borbone, e da altri contemporanei, con minute varietà nel più e nel meno, come sempre suole accadere: ma quanto al numero dei tiri abbiamo altre prove di quei tempi da far maravigliare anche i moderni capitani d'artiglieria. Quando i

164 FONTANUS, 474, 40: « Vis quadraginta bombardarum, quæ jactu saxorum rotunditatis palmorum novem, aliquando undecim........ urbem vexabant. » Item, 471, 20: 474, 49.

165 FONTANUS, 474, 45: « Duodecim æneæ machinæ globos æneos majores justo capite evomebant.... nomen a serpentibus Basiliscis.... Ante ora omnium centum et triginta missilia.... quod licet supra naturam videatur, tamen ita rem esse compertum est. »

FRANCESCO SANSOVINO, Volgarizzamento della guerra di Rodi. in-12. Venezia, 1548, p. 32.

BERAT.

JACQUES DE BOURBON, Le Siège de Rhodes, publié par NA

Bosio cit., 657, A.

P. A. G., Medio èvo, II, 185, 186, 411.

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