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Non dico di più: stimo i miei lettori, e son certo della

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loro virtù nel patire e nel tacere ". Ne avrem bisogno, e andiamo innanzi.

[Maggio 1501.]

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V. Per questi tempi era in Roma gonfaloniere della Chiesa, e supremo governatore delle armi, Cesare Borgia; uomo già tanto conosciuto, che non fa di mestieri spendere parole a ritrarre i lineamenti della sua laida e crudele natura 19. Congiunto a real principessa del sangue di Francia, sostenuto dal suocero e dal padre, investito del ducato di Romagna, sottomessa la plebe de' tirannetti sotto al giogo di maggior tirannia, agognava a crescere sempre più di potenza e di stati. Esso gittava le armi romane nel vortice incerto delle guerre intestine, donde non avevano a uscire se non col sacco di Roma. Insomma il Borgia, sotto certi pretesti, che a tali uomini non mancano mai, deliberò di fare conquiste in Toscana; e di menarvi dall' altra parte il Capitano della marineria, secondo la forma del capitolo

18 SCIPIONE AMMIRATO, Storie fiorentine, in-fol. Firenze, 1641, part. II, 264, E.

19 RAYNALDUS, Ann. eccl. in indice: « Cæsar Borgia filius nothus Alex. VI.... Signifer rom. Eccl.... Barbaricam immanitatem exercet.... cæsis hominum millibus, fœminisque pollutis.... Thesaurum ecclesiasticum expilat, etc. »

BEMBUS Cardinalis, S. R. E. cit., 216: « Borgia perfidia et crudelitas »

MURATORI, Ann., 1502 in princ.: « Si rivolse l' iniquo Borgia ai tradimenti,... l' iniquissimo Cesare Borgia. »

CATALANI GIUSEPPE, Prefazioni critiche al Muratori, (ufficiale censore dell' edizione romana) in-8. Roma, 1788, t. X, part. 1, n. 5: « Del resto quanto dice il Muratori in questo e nei due anni seguenti contro Cesare Borgia, tutti glielo accordiamo. » Dunque impossibile lodarne i fautori. — V. app. nota 26.

decimoquinto, intorno alla guardia del mare, già da me nei libri precedenti pubblicato 20. L'impresa di Toscana io non per vanto, ma per necessità, devo inserire; perchè nulla manchi alla storia mia, e al tempo stesso si veda come all'ombra di tristo padrone intristisce la generazione dei servi.

Già prima di movere, il Valentino aveva dato voce anche esso di apparecchiarsi per terra e per mare contro i Turchi; e la buona gente di ogni paese tanto meglio aggiustavagli fede, quanto maggiormente tutti desideravano la stessa cosa. Se non che Cesare da Faenza, valicato l'Appennino alla uscita d'aprile con settemila fanti ed ottocento uomini d'arme, scendeva in Toscana appresso a certi fuorusciti fiorentini, per opera dei quali sperava che avessero a nascere novità nel paese, da rivolgere poscia a suo profitto. Ma poichè Luigi XII, il quale per l'acquisto di Milano e di Genova tanta parte aveva nelle cose d'Italia, ebbe spiegata la protezione sua verso il popolar reggimento di Firenze, e fatto divieto al Valentino di molestarlo, costui per non dire di averci rimesso di riputazione passando di là senza niuno acquisto, se ne andò a danni di Giacopo d' Appiano signore di Piombino. Prestamente occupò Sughereto, Scarlino, Baratto, e le altre terre del contado: e quindi pose il campo sotto alla piazza principale, dove il Signore si era ridotto col nervo delle sue genti, risoluto ad ostinata difesa.

20 P. A. G. cit., II, 501: « Promisit habere et tenere amicos Sanctitatis suæ præfatæ pro amicis et inimicos pro inimicis, cuiuscumque status, gradus aut præminentiæ fuerint. »

[Giugno 1501.]

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Allora Cesare chiamò da Civitavecchia la squadra del Mosca per bloccare Piombino dalla parte di mare, che ai difensori venisse meno ogni speranza di soccorso 21. All'entrante di giugno Lodovico uscì dal porto di Civitavecchia con sei galere, tre brigantini, due galeoni, e duemila fanti di sbarco; i quali prima di tutto si rivolsero all' Elba, isola di molta importanza per le miniere e pei porti; isola di rifugio nel nostro secolo a un imperatore spodestato. Di colà cacciò i ministri e le guardie dell' Appiano, pose presidio nelle terre, e prese il castello e l'isola della Pianosa: indi strinse più da presso Piombino. Saviamente il celebre architetto Simone del Pollajolo agli otto di giugno scriveva di Firenze a Lorenzo Strozzi, pel quale murava il notissimo palazzo, dicendo 22: « Il Valentino con duemila è ito nell'Elba; molti dichono che fugge i Francesi, io per me credo che vada a pigliar l'isola, considerato che Piombino non può aver soccorso se non dall' Elba. » Sottile e giusta riflessione, schizzata di volo in una letterina, donde si pare quanto stesse bene a Simone il nomignolo del Cronaca.

21 RAYNALDUS, Ann., 1501, n. 15, 20, 84: « Alexander etiam, privatis ductus comodis, in bellis italicis exercuit arma.... Plumbinum ad deditionem compulit.... Inanes de classe pontificia in Oriente spes: duas naves majoris alvei notho filio ad appugnandum Plumbi

num concessæ.»

BIAGIO BONACCORSI, Diari, in-fol. Venezia, 1568, alla Corsiniana di Roma, cod. 320, 321.

Vedi appresso la Lapida, nota 34.

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22 SIMONE DEL POLLAIOLO, detto il CRONACA, Lettere tre inedite, pubblicate da Jodoco del Badia, in-8. Firenze, 1869.

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[Agosto 1501.]

Ciò non pertanto il signor Giacopo con gran cuore e con maggior bravura tennesi più che due mesi a difendere la terra, e dall' altra parte i Borgiani a batterla, e il cavalier Lodovico sempre innante col suo naviglio a sforzarla. Nel qual tempo il Valentino, senza mai sciogliere l'assedio nè per terra nè per mare, segui con parte de' suoi l'esercito francese alla conquista di Napoli; e sfogate in Capua quelle sue tanto conte crudeltà e libidini, tornò con Vitellozzo Vitelli e Giampaolo Baglioni a stringere maggiormente l' espugnazione. Allora l'Appiano persuaso di non potersi più lungamente sostenere, e abbandonato dai vicini, che avrebbero potuto ajutarlo, pensò fuggirsi celatamente verso la Francia per non venire a niun trattato con un uomo, cui la fama pubblica e l'evidenza dei fatti davano taccia di solennissimo traditore 23.

[Sett. dic. 1501.]

Uscitone il Signore, la guarnigione si arrese al duca Valentino; il quale volse tutto lo studio a fornire il nuovo stato d'armi sufficienti tanto a difenderlo, quanto ad accrescerlo, venendone il destro, con qualche altro lembo di Toscana, specialmente dalla parte di Pisa ed in oltre fece ripararne le fortificazioni per

23 RAPHAEL VOLATERRANUS, Comment. Urban., in-fol. Basilea, 1530, p. 261.

princ.

AMMIRATO cit., II, 264.

FILIPPO NERLI, Comment., in-fol. Augusta, 1728, lib. V.

GIO. CAMBI, Stor. (pubbl. da Idelf. s. Luigi), 168.
GUICCIARDINI, lib. V, post. init.

ANONIMO, Vita di Rodrigo Borgia, Mss. Casanat., E, IV, 22.

opera (come si deve pensare) del suo architetto ordinario, Antonio Giamberti da Sangallo "; e certamente coll'assistenza di Leonardo da Vinci 5, che in quel passaggio di Toscana era divenuto suo familiare, architetto, ed ingegnere militare.

[17 febbrajo 1502.]

VI. Nè a ciò contento, per quietare i popoli e per mostrare grandiosità e fermezza, volle menare côlà. papa Alessandro; dove io, costretto dalla evidenza e notorietà del fatto, devo seguirlo. Ma in questo terrommi da parte colla mia navicella a vele basse e piombinando del continuo, per non urtare in veruno scoglio, secondo le migliori carte marine, e il parere di eccellenti e accreditati piloti 26.

Giovedi diciassette di febbrajo di buon mattino Ales.

24 VASARI, Le Vite, ecc. Le Monnier, VII, 218: « Antonio contrasse servitù col Papa, che gli mise grandissimo amore.... e l'opera di castello Sant' Angelo gli die' credito grande appresso il Papa e col duca Valentino suo figliuolo.... finchè quel pontefice visse, egli di continuo attese a fabbricare. »

25 VASARI cit., VII, 58, Commentario: «Abbiamo nel 1502 la patente del Valentino che nomina Leonardo da Vinci architetto e suo ingegnero generale. »

AMORETTI, Memorie storiche di Leonardo da Vinci. Milano,

1804, p. 95.

MILANESI E PINI, La scrittura degli artisti in fotografia. Firenze, 1869. Di Leonardo: « Passando il duca Valentino di Toscana per andare a Piombino.... ebbe a' suoi stipendi Leonardo. » 26 RAYNALDUS, Ann. Eccles., 1502, n. 10: « Serviebat imprimis Alexander Pont. ambitioni Cæsaris Borgiæ filii sui, magno apostolicæ majestatis dedecore. »

FERD. UGHELLI, BZOVIO, CIACCONIO, BOLLANDISTI.

CIVILTÀ CATTOLICA, 15 marzo 1873, p. 726, 732.
E qui le note 19, 21.

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