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pla. La distribuzione ordinaria pel sostentamento di un uomo libero chiamavasi Parte, si valutava a due scudi mensuali, e si componeva quotidianamente di una pinta di vino, due libbre di biscotto, tre once di minestra, una libbra di carne fresca, o mezza di salata, o di pesce o di cacio; più aceto, olio e sale: tutt' insieme due scudi, come in alcun luogo dimostrerò. Ai fanti, ai provieri, ai semplici marinari una sola razione; e costoro dicevansi di parte scempia: ai marinari avvantaggiati o di prima classe, metà più; e dicevansi di parte e mezza: alle maestranze e agli ufficiali parte doppia; e cosi di seguito, sempre alla ragione di scudi due per parte: salvo a ciascuno il diritto di toccarla in derrata o in danaro al predetto ragguaglio. Antichissimo costume: mi ricorda Vegezio nella primitiva milizia romana chiamare Duplari, quelli che toccavano a doppio la vittuaglia *. I soldi rispondevano al pregio alto della moneta in quei tempi, e al basso delle opere e delle derrate; e correvano dai due ai quindici scudi per mese, secondo lo specchietto che inserisco qui appresso, perchè si vegga a un batter d'occhio il numero delle persone, i titoli degli ufficî, e la spesa particolare e collettiva di ogni mese per ciascuna galèa semplice: salvo sempre il crescere di gente e di soldi nella capitana, e il crescere similmente nelle sensili per le occorrenze di rinforzo straordinario. Salvo pure il diminuire di gente, di soldi e di razioni nel tempo del riposo invernale: riposo, per la stessa indole della lingua comune (donde a ragione uscì la voce Sciopero) chiamato per la bocca dei marinari Scioverno. Agli esempi sopperiscono i documenti toscani, gli statuti cavallereschi di santo Stefano, e l'uso di tutti gli altri porti d'Italia, dove dicesi Scio

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45 VEGETIUS, De re milit., II, 7 : « Duplares qui binas annonas consequuntur. »

vernare e Scioverno, in senso di riposare e di riposo disarmato nella darsena durante il verno. Metto gli ufficiali in ordine di dignità secondo il costume romano, e mi tengo al minimo dei numeri, riducendo ogni cosa alla più chiara e semplice espressione che per me si possa derivare dai complicatissimi documenti che cito. SPECCHIO

dei Soldi e delle Razioni agli Ufficiali, Gente di capo, Marinari, e Soldali in una galèa del Secolo XVI.

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Per queste ragioni si consegnava al padron della galèa buona scorta di danaro; e nei depositi metteansi le provvigioni in buon dato da sopperire al bisogno, secondo la qualità del viaggio: specialmente biscotto, farine, vino, olio, aceto, carnesecca, animali da macello, polli, uova, cacio, tonnina, sardelle, riso, pasta, fave, legumi e sale, che in tutte le note di quei tempi ri

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XVI. Nel secondo capitolo si conferma il diritto del due per cento sulle merci: il qual diritto (al pari di ogni altra imposizione temporanea) impiantato una volta per ragioni eccezionali sotto Innocenzo VIII, si vede non cader più: anzi crescere col commercio e colla sicurezza del navigare, tanto che, riconosciuta la sufficienza dello stesso provento, si toglie al Capitano ogni speranza di toccare altronde stipendio maggiore. L'incremento della rendita medesima risulta dal fatto: che in principio bastava solo per mantenere una galèa, poi per due brigantini e una fusta, ed ora per due galere e due brigantini. Possiamo raccogliere dal testo del secondo, e di più altri capitoli, la squadra di Giovanni rispondere all'ordine di triplice servigio, contro nemici, frodatori e mal

46 ARCHIVIO CAMERALE DI ROMA, del quale dirò appresso, lib. VI, nota 10.

ARCHIVIO DI STATO IN FIRENZE, sezione Medicea, doc. inedit. Fabbrica e costo delle galèe, scrittura del principe di Piombino don Alfonso d' Appiano, al granduca Francesco, con data da Cavinana, 2 luglio 1574, etc. p. 130 e segg.

BIBLIOTECA BARBERINIANA IN ROMA, MSS. inedito, segnato LVIII, 19, e intitolato: « Nota di quanto costa una galea, ecc.» p. 12. ITEM, cod. LV, 23: « Stipendi che al presente si danno agli

ufficiali ed altra gente delle galere di Nostro Signore. »

ITEM, ibid. « Provvisioni che si devono dare agli infrascritti delle galere di Nostro Signore. Data del 6 aprile 1622, firmato cap. Camillo Nardi, m. propr. »

viventi; ciò è dire alle fazioni di guerra, di dogana e di polizia; conforme all'uso di ogni paese per quel tempo. Uso che dura tuttavia, dovunque sia minuta la forza della guardia, e ristretto il territorio da guardare.

La giunta al capitolo sesto intorno alle rappresaglie manifesta l'avanzamento della civiltà: imperciocchè non si permette più al Capitano di correre sbrigliato a suo talento, ma gli si aggiugne il freno. Resta accesa la minaccia generica delle rappresaglie, come si usava nel medio èvo, e ciò per ritegno maggiore ai fautori dei ladroni; ma si toglie al Capitano l'arbitrio di procedere all'atto esecutivo, senza prima ottenere la permissione della Camera pel caso particolare. E non anderebbe lontano dal vero chi pensasse a qualche disordine precedente in materia tanto delicata, ed a qualche molestia sofferta dalla Camera, quante volte le rappresaglie siano cadute sopra innocenti, o vero sopra cotali, cui non mettesse conto di offendere.

I capitoli settimo, nono e diciannovesimo, messi insieme, ci disvelano artifizio sottile. Le galèe e i brigantini hanno a essere o proprietà del Capitano, o prestanza della Camera. In quest' ultimo caso (a punto il concreto di papa Giulio) si obbliga il Capitano di restituire ogni cosa non solamente alla fine della condotta, ma tutte le volte che ne sia richiesto. Ora al tempo stesso, non essendo congedato, deve esso subitamente del suo rifarne altrettanto; cioè aver in punto altre due galèe ed altri due brigantini. Dunque per questo sempli cissimo ripiego può Giulio al bisogno duplicare le forze navali in tempo di guerra, senza portarne il peso in tempo di pace. Basta chiedere la restituzione di quattro legni per averne otto.

Appresso dal decimo capitolo si fa manifesto che i naviganti, danneggiati dai pirati e dagl' infestatori del

mare, dovevano essersi rivolti al tribunale della Camera, pel risarcimento dei danni; allegando (come si puỏ pensare) le obbligazioni del Capitano a loro favore; e forse anche il diritto acquisito col pagamento del due per cento sulle merci, titolo equivalente all'assicurazione marittima. Quindi la Camera, riconoscendo (almeno implicitamente) la giustizia della domanda, e volendo alle. viarsi di questo peso, lo carica tutto sulla capitania della guardia. Il deposito, la sicurtà, i millecinquecento, tutto a carico del Capitano pel risarcimento altrui.

Il rimedio contenuto nel capitolo decimoterzo disvela una taccherella precedente, vale a dire che i signori Capitani della guardia per maggior lucro attendevano talvolta ai trasporti ed al traffico. La tentazione doveva esser forte, perchè in quei tempi i mercadanti difficilmente confidavano ad altri il carico delle merci preziose, massime delle seterie, se non a bastimenti militari; e ciò pel pericolo gravissimo dei pirati. L'uso era già comune tra regnicoli, siciliani e genovesi. Ma in Roma papa Giulio non ne volle udir verbo, e proibi ogni maniera di noleggio sotto la pena di duemila ducati: e ciò con molta ragione. Imperciocchè, messo che siasi ai noli, il Capitano non può liberamente tenersi in crociera, ma deve andare diritto or qua or là per togliere e portare le merci verso i luoghi assegnati: di che facilmente potendo venir saputo ai nemici, si lascia loro il campo libero di gettarsi nella parte indifesa per rubare, frodare, o manomettere a man salva. Ed anche supposto lo scontro, il Capitano di traffico non può combattere speditamente, come si richiede; sia per la distrazione dei pensieri, sia per l'ingombro del carico. Questo capitolo, nuovo di pianta, spiega meglio a parer mio la perdita e la fuga delle due galere, e la disgrazia del capitano Baldassarre nell'estate del nove, come ho detto. Or qui tra

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