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fatti storici nè contro alla gloria del nome romano, noterò il travisamento che per termini disordinati si aggrava sopra un dipinto di così grande rilevanza come ho quì avanti dimostrato. Il catalogo a stampa della calcografia camerale 83, alcune guide di Roma, i guardiani del Vaticano, ed i plateali cicaloni che menano le genti pellegrine attorno alle rarità romane, rovesciano il concetto essenziale della predetta pittura, chiamandola non già come dovrebbero la Vittoria dei cristiani ad Ostia, ma anzi l'appellano fallacemente Lo sbarco dei saraceni! Come se Raffaello avesse messo i mussulmani a protagonisti dell'opere sue, rilevando la gloria loro nell'atto di pigliar terra e possessione in Ostia a tutta oltranza; mentre che all'opposto ogni linea del dipinto esprime sensibilmente il trionfo della virtù latina, allorachè cacciò quei luridi africani in fondo all'abisso del mare, e li attrappò prigionieri, e tutta la navale armata disperse. Poche parole bastano a riprovare l'errore cotanto manifesto che io fo presente alla memoria dei lettori, affinchè non prendano maraviglia in appresso di somiglianti strafalcioni pe' quali altri memorabili e nobilissimi avvenimenti andarono malamente svisati, peggiormente confusi e pessimamente nominati.

Intanto chi non vede dai fatti risultare preziose dottrine rispetto alla navigazione del Tevere? Qui si pare che il fiume di Roma dovesse a quei tempi correre più ricco d'acqua, o almeno convogliarla a canale più ristretto e profondo senza quella corrosione e dilaceramento delle ripe che oggidì tanta parte gli toglie di bellezza e di utilità. Imperciocchè è fatto solenne di storia che l'armata intiera dei saracini nel 846 su pel fiume arrivò sino alle mura di Roma, ed altrettanto avrebbe fatto nel 849 se non fosse stata distrutta alla foce. Il Muratori con alcuni fatti ribadisce questa sentenza che fornì nobile materia al libro di Lione Pascoli 84, ed io porterò inappresso esempî certi

83. Catalogo delle stampe tratte dai rami intagliati a bulino di proprietà della calcografia camerale, aumentato con l'acquisto delle calcografie Volpato, Camuccini, Canova, Gmelin etc. etc. Roma stamperia della R. C. A. 1832. in-12. p. 65. linea 1. Lo sbarco dei saraceni inciso dal suddetto Fabri ».

84. MURATORI. Annali ann. 312. ant. fin.

LIONE PASCOLI. Il Tevere navigato e navigabile, in cui si prova con autorità evidenti che nelli tempi passati si navigava dalla sua scaturiggine etc. dedicato a Benedetto XIV. in-4. Roma de' Rossi 1740. Vedi Note N. 136.

non solo del numero, ma anche della grandezza dei navigli che solcavano una volta le acque del Tevere; al libro quarto mostrerò ancorate alla ripa di san Paolo due armate navali, l'una pontificia di ventiquattro galere, e l'altra portoghese di ventidue grosse caracche che venivano dalle marine dell'oceano. Quindi ne segue che Roma in quei tempi giustamente si annoverava tra le città marittime, com'è detto avanti; perchè se tale essa era per le armate dei nemici che dal mare venivano ad assalirla, molto più doveva riputarsi tale per gli amici e per i romani medesimi, che sopra quel ricco fiume dimoravano, commerciavano e tenevano quelle navi, che armate poi secondo il bisogno ed il costume di quei tempi, facevano ad Ostia i fatti loro con tutti gli altri.

Quanto al numeroso stuolo dei prigionieri non leggo che i nostri alleati del regno ne toccassero alcuna porzione, ma sì bene ho trovato esserne stata tradotta in Roma così gran moltitudine che i senatori del Campidoglio, secondo il diritto pubblico del nono secolo, ne fecero appiccar molti ai merli d'Ostia perchè servissero di spavento ai loro compagni, e molti più ne condannarono a lavorare nelle opere di pubblica utilità affinchè il vitto per le fatiche si meritassero. Essi furono condotti all' edificio delle mura nella città Leonina, della quale mi si offre occasione opportuna di notamento 85.

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Avevano già papa Leone III, ed il popolo romano preso a fabbricare presso alla città un borgo, che dovesse nel giro delle sue fortificazioni racchiudere la basilica del Vaticano così che il santuario di Roma restasse libero dal pericolo della profanazione per fatto degli invasori. Leone III, prevenuto dalla morte, lasciò il lavoro imperfetto, che dopo quaranta anni fu ripigliato da Leone IV nell' anniversario secondo del suo pontificato, cioè nel 847, e ridotto a compimento nell' 851. Co

85. Ne multiplicatus saracenorum numerus videretur romani proceres multos prope Portum Romanum in ligno suspendi jusserunt. Aliquantos etiam ferro constrictos vivere jussimus... et ne otiose viverent ad murum quem circa ecclesiam B. Petri apostoli incœptum habebamus quidquid necessarium videbatur per eos omnia jubebamus deferri. Vita Leonis IV. ap. VIGNOLIUM cit. T. III. p. 101.

testo accrescimento di Roma cominciava alla testa del ponte presso la mole di Adriano, e proseguendo sulla diritta del Tevere per sedici centinaja di metri in lungo sopra altre sei centinaja in largo, tra quegli stessi confini che oggidì si mantengono, racchiudeva tutte le adiacenze del Vaticano e di santo Spirito in Sassia. Fu chiamata la città Leonina dal nome del fondatore, e nella grande muraglia che la rincingeva lavorarono per due anni i saracini cattivati ad Ostia; e le spese fornirono la città di Roma, lo Stato ecclesiastico, le chiese e i monasteri, concorrendo ciascuno al comun beneficio secondo le facultà rispettive, e conforme al decreto che in generale parlamento presieduto dal Pontefice si promulgò per consentimento dei pubblici rappresentanti a questo fine da ogni luogo dello Stato congregati 86.

852.

Al tempo stesso i robusti abitatori dell'isola di Corsica che per le continue usurpazioni dei saracini erano stati espulsi dalla patria, e vagavano in traccia di nuove sedi, tratti alla rinomanza delle vittorie romane venivano a questi lidi per cercare un asilo. Eglino si rappresentarono al Pontefice, e dopo aver narrato la serie delle loro calamità, richiesero di potersi stabilire con le famiglie nelle marine dello Stato papale. L'istesso santo Padre, che aveva poc' anzi ristaurato le muraglie e le abitazioni di Porto, ripensando alla necessità di popolare sempre più le città sue marittime specialmente con uomini atti alle battaglie ed al mare, lieto in volto offerì loro la città stessa del Porto romano assai forte e munita, ed insieme le vigne, le terre, i prati, i bovi, i cavalli ed ogni altra cosa opportuna alla lavorazione dei campi ed ai comodi della vita, purchè essi promettessero rimaner fedeli sempre alla santa Sede ed al popolo romano 87. Piacquero le condizioni, ed il Pontefice, in quest'anno 852, distese una

86. Congregans cunctos sanctæ Dei fideles Ecclesiæ petens ab eis ore suo Pontifex consilium, qualiter tanta murorum cito valuisset fabrica consumari. Tunc omnibus ita visum est ut de singulis civitatibus, massisque universis publicis ac monasteriis per vices suas generaliter advenire fecisset, sicut et factum est. VIGNOLIUS. Vita Leon. IV. Tom. III. p. 111.

MURAT. S. R. I. Tom. III. Parte I. p. 240.

87. VIGNOLIUS ut sup. Tom. III. p. 118. et 121.
JAFFE. Regesta Pont. Rom. cit. ad an. 852. n. 1980.

bolla o chirografo nel quale fece concessione a nome della Chiesa romana della città di Porto e delle campagne adiacenti, quantunque proprie del Pontefice o dei monasteri o di altre persone, per diritto di enfiteusi perpetua ai corsi ed a' loro discendenti, acciocchè dovessero in quel luogo abitare per la difesa di Roma e pe'l vantaggio del suo marittimo commercio; esprimendo a chiari termini nella scrittura ch'egli amava i suoi romani, e che da ogni parte per lor ajuto e sostegno radunava prodi uomini, anche con suo discapito, desiderando piuttosto l'incolumità della patria e la sicurezza del popolo, anzichè i guadagni temporali e caduchi, cui coloro che tenevano dietro finivano poi col perdere non solo le sostanze ed i campi malamente amati, ma anche la libertà sovente e la vita. Siffatto ripopolamento di Porto ebbe felici conseguenze; e quantunque i saracini pracacciassero, come avevano già manomessi gli antichi abitatori, oppressare e disperdere al modo istesso anche i novelli, non fu tanto sollecita la dispersione quanto alcuni credono: imperciocchè durante il pontificato di Giovanni ottavo ebbe importanza grande nei fasti marittimi dello Stato la città di Porto.

863.

Anche le torri e le difese della città di Ostia furono ricostruite e rinforzate da papa Nicolò primo nell' anno 865, come già trentadue anni prima era stato fatto da Gregorio quarto: che anzi il Pontefice vi collocò un presidio di milizia stabile ed uomini valorosi, capaci a guardarle da qualunque invasione 88.

872.

XVI. In tal modo si rassettavano le mura di Roma, di Ostia, di Porto e degli altri luoghi più esposti agli assalimenti dei nemici, e più necessari alla interna sicurezza; sinchè nel 872 venne al seggio supremo Giovanni ottavo romano, già arcidiacono di santa Chiesa, il quale ebbe un pontificato assai più commendevole che comunemente non apparisca per gli ordinari scrittori della sua vita. Imperciocchè prima gli amanuensi, generazione d'uomini alle lettere ed ai letterati neces

88. Vita Nicolai I. ap. VIGNOLIUM ut sup. T. III p. 209.

saria e funesta, ebbero perduta quella vita che di lui scrisse Anastasio bibliotecario e suo contemporaneo, mentre che fuggendo fatica, e tratti in inganno dai nomi del secondo e del terzo Adriano, dopo la vita dell'uno trapassarono a copiare quella di Stefano terzo successore dell'altro, lasciando perdere le tre vite intermedie di Giovanni ottavo, Marino secondo ed Adriano terzo, con grandissimo discapito della storia 89: dappoi gli scrittori più recenti quasi tutti insieme col Baronio e col Pagi presero a bistrattarlo dipingendolo per uomo così debole di natura ed inetto, che per lui venisse la favola della papessa, quasi a simbolo più chiaro dell' animo effeminato che del sesso. Ma a difendere la sua memoria dalle accuse, che furono lanciate contro di lui, volle la provvidenza che rimanesse mirabilmente conservato il registro autentico delle sue lettere ricco di trecento e venti documenti, dai quali nel miglior modo ordinati io piglierò alcune notizie della sua vita, che si riferiscono a cose di mare; e queste, senza altro trascorrimento sopra i molti e svariati fatti del suo pontificato, basteranno non solo a dimostrare la grandezza dell'animo suo sempre invitto tra le percosse dell'avversa fortuna, ma anche a rivolgergli in lode quel biasimo che taluni gli danno rispetto al tributo dei saracini ed alla ricognizione di Fozio, e faranno mutare onninamente il giudizio sinistro che ancor si aggrava sulla sua tomba.

Per quattro lustri goderono i romani il frutto della vittoria conseguita ad Ostia, ed in quello intervallo di sufficiente tranquillità non invilirono; ma prevedendo ulteriori e più gravi cimenti attesero a rifornir le difese e prepararsi alla lotta. Essi aveano a fronte un nemico che non poteva nè per lievi nè per gravi opposizioni quietare; il fanatismo religioso e la dottrina del corano lo spingevano a Roma, come a centro dell'abbominata credenza. Guai all'Europa, al cristianesimo ed alla civiltà se prima i Papi non si fossero contrapposti in Europa, e poi i crociati non avessero fatto il passaggio nell'Asia per comprimere la furia delle invasioni maomettane !

Ma veniamo ai fatti. Volendo i saracini ritentar la fortuna in Italia, sempre possenti sul mare con una grandissima armata

$9. VIGNOLIUS cit. Tom. III. p. 234.

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