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esempio raro di grandissimo ardimento, mentre Comacchio si teneva dai veneziani, entrò in quel luogo di notte, invase il palagio del governatore Andrea Marcello che dormiva, lo fece prigione e dopo avere abbottinato i navigli veneti che quivi erano in mala guardia, con tutti i prigioni, la roba e il governatore se ne tornò a Ferrara 150

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Ma l'anno seguente avendo i veneziani assaltato la Puglia e fatto paura a Ferdinando, ed essendo anche nate diffidenze tra i collegati di Milano e di Napoli, e insorti turbamenti dentro la città di Roma, cominciarono alcuni a chieder la pace e gli altri a temere di non essere lasciati soli nella guerra; onde ne venne una fretta generale di sottoscrivere i capitoli della concordia, che fu fermata a Bagnolo il dì sette agosto 1484, dalla quale il senato, più di tutti gli avversari suoi, tirò vantaggio.

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XX. Composte in siffatto modo le cose d'Italia, e salito poco dopo al pontificato il cardinal Giovanni Battista Cibo genovese, che si chiamò Innocenzo VIII, rimase per qualche tempo maggiormente assicurato l'accordo; e siccome egli era di dolce e facile natura attese per allora alle arti della pace. Tra le altre cose ch'egli fece a beneficio dello Stato devo ricordare la difesa permanente dei naviganti, affinchè non restassero dai ladroni di mare, che molti non solo infedeli ma anche cristiani lo scorrevano, miseramente oppressati. A tal fine promulgò una legge, la cui sostanza può facilmente ridursi a due punti principali; cioè che il governo metterebbe una galera ben armata alla difesa della marina mercantile; e questa compenserebbe le spese pagando il due per cento sopra il valor delle merci introdotte, al modo stesso che oggidì si costuma nella società di assicurazione marittima. Il testo di siffatta legge io quì per la prima, volta produco in nostro volgare, acciocchè meglio ciascuno l'intenda, e lo consideri come parte integrale della storia pontificia rispetto alle cose del mare 151.

150. CYRNEUS ut sup. p. 1217. D.

151. INNOCENTIUS VIII. Ad compescendos piratarum nefarios ausus jubet tri

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<< Innocenzo vescovo, servo dei servi d'Iddio, alla futura memoria. Volendo noi reprimere gl'iniqui conati di quella gente malvaggia che per insaziabile cupidigia stende le mani feroci alla rapina di quelle cose, che dalla parte del mare si trasportano verso l'alma città di Roma per sostentamento della capitale, della curia, e di tutti quelli che ad essa da ogni parte del mondo convengono; e siccome costoro non solamente usurpano le sostanze, ma anche manomettono chi le conduce, qualche volta gli uccidono, e nè anche si vergognano di chieder pecunia e fissar la taglia per il riscatto delle persone tanto indegnamente attrappate, e ciò con gravissimo danno dei navigatori, degli abitanti di Roma, e di tutti coloro che vengono alla medesima città, così ci troviamo costretti ad usare la forza per frenarli tanto più efficacemente, quanto maggiormente costoro offendono noi ed i popoli cui dobbiamo in ogni modo provvedere. Volendo pertanto pigliare un partito che sia sufficiente a garantire la pubblica sicurezza, e non potendo sostenere l'intiero carico della spesa occorrente, bisogna, contro il nostro costume e desiderio e per l'urgente necessità, imporre sopra le merci e vittovaglie che vengono per la via di mare in Roma una tassa, non perpetua, ma da durare sino a che il bisogno lo richieda. Affinchè dunque sia infrenata l'oltracotanza dei pirati, e mantenuta la sicurtà dei navigatori per autorità apostolica e tenor delle presenti ordiniamo, che d'ora innanzi debba incrociare nelle nostre marine da Terracina sino a Montargentaro una galera armata con dugento soldati, e fornita di bombarde atte al combattimento navale sotto il comando d'un personaggio discreto e probo, esperto nelle cose del mare, e per sua natura avverso alla piraterìa, il quale avrà il carico di proteggere il naviglio mercantile in guisa che sotto la sua scorta vengano convogliate le merci e le vittovaglie a Roma. Siccome poi le rendite della camera sono già impegnate per estinguere i debiti contratti nelle guerre precedenti, ed occorrono di presente altre spese per la predetta galera e per tanti altri bisogni continui dello Stato, così vogliamo e con la medesima autorità co

remem per pontificium mare excurrere proque ejus manutentione novum imponit vectigal. Sub die 31. Januar. 1486. EX ARCH. SECR. VATIC. Lib. I. de Curia, seu Lib. II. secretor. pag. 66. 1. - MSS. BORGIANI.

mandiamo che, per mantener la galera e stipendiare il capitano con i suoi compagni mantenitori dell'abbondanza di Roma, ogni mercadante il quale porta o manda vittovaglia o merci all'istessa città paghi al deputato della camera due ducati di carlini dieci per ogni centinaio di ducati simili sul valore del suo carico, esclusi sempre i frumenti; ed essi mercadanti siano tenuti al pagamento da farsi in mano del predetto deputato, e questi possa liberamente e lecitamente riscuoterlo. Vogliamo ancora, che l'imposta predetta del due per cento debba immediatamente cessare appena sia disarmata per qualunque titolo o ragione la galera, o vero subito che la camera nostra, pagati i debiti già prima contratti, possa comodamente sopportare il peso di mantenerla. Non ostanti le costituzioni e ordinazioni apostoliche, ed ogni qualunque altra cosa contraria. Niuno adunque si faccia lecito contravvenire, che se alcuno, eccetera. Dato a Roma presso san Pietro a dì trentuno gennajo 1486, del nostro pontificato anno terzo

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La malvagità dei pirati nelle rapine, nelle uccisioni, e nelle taglie a danno dei popoli, dei naviganti e della romana curia, con poche e solenni parole descritta nella pontificia costituzione, indusse per necessaria conseguenza l'ordinamento sopra la guardia del mare; e da siffatto principio venne poi la fermezza d'una squadra navale deputata alla difesa dello Stato, ed all'impugnazione dei nemici. Io ne seguirò il procedimento nel libro quinto; ed intanto mi affretto a compire il racconto che al libro presente ed al secolo decimoquinto si appartiene.

La guerra dei turchi era in questi tempi divenuta essenziale elemento in tutte le operazioni e in tutti calcoli della politica e della diplomazia in Europa. Allora se un sovrano voleva armarsi per alcun secreto intendimento passava la voce di apparecchiarsi contro il turco; quando gli ambasciadori si raunavano in arcani congressi si diceva essere per il turco; se alcun popolo desiderava scuotere il giogo del principe spediva a richiedere gli ajuti del turco; certune corti molestavano le rivali aizzando contro a quelle secretamente il turco; i diffamatori davano altrui il mal nome di amici del turco; gli infingardi si scusavano sotto pretesto del dubbio in che li teneva l'armata del turco, nel conclave si giurava la guerra al tur

co; talchè il nome del turco da ogni parte veniva su per l'orizzonte delle corti, e la luna ottomana figurava nelle sue fasi piena e scema, chiara e scura, e tra le nubi tinta di tutti i colori. Quindi Innocenzo VIII assunto al papato ratificò il giuramento consueto di far la guerra al turco, e d'impiegare in quella bisogna le rendite dell'allume; e di più dette mano a comporre una lega tra i principi, che passandosi in trattati sino al 1490 non fu mai potuto condurla a compimento 152. Ma al tempo stesso che le potenze cristiane di qua e di là i monti si dimenavano per iscuotersi di dosso il turco, allora Bajazet imperadore manipolava per intramettersi un' altra volta in Italia secondo che aveva già prima fatto suo padre.

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XXI. E l'opportunità che egli cercava gli venne appunto fornita da un malvaggio uomo di Osimo, chiamato Boccolino figliuolo di Uguccione Malagrampa. Costui degenerato dalle nobili ed onorevoli istituzioni dei suoi maggiori e divenuto orgoglioso per le imprese militari, nelle quali si era largamente segnalato in tutte le guerre d'Italia come condottiero sotto il duca di Calabria e poi come soldato dei veneziani contro Ferrara, finalmente fatta la pace tra la repubblica e il marchese si acconciò ai servigi del Papa ed ottenne il governo delle armi nella città di Osimo sua patria. Il giovane temerario cominciò, secondo lo stile di quel tempo, ad affettar la tirannide; e cupido di gloria e di dominio, dopo aver carezzato la plebe con la liberalità e spaventati i nobili coll'ardimento, entrò un giorno in palagio, oppresse i magistrati, mise a morte alcuni oppositori, e si fece principe della patria, sottraendola dall'ob

152. RAYNALDUS. Ann. 1485. n. 1. 4.

Innocenzo VIII. Proposizione fatta al concistoro del 26. luglio 1490. sopra la domanda degli ambasciatori oltramontani per la lega contro il turco. Sono tre documenti. 1. Considerationes generales conceptæ super introducenda materia expeditionis decernendæ contra turcum. 2. Deliberationes et advisamenta oratorum ultramontanorum super generalibus considerationibus S. D. N. de expeditione contra turcos, juxta ea quæ pro nunc potuerunt cogitare. 3. Die lunæ 26. Julii 1490. Responsa Sanctissimi D. N. Innocentii Papæ octavi ad capitula dominorum oratorum ultramontanorum super materia expeditionis contra turcum. MSS. dell' ARCH. CAPITOLINO. Credenzone XIV. Cod. VI. pag. 166. 186. et BIBL. CASANAT. MSS. D. IV. 22. pag. 202-226.

bedienza del Papa, sotto pretesto di non essere satisfatto delle sue paghe. Innocenzo scosso a quel primo rumore e temendo non forse il male invecchiando peggiorasse e corrompesse i luoghi vicini, spedì nella Marca il cardinal Giuliano della Rovere, che quantunque si travagliasse all'assedio d'Osimo con dodicimila uomini agguerriti, non poteva venire a capo di espugnarla, perchè la terra era in sito forte, e Boccolino s'era maggiormente assicurato con fossi e ripari, ed avevala fornita per cinque anni di vittovaglia. Ma vedendo il malvaggio condottiero che non poteva durare sempre nell'assedio, e neanche sopportare a lungo la spesa di difendersi, mandò Angelo suo consorto offerirla al turco di Costantinopoli, che molto si rallegrò di quella chiamata e promise essere al soccorso suo con tutto lo sforzo dell'imperio. Per ciò cominciarono gli apprestamenti alla Vallona, e intanto Bajazet spediva un suo ambasciatore a Venezia, apparentemente per complire con quella repubblica con la quale aveva la pace, ma realmente per incontrarsi da presso con un agente di Boccolino, e venir con lui a concludere speditamente il modo e il tempo di operare insieme. La tresca fu scoperta da quei signori, che per loro bene non l'amavano quindi ne fecero avvisato il Papa, e dettero mano a sventarla. Lorenzo dei Medici poi s'intromise per mediatore, e tanto destramente seppe egli maneggiar questo negozio, che Boccolino s'indusse a rendere la città mediante il pagamento di alcune migliaja di ducati d'oro, avuti i quali si ritirò a Firenze presso Lorenzo, ed Osimo tornò in mano ad Innocenzo, prima che i turchi in alcun modo se gli accostassero. Così ebbe fine questo moto che sarebbe stato assai pericoloso se avesse più lungamente durato nel centro d'Italia; Boccolino poi ebbe il premio che meritava di mala morte per le mani di Ludovico il Moro, che avendolo veduto in Milano il fece appiccar per la gola 153.

153. MURATORI. Annali 1486. in fine. 1487. in principio.

MALIPIERO. Annali Veneti ARCH. ST. IT. Tomo VII. Parte I. pag. 137.
RAYNALDUS. Ann. 1486. n. 31. 32.

INFESSURA. Diario. S. R. I. Tom. III. Parte II. pag. 1215.

SARACINI. Storia d'Ancona pag. 284. 289.

LUIGI MARTORELLI. Memorie d'Osimo Lib. V.

MARIN SANUTO. S. R. I. Tom. XXII. p. 1241.

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