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navi possono avere le batterie da costa, purchè siano di lunga gittata e ben servite.

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Dopo il discacciamento di quelle galere, fatta la pace col re, come ho detto avanti, entrò nel Tevere e venne a Roma una nave pontificia unica nel suo genere, della quale nè prima nè dopo tra noi non se ne trova più menzione; io voglio dire il bucintoro papale, cioè la galera sovrana che, cangiate le sue forme severe e terribili di guerra nelle decorose e magnifiche della corte, fu costruita a disegno per la persona del Papa, pel sacro collegio e pel corpo diplomatico nelle occasioni che si dovesse navigar nel fiume e nel mare. È cosa già notissima come i veneziani sin da rimoto tempo costumassero tenere uno speciale naviglio, detto il bucintoro, per le solenni occasioni di pubbliche comparse, sia che il doge ed il senato navigar volessero tra le lagune, o che si dovesse onorare alcun principe straniero. Dicono alcuni scrittori, e tra essi il Sansovino, che il nome di bucintoro venisse dal latino ducentorum, a significar naviglio mosso da dugento remieri; il Vianoli all'incontro suppone, che derivasse dalle buccine o trombe, che trombavano e buccinavano a festa sulla prora del naviglio medesimo, ovunque procedesse; il Galliccioli lo vorrebbe desumere dal classico nome di centauro, che gli antichi secondo Virgilio davano ad alcune navi; ma qualunque ne sia stata la ragione etimologica, certo è che la nave era magnificamente bellissima, e per ciò ne furono pubblicate già tante descrizioni, che io stimo inutile il ripeterle, quantunque potrei dirne a sufficienza per quel che ne ho veduto nella sala dei modelli dentro l'arsenale di Venezia. Un naviglio simile a questo fece costruire il cardinale Giuliano della Rovere vescovo d'Ostia, nipote e poi anche successore di Sisto quarto, per servigio del romano Pontefice, qualora gli piacesse navigare ad Ostia o ad altro luogo del suo stato 442. E non guari dopo, cioè il dì nove di no

141, GIOVANNI CASONI. Storia dell'arsenale di Venezia. in-fol. 1847. p. 121. VINCENZO CORONELLI. Atlante veneto. Venezia 1690. in-fol. magno. T. I. p. 142. Quivi è il bucintoro disegnato al vivo in una grande e bella stampa.

142. VOLTERRANO citat. pag. 189. D. « Vidit Bucincloriam navim pro comodiore Pontificis navigatione, quum aliquando Ostiam vel alio vellet proficisci ».

vembre, se ne fece l'esperimento, quando il Papa andato in lettiga alla ripa di san Paolo con tre cardinali Borgia, della Rovere, e quel di Recanati, e di là, insieme ai predetti cardinali ed a tutta la sua famiglia, salito sopra il bucintoro che stava quivi pronto a riceverlo, poscia a favor di corrente scorse ad Ostia. Era in questa città un grande apparecchio di ogni cosa per cura del cardinal Giuliano, il quale, come vescovo ostiense, raccolse nel suo palagio il Pontefice, e provvide abbondantemente alla corte. Dimorarono in quel luogo tutto il dì nove, e il dieci : l'undici poi, ch'era il san Martino, andarono convitati nel palazzo di Porto, ove risiedeva per vescovo Rodrigo Borgia vice cancelliero. Dopo il desinare piacque al Papa ed ai padri scendere al lido del mare, e considerare gli avanzi del porto di Claudio, e dopo aver ammirate le grandiose opere dell'antichità, e fatta una corsa dalla foce di Fiumicino per la via del mare in sino ad Ostia, il dì seguente dodici novembre sull'ora di vespro con lo stesso bucintoro, seguito da altre due galere, se ne tornarono a Roma, sbarcando in quella stessa riva donde eransi quattro giorni innanzi dipartiti 148.

In tale occasione disegnò il cardinale della Rovere di acconciare e mettere in buon ordine di fortificazione il castello di Ostia, come luogo assai rilevante per il dominio del mare e del fiume, e per la sicurezza di Roma e dello Stato. Egli chiamò Giuliano da San gallo, ed ordinatagli una buona provvisione lo tenne due anni al suo servigio, affinchè facesse in Ostia tutti quegli utili e comodità che poteva con l'arte sua 4, ed esso vi costruì tali fortificazioni, che fecero poi buona prova tanto per salvare l'istesso cardinale Giuliano dall'ira di Borgia, quanto per la difesa di Roma nella guerra di campagna, come appresso diremo. Il Sangallo costruì la fortezza d'Ostia, che può riguardarsi come uno de' modelli di architettura militare del secolo decimoquinto la sua forma è quasi rettangolare con quattro bastioni alle punte oltre il maschio; e benchè il fabbricato che

143. VOLTERRANO cit. p. 190. et 191.

144. VASARI GIORGIO. Vite dei Pittori, Scultori e Architetti, illustrate dal p. DELLA VALLE. in-8. Siena 1792. T. V. p. 209. - Vita di Giuliano ed Antonio da san Gallo architetti.

compone questa fortezza sia molto scaduto, nondimeno il suo aspetto è ancora ammirabile, e tanto questo che l' altro edificio della chiesa catedrale di sant' Aurea, disegnata da Baccio Pintelli, presentano due belle opere del risorgimento delle arti. Sotto le mura della fortezza passava allora il maggior tronco del fiume, che adesso se ne trova discosto mille e dugento metri; e l'acqua del Tevere, raccolta attorno nel fosso, accresceva mirabilmente le sue difese. Nelle camere del castellano, entro l'anima del maschio, Baldassarre Peruzzi dipinse in chiaroscuro storie bellissime di battaglie, e rappresentò armi antiche e machine di guerra, che passavano per l'opera migliore dell'artista valente, le quali poi andarono dal tempo e dall'incuria cancellate 145. La seguente medaglia ricorda i lavori della fortezza ad Ostia 146.

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Il dichiaramento di questa impressione è già fatto per la

storia precedente, così che nulla più resta che produrne la leg

145. GIOVANNI ANGELINI ed ANTONIO FEA. I monumenti più insigni del Lazio con Tavole. in-fol. Roma 1828.

ANTONIO NIBBY. Analisi Storico-topografica-antiquaria della carta dei dintorni di Roma. in-8. 1837. T. II. p, 425.

LUIGI CANINA. Indicazioni di Ostia e Porto in-fol. Roma dai Tipi di Mercuri e Robaglia 1839.

146. PHILIPPUS BONANNI. Numismata. Rom. Pontif. cit. T. I. p. 99. RODULPHINUS VENUTI id. cit. p. 36.

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Sixtus. IIII. Pont. Max. Urb. (is). rest. (itutor). Jul. (ionus). Card. (inalis). nepos. in Ostio Tiberino. (fecit.)

genda, o tutto al più notare che l'artista indica l'acqua del fiume scorrente al piè dei baluardi; che questi sono a mò d'orecchioni in figura rotonda, sormontati da torricelle merlate, e fornite di piombatoje a propulsare gli inimici in caso di assalto; appariscono ancora tra mezzo ai baluardi rotondi due cortine fiancheggiate secondo lo stile moderno; e vi gira attorno l'iscrizione che dice: Giuliano cardinale, nipote del Papa, fece costruir la fortezza ad Ostia sul Tevere. Dall' altra banda poi comparisce l'imagine del Pontefice veduta in profilo, e la leggenda: Sisto quarto pontefice massimo riparatore della città. La fisonomia di Sisto conserva in questa medaglia i medesimi tratti di simiglianza con quella che ho prodotto nel settantatrè, ma piegando a vecchiezza mostra il volto più adusto ed affilato.

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XIX. - Nel tempo stesso che queste opere si facevano vicino a Roma, dall'altra parte sull'estremità dello Stato verso Ferrara durava la guerra, la quale cominciata dai veneziani unitamente a Sisto contro Ferrara e contro Napoli, terminò poi con la lega di tutti gl'italiani contro Venezia. Io sfuggo a disegno di entrare negli arcani di siffatta questione, che malavventuratamente consumò le forze e la concordia nostra quando più bisognava unione e gagliardia per resistere contro gl'infedeli e gli altri inimici, che non solo minacciavano ma erano poc'anzi venuti a flaggellarci e si apparecchiavano a ritornare. Siccome però anche allora accaddero alcune cose spettanti alla marina, così non lascerò di toccarle quanto basta al mio proposito. La guerra di Ferrara nacque insieme con quella di Napoli, perchè questo re e quel marchese erano strettamente uniti tra loro con più ragioni di stato e di famiglia, dacchè il primo aveva tolta in moglie la figliuola del secondo, e nei loro pensieri al modo stesso si governavano i veneziani poi, come confinanti col ferrarese, avevano litigio con lui, e il re per le cause già dette lo sosteneva: il conte Girolamo Riario parente del Papa, infausto nome nella storia, nemico di ambedue e cupido d'imperio si accordò coi veneziani sperando con sì grande ajuto opprimere il re e insignorirsi di Ferrara; allora Ferdinando per soccorrere il genero mosse l'armi, ma avendo toccato le busse a Campomorto, fu costretto a far quella pace per la quale gua

dagnò più che per la guerra: imperciocchè essendosi le cose manifestate sotto altro aspetto, le sorti pure si tramutarono; e piacque al Papa dichiararsi in favore del marchese e del re contro i veneziani, i quali sebbene si fossero mossi dando buone speranze al conte Girolamo, nondimeno concupivano il guadagno per se medesimi, cioè dare pochissimo a lui e pigliarsi il resto. Trovatisi per tanto soli i veneziani contro tutti, e già in guerra all'assedio di Ferrara, si spinsero avanti ed occuparono molti luoghi di quello stato cominciando da Comacchio; e al tempo stesso misero alla vela due armate, l'una sottile dentro il Po, e l'altra grossa nel golfo.

I collegati dall' altra parte come avevano all'esercito nimico contrapposto l'esercito loro, così all'armata contrapposero l'armata, nella quale tra le galere del re se ne incorporarono molte altre dei ferraresi e dodici del Papa sotto il governo di Branda Castiglioni vescovo di Como 147. Il naviglio per tanto degli alleati uscito d' Ancona scorse in Dalmazia ed occupò di primo impeto l'isola di Lissa appartenente ai veneziani : poi dette la battaglia a quella di Curzola, della quale si sarebbe al modo istesso impadronito se non fosse venuta tutta l'armata veneta a sostenerla 148. Allora gli uni e gli altri, che quasi erano di forza eguale, si dettero a giuocar di astuzia e d'infingimenti schifando ambedue di venire a giornata, ed in vece studiando ciascuno il modo di far danno all'altro senza riceverne. Nella qual cosa avvantaggiavano i papalini, avendo in più riprese sottomesse parecchie navi inimiche, e mostrato in ogni incontro gran valore e maggior destrezza. Anche i ferraresi sul fiume con fuste e saettie minori continuamente ciuffavano qualche legno nimico 149; e vi fu una galera di quella città, che con

147. UGHELLUS. Ital. Sacra. in-fol. Venezia 1720. Tom. V. p. 313.
MALIPIERO. Ann. Veneti. ARCH. STOR. IT. Tom. VII. Parte I. p. 278. 287. 292.
SIGISMONDO DE' CONTI. Comentario cit. Libro IV. nota 32.

LANDO FERRETTI Storia d'Ancona. MSS. autografo alla Chigiana p. 317.

148. MOROSINI PAOLO. Storia Veneta, in-4. ibi. 1637. p. 620.

SABELLICO. in-4. Ven. 1717. p. 848. 849.

SARACINI. Stor. Ancon. pag. 282. 283,

149. RAYNALDUS. Ann. 1483. n. 5.

NICOLAUS PARTHENIUS GIANNATTASIUS. Hist. Neapol. in-4. Neapoli 1713. T. III. pag. 67. Lib. XLIII. « Veneti classem Ferrariam miserunt, quæ a fœderatis magna ex parte est capta ».

PETRUS CYRNÆUS. De bello Ferrar. S. R. I. T. XXI. p. 1211. E. 1213. D. E.

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