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l'orazione, l'artificio delle conseguenze, l'appello al Pontefice, le autorità prodotte, la teoria delle menzogne, le gelosìe di stato, la levatura per cavar danaro dal duca, il tasto all'erario pontificio; e tanti altri svariati argomenti dei quali chi questo, chi quello lodava o biasimava, secondo le diverse passioni che se alcuno avesseli tutti insieme raccolti e scritti, ne avrebbe formato un buon libro da intitolarsi : Comentario sopra l'armonia delle alleanze. Io poi per la orazione medesima piglierò la via di notare che uno dei caratteri speciali della marinerìa pontificia ( come apparirà sempre meglio per molti esempi che verranno appresso) era quello di travagliarsi per il pubblico beneficio, e metter fuori sangue e sostanze a soccorrere più gli altri che se stessi, e senza speranza nè di conquista nè di mercede. E se questa volta oltre al solito difetto del guiderdone si sono udite le querimonie degli interessi, ciò conferma e non debilita la nostra sentenza; perchè in questo solo caso, per l'urgenza della guerra d' Otranto, avvenne che l'armata papale andasse tutta composta di persone straniere alla predetta teorìa. Che se le genti della squadra fossero state cavate dallo stato papale avrebbero conseguito l'istesso fine e l'istesso premio, cioè nulla più che la vittoria e l'onore, e nè anche avrebbero pensato a farne lamento. Nel vero gli anconitani con le loro galere battagliarono ad Otranto insieme agli altri, e al paro dei migliori sostennero le fatiche dell' assedio, nel quale si fece chiara la virtù di Pietro Benincasa capitano di quella squadretta che fu il primo alla testa della sua compagnia a entrare in Otranto 13: contuttociò dopo avere fedelmente militato, gli anconitani si stettero contenti del vincere senza disputare dei guadagni.

Era restato, per tornare donde io mi partii, l'ambasciador di Napoli nel concistorio mal soddisfatto del genovese, e parendo a lui non dover tollerare da un uomo privato tante cose dette del suo principe, massime in quel luogo, domandò fieramente chi egli fosse e mentre i più rispettosi procacciavano tenerlo celato, affinchè non incorresse negli altrui risentimenti; egli da

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131. SARACINI citato p. 281.

LANDO FERRETTI. Storia d'Ancona MSS. alla Chigiana in Roma. p. 313.

se stesso, che la domanda aveva udita, fece noto il nome suo, e del padre, e della famiglia dicendo: « Io sono Giuliano Stella, figlio di Gottardo Stella, genovese, e capitano di galera; non temo d'alcuno, e non ho parlato per nascondermi: vanne or dunque e rapporta al re ed al duca quanto udisti da Giuliano, il quale ha ragionato in faccia al mondo, e non ha detto falsità: tu, se puoi, provati di smentirmi; e se non puoi, cessa di minacciarmi; anzi studiati che il re ed il duca per parer saggi ricevano in buona parte le mie parole ». Niente ritenuto da così fiero rincalzamento non si dava Agnello per vinto; anzi ripeteva a ogni modo la carica sopra il Pontefice, affinchè comandasse il ritorno di quelle galere, e non permettesse che le parole dello Stella, piuttosto magnifiche che concludenti, impedissero un'opera santa, donde provenir doveva la salute del mondo cristiano di poi toccava le presenti opportunità, ed i futuri rimorsi per chiunque mancasse a così bella occasione; diceva che il pentimento sarebbe inutile ed il rimedio tardo quando il nemico ripigliate le forze venisse agli insulti; e finalmente che il Pontefice rammentasse i patti, e provvedesse all' onor suo ed al bene pubblico della cristianità.

Allora poi Sisto, sentendosi punto in sul vivo dell' onore e dei patti, prese la parola, e disse: avere egli e la sede apostolica fatto anche più dell'obbligo suo; e gli altri essere in ogni tempo mancati a lui, non esso a loro: se lo avessero i principi seguito nella guerra di Smirne dieci anni addietro non avrebbero avuto luogo nè quelle questioni in Civitavecchia, nè la venuta de' turchi ad Otranto: ricordò niuno doversi obbligare all'impossibile, ed esso non potere nè invertir le stagioni, nè risanar la pestilenza, nè ritrovare il danaro: l'erario esausto, le rendite impegnate, i sudditi smunti da farne a lui stesso compassione: tuttavia da sua parte farebbe ogni cosa, venderebbe le argenterie della mensa, e le gemme della sua mitria per continuar la guerra, purchè i capitani consentissero liberamente a ripigliarla: concluse esortando ciascuno alla concordia, ed a rimettersi mutuamente le offese ricevute o fatte. Dopo le quali parole messo un' altra volta il partito tra il legato ed i capitani, e dicendo quello lavarsene le mani, e questi non potersi ritirare dal loro parere, fu disciolto il concistorio; e si terminò

la lega, disponendosi ciascuno a tornarsene riposatamente alle sue case 182

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XVIII. Prima nondimeno che le galere si allontanassero volle il Pontefice creare di sua mano due cavalieri dell'aurata milizia a sproni d'oro, con quella maggior solennità che anticamente in siffatte promozioni si costumava: e gli eletti alla nobile cavalleria furono Giuliano Stella, quel desso che aveva poc' anzi parlato, e seco lui un patrizio genovese chiamato Marzio Cattaneo 183; i quali poi al primo buon tempo con tutta la squadra lietissimi se ne tornarono a Genova.

133.

Papa Sisto restò per altri due giorni in Civitavecchia, e considerando dal verone della rocca sopra al nobilissimo porto di Trajano l'utilità che tirarne poteva, tanto per le bisogne di guerra, quanto per quelle dell' industria e del commercio a profitto della capitale e delle province circostanti, trattò di volerlo ristaurare, e fece scriverne la prevenzione delle spese 124; al quale lavoro doveva tener dietro anche l'altro intorno alla foce del Tevere per renderla sicura ai naviganti siccome era negli antichi tempi; opere ambedue regie e degne del nome pontificio 185. Ma questi ristauri appena incominciati da Sisto per mano di maestro Lorenzo da Pietrasanta e di Bartolommeo Pintelli architettori furono dismessi, quantunque grandemente desiderati da tutti coloro che vedevano la necessità di doversi custodire quelle grandi opere che gli antichi avevano lasciate ad esempio ed a comodo delle future generazioni. Tuttavia mirabilmente s'incontra che al tempo stesso i fiorentini, avendo comperato Livorno per cento e dieci mila fiorini d'oro dai genovesi, spendevano poi molte altre migliaja di fiorini per farci un porto,

132. Questo tratto d'istoria viene molto illustrato da quelle dieci lettere di Sisto IV. che furono pubblicate in Roma dal DE ROMANIS l'anno 1843 in-8. per festeggiare la memoria del dì quindici Maggio 1842., quando l' eminentissimo cardinale Giacomo Filippo Franzoni prendeva il protettorato della castellania di Canino.

133. VOLTERRANO cit. p. 152.

134, VOLTERRANO cit. p. 132. D. « Pontifex biduo in Civitate veteri consumpto. discussa prius maritimi Portus instauratione, quam valde opportunam romanæ curia et loli regioni existimabat, subductaque ratione sumptus, profectus est ». 735. RAYNALDUS. Ann. 1484. 23.

PLATINA. Vita Sixti IV. S. R. I. T. III. Parte II. p. 1064. E.
FRANGIPANI cit. p. 124.

là dove non c'era, tanto che mentre di quà si proponeva di là si lavorava 186, come oggidì si continua 187 per ingrandire e migliorare il porto di Livorno alle spese dei fiorentini e di tutta la Toscana che da quello hanno cavato e cavano grandissimi vantaggi.

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Ma la fortuna avversa impedì quel bene che avrebbe Sisto procacciato allo stato romano rassettandone il porto precipuo sul mediterraneo, e ciò per i tumulti che si rilevarono in Italia. Imperciocchè, tolta via la paura dei turchi che aveva tenuto gli animi fermi nella pace interna e freddi alle altre passioni, queste ribollirono nella guerra intestina, che cominciata tra i veneziani e il marchese di Ferrara, rispetto all'osservanza di certi capitoli ch'erano tra loro, si attaccò poi a tutti gli altri principi nostri, i quali a favore dell'uno o degli altri parteggiarono. Sisto si accostò ai veneziani ed ai genovesi contro il marchese, ed a favor di quest'ultimo si mossero i fiorentini, il duca di Milano, e il re di Napoli, in mezzo ai quali essendosi anche cacciati colle armi in mano i Colonnesi ed i Savelli ne venne generale turbamento e novità di moti per tutta l'Italia, e presso le istesse mura di Roma. Questa città si compose come un campo di battaglia, i cittadini si dettero alla milizia, gli artieri ed i fabbri a non lavorare più che armi ed arnesi, sopra ogni capo di strada sentinelle e caserme di fanti e di cavalli Roberto Malatesta, Girolamo Riario, tutta la casa Orsina, il conte di Pitigliano, Giulio ed Annibale Varani da Camerino, Lorenzo Vitelli da città di Castello, Gianfrancesco da Tolentino, Renato Trivulzio con quarantotto squadroni di cavalli e fanterie all'avvenante armeggiavano 138: la città in sospetto, due cardinali

136. VOLTERRANO cit. p. 142.

137. COMMENDATORE ALESSANDRO CIALDI TENENTE COLONNELLO DELLA MARINA MILITARE PONTIFICIA. Paralello Geografico ed Idografico tra i porti di Civitavecchia e di Livorno, lettera alle eccellentissime camere di commercio di Roma, Ancona, e Civitavecchia. in-8. Roma 1846. - Risultati di studi idrodinamici, nautici, e commerciali sul porto di Livorno, e sul miglioramento e ingrandimento del medesimo. in-8. Firenze 1853 Appendice prima e seconda agli studi sul nuovo porto di Livorno. in-8. Homa 1855. Inserita nel giornale Arcadico Tom. CXL. 138. PETRUS CYRNEUS. De bello Ferrariensi. S. R. I. T. XXI. p. 1203. D. E. SANUTO. Vite dei Dogi. S. R- I. T. XXII. p. 1221-1222.

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imprigionati, il nemico propinquo, che sotto l'ombra dei Colonnesi e dei Savelli si era posto nelle terre di Genzano e di Marino. Allora le milizie papali uscirono da Roma contro il campo napolitano guidato dal duca di Calabria; questi si discostò alquanto dalla città; i romani lo incalzarono, e finalmente il dì ventuno d'agosto fecero la giornata che, al dir del Macchiavelli, fu combattuta con più virtù che alcun' altra che fosse stata fatta da cinquanta anni in Italia, ed il fine fu glorioso per le armi pontificie; perchè dopo sei ore di combattimento a Campomorto su quel di Velletri conseguirono una completa vittoria, fugato il nemico, predata tutta l'artiglierìa, e sarebbe il duca istesso rimaso prigione se da molti turchi, di quelli che erano stati ad Otranto ed allora militavano seco, non fosse stato salvato. Dopo questa vittoria il re Ferrante fece la pace a talento del vincitore.

Tra mezzo a queste cose io debbo scrivere due fatti di mare che allora successero: cioè, prima l'acquisto d'una galera napolitana che era stata spedita dal re, sotto al capitan Francino Pastori, per mantenere le corrispondenze tra Napoli e il campo del figlio. Nella qual galera, come ne fu sceso il capitano alla spiaggia di Civitalavinia, così la ciurma si ribellò, e impadronitasi del naviglio venne ad Ostia, suggettandosi con quello alla gente del Papa 439. L'altra è, che durante la guerra, volendo il re stringere ed affamar Roma mise sulla marina di Ostia dodici galere e quattro fuste per impedir la navigazione del Tevere e l'ingresso delle vittovaglie nella città: ma com' ebbe lo scacco in altre parti, così gli convenne patirlo ancora in questa; perchè dalla rocca d'Ostia cominciarono i bombardieri pontifici a giuocar d'artiglieria contro quella armatetta, manovrando specialmente un cannon grosso di lunga volata, chiamato in quei tempi passavolante, col quale fecero tiri tanto assettati, che le galere anzi che lasciarsi sconquassare dovettero prima tirarsi al largo, e poi dopo tre giorni tornarsene a Napoli 440. Donde si ricava quanto sia grande il vantaggio che sopra le

139. VOLTERRANO ut sup. p. 177. E.

140. NOTAJO DI NANTIPORTO. Cronaca. S. R. I. Tom. III. Parte II. p. 1075. D. STEFANO INFESSURA. Diario. S. R. I. T. HI. Parte II. p. 1154. RAYNALDUS. Ann. 1482. n. 4.

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