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quel luogo un sufficiente presidio, ma a lunga pezza minore di quel che bisognasse per resistere a tanta moltitudine di nimici: tuttavìa i latini ed i greci presero le armi, e nella fiducia di ricevere i soccorsi, che mandarono a chiedere con la massima sollecitudine, principiarono a difendersi, ed a menare in lungo più che potessero l'assedio. Ma per converso Ismail incalzava con furia grandissima, cosicchè piantate le batterie, e rovesciata gran parte della muraglia già accennava di venire all'assalto, quando i difensori sfiduciati di loro salute, perchè non si credevano bastanti a sostenerlo, dibattevano se fosse meglio capitolare per salvar la vita dal filo delle spade, o vero fuggir via per non esser traditi da un nemico tanto crudele. Così dunque mentre costoro contrappesavano fastidiosamente tutti i pericoli della fuga e quelli della capitolazione, i turchi a un colpo salirono sulla breccia, e minacciarono l'esterminio alla terra combattuta, nella quale senza dubbio sarebbero entrati se il loro orgoglio non fosse stato confuso dalla virtù d'una vergine greca. L'intrepida fanciulla affrontando il maggior pericolo, e spirando dal guardo l'eroismo dell'anima nobile, con la spada nuda saltò innanzi a tutti sulla breccia medesima, oppresse i primi assalitori, e tanto coraggio infuse colla voce e coll' esempio nell' animo dei terrazzani, e tanto terrore e sbigottimento in quello degl' inimici, che mutandosi improvvisamente la fortuna questi furono non solo ributtati dalle mura, lasciando addietro due mila morti e mille feriti, ma come se avessero sempre alle reni le spade dei cristiani, e vedessero fieramente sfolgorare l'occhio ultrice della vergine lesbiana, rimontarono sulle galere, ed entrarono un'altra volta per mezzo il mare, rivolgendosi confusi e piagati donde erano usciti minaccevoli e baldanzosi.

Se non che per la diligenza grande del patriarca giusto allora l'armata nostra tornata da Cipro, tirava diritta con buon vento a Metellino, ove si era udito il rumore della guerra: e tanto sollecitamente vi giungeva che colse l'armata nemica nell'atto della fuga. Contro alla quale animosamente spingendosi, la flotta di Calisto papa si coronò d'una novella vittoria; ed i turchi ricevettero di giunta una percossa in mare assai maggiore della derrata onde furono caricati in terra. Imperciocchè l'armata loro fu tutta sbarattata, molti legni percossi dalle arti

glierie andarono sommersi, venticinque navi investite e sottomesse all'abbordo, ed un gran numero di prigionieri resero celebre il conflitto di quella giornata. « Il nostro legato, scriveva poco dopo a questo proposito papa Calisto, naviga coll' armata pontificia nelle marine d' oriente a guisa di trionfatore non solo le terre e le isole ha sottomesse, ma anche il naviglio infedele in questi giorni combattendo ha ridotto in suo potere venticinque navi turchesche, e da ogni parte continuamente ascoltiamo vittorie 38 ».

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A sempiterna ricordanza di questi fatti, tanto piccolamente descritti dagli storici, rimane ancora una medaglia, che in pochi tratti dimostra quasi tutto quello che del pontificato di Calisto sin qui abbiamo narrato.

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La medaglia presente è l' una di quelle tante, che da più secoli sino ai nostri giorni costumano metter fuori annualmente

38. CALIXTI PAPE III. Epist. ap. RAYNALDUM. 1457. n. 31. 32. 33.

ENEAS SVLVIUS. De Asia. Lesbos gæi maris insula. cap. LXXXIV. in-8. Parisiis 1534. pag. 200.

Item in-fol. Venetiis 1477.

Item in-8. Venezia 1544. Volgarizzata pag. 124. B. Quivi la flotta di Papa Calisto è chiamata per errore di stampa Calisa classis, che deve dire, Calistica classis, come viene svolta quella abbreviatura di manoscritto da ODORIGO RAYNALDI. Ann. Eccl. An. 1457. n. 32.

JOANNES GOBELLINUS. Comment. Lib. X. editio in-fol. Francufurti 1614. p. 245. «Turca a terra pulsi ægre in navigia se receperunt, quos Calisti classis insecuta magno detrimento affecit »>.

S. ANTONINUS. Histor. Parte III. Tit. XXII. cap. XIV. §. 1. in fine.

i Pontefici romani per tramandare ai posteri le memorie più pregevoli del loro governo, affinchè scolpite in duro metallo sopperiscano quanto il tempo lontana al difetto delle scritture e delle istorie. E tale a un puntino è il servigio che ci presta la medaglia di papa Calisto, incisa diligentemente non sopra altre copie, ma sull' originale medesimo che nella zecca romana si conserva, donde ha tratto il suo raro medagliero l'eminentissimo cardinale Antonio Tosti, al quale devo un attestato di gratitudine per avermi largamente concessa ogni commodità di studio e di confronto sopra ai nitidi esemplari ch' egli possiede. La medaglia rappresenta il mare di Grecia, e sopra quello il combattimento dell'armata pontificia con la turchesca, secondo lo stile delle monete antiche, specialmente dell' imperadore Antonino, nelle quali le triremi simboleggiano la felice riuscita delle navali spedizioni. Nella picciolezza del campo nè l' una nè l'altra delle due armate comparisce per intiero, ma solamente si mostrano alcune triremi della retroguardia nemica inseguite dalla nostra vanguardia, supponendosi esservene delle altre d'amici e d'inimici oltre al breve confine dove si termina la luce del campo. Tuttavia ben si distinguono sulla diritta in fuga cinque navi dei turchi, che portano sulle bandiere l'insegna della mezzaluna ottomana, e le ultime due di quelle navi che già percosse dall'artiglieria cristiana stanno per metà sommerse e nell'atto di andare interamente tranghiottite nel mare. Appresso incalzano a piene vele le navi pontificie, spiegando alla punta dell'albero maestro la bandiera del triregno e delle chiavi primiera e sopravvento la capitana, dopo altre cinque tutte visibili, e le ultime due che compariscono per metà fuori del campo: ma tutte le otto papali mostrano movimento grande sulla prora, come se quivi si voglia esprimere il giocar delle artiglierìe onde i papalini percuotevano nelle spalle i fuggitivi. Nella parte superiore è scolpita in arco la seguente leggenda : Questo votai a Dio. Sotto in tre linee : - Egli mi elesse per conquidere i nemici della fede. - Le quali parole evidentementc contengono tutta la storia, come se dicesse ecco il voto che ho fatto a Dio, ecco l'armata navale, il soccorso ai cristiani d'oriente, la sconfitta ai nemici della fede, ed il compimento dei celesti disegni nella mia esaltazione al papato. Dal

l'altra banda è scolpita l' imagine del Pontefice in ricco ammanto, e con piccola mitra in sul capo; leggendosi attorno: Calisto III. pontefice massimo senza data, ma che deve

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essere dell'anno 1457, e terzo del pontificato 39.

Ai medesimi fatti accennano altre due lettere del patriarca Scarampo al medesimo Caetani, che ho promesso pubblicare, la prima delle quali è in questi termini concepita : « Magnifico signore, amico nostro, e compare carissimo. Questo die zonse la galeazza nostra a Rodi, per la quale habiamo ricevuto vostre lettere a nui molto gratissime sentendo di vostro buono stato e convalisentia. Rincrescene assai di vostri affanni come ne scrivite ; ma vi confortamo a portarli in patientia sino a Dio piacerà. Sempre li favori nostri et lontani e propinqui vi seranno propitii; et di ciò non dubitati. Habbiamo ricevuto quello grano, provature et somate ci haviti mandate e sonoce state carissime: scrivite spesso et advisatice de le cose de là. Iddio gratia siamo sani con tutta nostra brigata, chel simile di vui e tuti li vostri desideramo. A Rodi 8 giugno 1457. Ludovico cardinale Aquileiense, di nostro signore il Papa camerlengo, legato dell'apostolica sede, e dell' armata ».

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La seconda poi, dopo il preambolo latino, continua in questa sentenza : a Acciò vui sentiate de le nove di qua ve advisamo come lo archiepiscopo di Metalino he venuto da nui mandato dal signore di Metalino: quale dice l'armata del turcho essere stata a l'isola de Metalino con circa cento e sessanta vele, et ha bombardato uno castello de l'isola chiamato Molicho sì che la vigilia di santo Lorenzo fè partita con gran suo danno e vergogna e dice esserli morti dua milia turchi e più de mile feriti: nui habiamo mandata l'armata nostra a le parte di là per defensione de quele isole et de tutti cristiani. Iddio gratia siamo sani con tuta nostra brigata: chel simile de

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PHILIPPUS BONANNI. Numismata romanorum pontificum præstantiora ab Martino V. etc. Romæ in-fol. 1699.

RODULPHINUS VENUTI. Numismata etc. a Martino V. ad Bened. XIV. in-4. Romæ 17:4.

CLAUDIUS DU MOLINET. Hist. Rom. pontif. per eorum numismata in-fol. Parisiis 1679.

vui de li vostri desideramo. Bene valete. Da Rodi, 15 settembre 1457 ».

Facendo un poco di comentario alle due lettere quì avanti prodotte mi bisogna avvertire, che le galeazze pontificie come vascelli poderosi e reggenti al mare continuassero in ogni tempo i viaggi da levante a ponente per le corrispondenze ed i rinforzi; che l'isola di Metellino fosse data in feudo ai signori che l'avevano già primamente posseduta, i quali erano genovesi della famiglia dei Cattalusi, come da altre notizie si ricava; che i terrazzani spedissero al patriarca dopo la vittoria il loro arcivescovo a darne relazione; che quello avesse già prima mandato al soccorso dell'isola l'armata navale, e tanto confidasse nei suoi capitani da lasciare a loro il carico di compir l'opera, senza altrimenti metterci la persona sua; che il combattimento di mare non fosse conosciuto puranco in Rodi a di quindici settembre, quantunque già noto a Roma sin dal primo del mese, segno certo del vento sussolano che per la stessa ragione favoriva il navigar verso l'Italia, e l'impediva verso l'Asia; tanto più che l' armata vincitrice di necessità doveva con le venticinque navi conquistate pigliar terra in Metellino e soprastare quivi alcun tempo per racconciarsi e per riparar le fortificazioni dell'isola.

VI. Al tempo stesso il Pontefice, maggiormente animato dai buoni effetti che faceva l'armata sua, del continuo attendeva ad accrescerla fabbricando sempre nuove galere, navi, e galeazze, per le quali all'uscita di quest' anno cinquantasette deputò un provveditor generale nella persona di Sancio Segura con quelle attribuzioni e provvidenze che si contengono nel breve seguente 40.

<< Calisto, eccetera. Al diletto figlio Sancio Segura della fabbrica camerale delle nostre galere da costruirsi per la guerra contro i turchi provveditore, familiare nostro, e continuo commensale, salute ed apostolica benedizione. L'affetto di sincera devozione che tu professi verso di noi e della Sede apostolica, come pure i grati servigi che insino ad ora ci hai prestati e continuamente con la più squisita diligenza ci presti meritano che noi ricol

40. CALIXTI III. Officiorum An. 3-4. T. II. n. 31. fol. 29.

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