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STORIA

DELLA

MARINA PONTIFICIA

LIBRO PRIMO

I fasti della marina dal principio del temporal dominio dei Papi sino all'ultima cacciata dei saracini dallo Stato ecclesiastico. 728-1088.

I. — In quella parte dell'Italia di mezzo, che è bagnata

dalle onde del Tirreno, due montagne dirupate e selvagge arditamente rilevandosi dalla spiaggia e molto avanti tra l'acque del mare trascorrendo racchiudono infra loro un lungo tratto di riviera variante e addentellata a spesse punte e piccoli seni, che dall'una all'altra per lo spazio di cencinquanta miglia si protende. Le predette montagne, che a favellar giustamente voglionsi chiamar promontori, portano il nome dell'Argentaro e del Circèo; altrettanto ambedue ora notissime ai navigatori quanto erano nelle antiche tradizioni celebrate la prima per le imprese segnalate di Ercole, e la seconda per le arti incantatrici di Circe. Essa medesima natura, che ha tratto fuori dalle sue viscere quegli enormi accozzamenti di macigno, sembra li abbia a disegno collocati in giusta distanza come per farne visibile termine ove si confinasse la spiaggia romana; e per maggior varietà e bellezza il Tevere regal fiume dopo i suoi tortuosi aggiramenti in mezzo a quelle trascorrendo si affaccia alla marina e divide le campagne del Lazio e dell'Etruria, che formano il territorio marittimo sul Mediterraneo oggidì dai Pontefici posseduto. Presso a questi lidi

ed alquanto tra terra sorgeva negli antichi tempi il più nobil fiore delle italiche città ricche di commercio e possenti sul mare : quivi gli anziati, i ceriti, i pirgensi famosi navigatori delle età più vetuste, che divennero poi soci dei romani nelle guerre puniche; quivi le turrite mura di Gravisca, Regisville, Vulci, Vetulonia, Tarquinia, Alsio, Lorio, Fregene, Ostia, Laurento, Ardea, ed altre città di primaria rinomanza; quivi al tempo degli imperadori con arte maravigliosa si costruirono per la prosperità della navigazione romana quattro nobilissimi porti di mare, onde furono levate a grandezza Terracina da Antonino, Anzio da Nerone, Ostia da Claudio, e Civitavecchia da Trajano.

Simigliante dovizia di antiche memorie si ridesta nella mente scorrendo per le altre regioni pontificie, che nel mar superiore si bagnano con dugento miglia di spiaggia parallela quasi alla predetta del mare inferiore, ed ambedue talmente alternate, che ove le prime si stanno racchiuse tra due promontori e partite in mezzo da un fiume, le seconde al contrario rimangono da due fiumi Tronto e Pò definite al confine, e nel centro rilevate dal promontorio d'Ancona, cui Plinio chiamò monte Cumerio, ove sorgeva il tempio dai nocchieri del paganesimo dedicato alla bellissima dea di Cipro surta dalle morbide spume del mare. Presso a quel monte ancor s'ammira l'ampio porto della dorica Ancona formato dalla mano maestra della natura e rassettato da quella benefica di Trajano, emporio celebratissimo dei trafficanti, che da lontano tempo per sue leggi governandosi faceva ricca mercanzia in ogni parte d'Oriente, ed aveva poi l'ardimento di contrastar con le armi alla nascente grandezza dei veneziani. In quelle riviere dopo la battaglia d'Azio fu per opera d'Ottaviano murato il porto magnifico di Ravenna città regina dell'Adriatico, sede dell'imperio occidentale, magione di principi e di esarchi. Poi le stazioni di Rimini, di Fano e di Fermo che offerivano ai nocchieri combattuti nelle fortune del mare non dispregevole ricetto.

I barbari dal quinto all'ottavo secolo avevano portato col ferro e col fuoco la desolazione alle belle contrade; ed oltracciò la natura indomita soperchiando di lunga mano l'arte degli uomini nelle continuate alterazioni ch'essa stessa patisce e produce aveva menato a gravissimi tramutamenti le acque e le

sponde. Anzio, Ostia, Terracina e Ravenna videro il mare dilungarsi pian piano dalla riva, i loro porti colmarsi di sabbia, ed ondeggiar le messi ove prima fluttuavano i navigli. Due soli porti intra i principali, Civitavecchia ed Ancona nel mar superiore ed inferiore, ciascuno dal suo lato riuscirono prevalenti ad ogni prova; e dopo il corso di tanti secoli, vincitori dei barbari e dalla natura rispettati, più gloriosi per l'antichità, pel disegno e per le durate vicende stendono ancora le robuste braccia ai legni pellegrini, ed accolgono nel seno i navigatori d'ogni nazione.

Questi cenni schiudono la via perchè i lettori si facciano sul campo della navale istoria pontificia, perchè entrino nei confini marittimi dello stato, e si riducano al tempo del secolo ottavo; quando la corte orientale, che governava l'Italia sotto lo specioso titolo d'imperio romano, infievolita nondimeno dalle discordie e dalla lontananza, come pur divenuta contennenda per quelle dottrine di eretical dommatismo che procacciava in ogni parte anche lontana dal suo dominio trasfondere, preparò suo malgrado l'innalzamento d'un nuovo imperio in occidente per la dinastia dei carolinghi, e la tiara sovrana pel coronamento dei Pontefici

II. I Papi raccolsero in parte l'eredità dei cesari, e sotto al manto pontificale ricuoprirono le provincie bagnate dai due mari, confinate dai due monti e dai due fiumi: ma, oltrecchè essi incontrarono nel dominio ostacoli d'ogni maniera, ebbero ancora un paese già disertato e squallido, e quasi direi tutto ancora piagato di quelle acerbe ferite, che nel traboccamento dell' imperio ricevette dalle barbare nazioni. Imperciocchè allo entrar del secolo quinto Alarico re de' Goti occupò Roma, e le sue genti di cuor crudele e di mano rapace fecero strage e ruina non solo nel grembo alla città donna del mondo ma in ogni altra estremità del regal suo corpo, ovunque elli passarono in terra ed in mare, riempiendo di terrore e di lacrime persino le isolette del mar Tirreno, alle quali indarno si riparavano i fugitivi sempre ed ovunque perseguitati dalla ingorda avidità dei vincitori. Appresso inondarono i vandali, al cui nome si mantiene significazione di quell' efferato e bestial costume che nelle loro scorrerie manifestarono costoro dopo aver oppres

sate le Gallie e le Spagne passarono in Africa, donde poscia per la via del mare vennero e ritornarono più volte ai danni dell'Italia e di Roma: per ciò sulle marine nostre del Mediterraneo era discadimento grande fuormisura; più feroce in questa parte il primo impeto degli invasori, più desolatrice l'ultima dipartita. Gli eruli, gli ostrogoti, i longobardi sparnazzarono quel che rimaneva, ed i saracini rasarono spilluzzicando l'estreme reliquie dell'antica prosperità di queste marine. L'arti, le scienze, i monumenti andarono dispersi davanti alla spada degli sconci avversarî, e sottentrarono i secoli della ignoranza, che presero il nome ed il costume dei vincitori. Niuna delle create cose è durevole in su la terra, nè anche la sventura: perchè non essendo conceduto alle istesse mondane cose (mobili per natura secondo l'ordinamento dei successivi nel tempo) il fermarsi, scese che siano ad ultima bassezza, di necessità non potendo più scendere convien che salgano. Quindi si parrà che dopo esser cadute le nostre provincie nell' estrema desolazione, tra i misfatti degli oppressori ed il tormento degli oppressi, dopo esser state percosse dai barbari, dai greci e dai saracini, strutte col fuoco e col ferro insanguinate, in quel tempo stesso rilevandosi ed a miglior fortuna riguardando i grandi e la plebe, il clero ed i pontefici faceano sopra le ruinate cittadi nuove città risorgere, altre muraglie ed altre torri sopra le abbattute torri e muraglie edificare, i porti del mare e la navigazione dei fiumi rifiorire; e tra mezzo il rimescolamento di tanto disordine anderemo noi appuntando quà e là le provvisioni primiere fatte per la marina militare, che nell'avversità dell'origine stentatamente svolgendosi sotto varianti forme ed ordinanze diverse arrivò poi al segno di pigliar la riscossa dai suoi nimici. Ogni principiamento di qualsivoglia maniera e generazione di cose esser suole imperfetto e manchevole: il tempo e l'esercizio lentamente conducono le opere umane all'incremento ed alla perfezione, perchè nulla di repente si fa grande. Quindi è che nella prima epoca, cui potrebbe darsi il nome della infanzia, la marina pontificale non offre quell' abbondanza di notizie che poi si svolge nei tempi successivi: ed io medesimo studiando i fatti del tempo lontano sovente mi sono trovato peritoso e dibattevo nella mente non forse giovasse meglio allo scopo mio lasciar

da banda ogni trattato della epoca primiera ed invece far cominciamento dai fatti del tempo più vicino, quando i turchi penetrati in Europa e minacciandola di invasione barbarica costrinsero anche i Papi ad armarsi sul mare per la propria difesa. Nondimeno considerando meglio tutte le ragioni che dalle varie parti si contrapponevano è prevalso il partito più giusto; ed anche per certa dignità e integrità maggiore della materia ho deliberato di svolgere dal principio alla fine tutta la tela dei nostri fatti di mare degni d'essere ricordati, sino dall'epoca rimota dell'ottavo secolo quando i pontefici romani conseguirono la sovranità temporale, così che ne venga il lavoro compiuto per ogni parte e per ogni tempo, e in questi libri si ritrovi ogni cosa che di antico che di recente possa da sicure sorgenti sul tema proposto derivare. La sterilità dolorosa delle prische memorie verrà appresso compensata dalla lieta abbondanza delle più recenti, e queste ancora resteranno meglio lumeggiate dai raggi che lor sopra riflettono i fatti primitivi. Per siffatte mie parole e per quelle che ho scritto avanti nel proemio intendo tenere avvisati i lettori a non presumere che la storia navale dello stato pontificio, e nè anche delle altre nazioni, possa procedere sin dal primo libro e per undici secoli appresso sempre in continua serie di successi rilevanti: perchè niuna marina non è mai stata, che fosse sempre in grado nè sempre in occasione di adoperarsi nelle cose grandi; molto più che le notizie particolari anche degli avvenimenti più segnalati sono andate da lontana stagione in dimenticanza, o vero malamente sfigurate. II qual difetto più che altrove si incontra nelle storie di Roma papale; perchè gli scrittori amici ai fasti del papato tutti assorti nella maestà sacerdotale del vicario di Cristo poco hanno risguardato alle cose del principato civile; e dall'altezza del subbietto religioso non discendevano di buona voglia al basso livello del mare per disegnar sul lido la storia delle imprese navali. I nemici poi del papato, che per avventura avrebbero più facilmente discorso sopra ai negozi civili delle leggi dell' industria e della milizia, nondimeno per sistema di avversione del silenzio dei primi prevalendosi, o mandarono in oblio o denigrarono quello che poteva ridondare in sua gloria, e specialmente le imprese di mare contro i nemici della civiltà e della religione, donde

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