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pratticato questo artifizio vinsero gli stessi vincitori alla Linghiera in Sardegna 24. Così dunque gli alleati, dopo aver provocato il nemico e prima di essere investiti, allacciarono la squadra loro in due file per poppa, opponendo dalle due bande agli assalitori i rostri delle galere strette insieme come se fossero le membra d'un sol bastimento di sovrana grandezza, o meglio i baluardi d'una fortezza galleggiante sull'acqua, e piena di gente che a dritta, che a sinistra e da ogni parte soccorrere e combattere potesse secondo il bisogno; talchè quivi avessero raccolte le migliori condizioni per fronteggiare una armata potente di numero e debile d'ordine. Per la qual cosa venuti i nemici al cozzo sopra le nostre galere tanto saldamente incatenate da non poterle smembrare, successe che i cristiani tutti in un corpo combatessero contro i nemici tutti spartiti, a gran vantaggio dei primi e maggior discapito dei secondi, che per quanto si rigirassero non potevano avviluppare altro che se stessi: tanto più che la maggior parte dei legni loro doveva di necessità o restare inutilmente fuori di combattimento, non potendo essere tutti insieme nel mezzo, o per venirci dovevano molestare i compagni. Laonde nullamente profittando le navi remote, e prevalendo contro alle propinque la virtù degli alleati, presto riuscirono costoro a farsi largo e vincere ciascuno il suo legno rivale a mano a mano che si facevano avanti; sin tanto che, come suole accadere nei tafferugli ciechi e accompagnati dal disinganno, taluno battutto cominciò a tirarsi fuori e gli altri che avrebbero voluto ordinarsi non furono più in tempo e dovettero tenergli dietro; e così venirne la seconda ragione del fatto, che i turchi avevano le loro terre vicine: la qual cosa si fa manifesta dal contesto degli storici citati, tra i quali il Villani nella prima edizione, fatta a Fiorenza del libro undecimo l'anno 1554 dal Torrentino, esprime il luogo del combattimento 22, presso Costantinopoli, cioè nella Propontide o mar di Marmara ove

21. MATTEO VILLANI. Cronaca universale dei suoi tempi in-8. Firenze 1554. L.III. Cap. LXXIV. p. 268.

22. GIOVANNI VILLANI. Lib. XI. c. xv. nella prima edizione che ne fece Lorenzo Torrentini a Fiorenza in-8. 1534, a pagina 33 dice così: « Nel detto anno (1334) l'armata della Chiesa di Roma e del re di Francia, e viniziani in quantità di xxxII galee mandate in Grecia per difenderla dai turchi che tutta la scorrevano e guastavano, scontrandosi in Costantinopoli col naviglio dei turchi ch'era infinito, combat

da levante confinava l'impero ottomano. Ora i maestri dell'arte navale, per quei tempi che usavano galere sottili alle quali ogni spiaggia era buona per adagiarsi e sbarcare senza quasi alcun risico, insegnavano, che a voler dai marinari in battaglia l'ultimo sforzo di loro bravura bisognasse tenerli lontani da terra, e principalmente dai porti e riviere amiche; imperciocchè qualora avessero al tempo stesso sugli occhi da una parte le spade nimiche e la morte, e dall'altra il vivifico e sicuro grembo della patria, inclinerebbero quasi senza saperlo a questa ultima direzione per impulso secreto di natura, al quale i codardi, che sempre e in ogni loco si trovano, obbediscono speditamente e conducono gli altri a irreparabil perdita. Così tutta l'ala diritta dei turchi a Lepanto fu distrutta dalla lega, come dicono le istorie, perchè trovandosi stretta alla spiaggia dell' Epiro, investì in terra colla speranza di salvarsi, e invece quivi restò oppressa: il simile accadde nel 1656 ai Dardanelli, ove dodici galere, che erano cinque del Papa e sette di Malta comandate dal conte Bichi generale pontificio, cacciarono in fuga un branco intero di trenta galere turchesche, le quali dettero in secco presso alle rive del famoso Scamandro, come a suo luogo sarà narrato. Medesimamente alla Propontide i più malconci dei turchi si rivolsero verso la terra propinqua di loro dominio sperando almeno salvar le persone, e gli altri traboccarono appresso nel qual tempo gli alleati vedutoli balenare e imbrancarsi alla fuga si sciolsero, li perseguitarono, e senza dar loro nè tempo nè respiro l'infransero tra le navi e la spiaggia. Per la qual cosa ripigliando i capi del discorso fatto sino ad ora, dico: che a rimpetto della ordinanza latina, i turchi pieni di confusione, restati nel maggior numero piuttosto spettatori che attori del combattimento, oppressi nel centro, vicini alle terre di loro fiducia, cominciarono la ritirata, che per la debolezza degli uni e pe 'l disordine degli altri, divenne rottura solennissima. Gli alleati poi seguirono il corso della vittoria, e come ebbero compiuta l'arsione di tanti bastimenti quanti ne trovarono abbandonati alla riva, raccolto il bottino, invece di rivolgersi addietro,

lerono con loro. I turchi fuggendo a terra ne morirono più di cinque mila; e arsono di loro naviglio ducencinquanta legni grossi senza i sottili e piccoli, » Nell'altre edizioni successive non si legge In Costantinopoli.

continuarono a scorrere le marine dell' Asia con grandissimo aggravio dei nemici e sollevamento degli oppressi.

La notizia del trionfo trasportata dalla fama giunse velocemente alla corte di Avignone, ove il Pontefice non solo ne mostrava godimento infinito, ma quasi più di niuna cosa tanto sentiva quanto del progresso della lega per reprimere l'audacia dei turchi, difendere Costantinopoli, sostenere il re d' Armenia, e ricuperare, se a Dio fosse piacciuto, la Terrasanta; nel tempo stesso scriveva ai romani parole di gran lode, e perchè fosse pubblica la dimostrazione della sua gratitudine mandava la porpora cardinalizia a Stefanuccio Colonna uno dei campioni della battaglia e poi quando disponeva più solenni apprestamenti, la morte venne a troncare con la sua falce il filo di quei trattati, tirando nel sepolcro l'anno medesimo ai quattro di decembre il Pontefice decrepito e nonagenario. Tanto bastò perchè tutti i progetti cadessero in un fascio, ed i principi del cristianesimo ripigliassero il libero corso delle mutue offensioni, restando soltanto in Avignone un ricco tesoro messo a parte per fornir le spese del santo passaggio d'oltremare 23.

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III.

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Dopo la vittoria della Propontide gli orientali respirarono per qualche tempo riposatamente senza ricevere dai turchi altre molestie 24: ma siccome non si potevano sperare effetti di utilità durevole lasciando a metà la difesa degli amici, ed ai nemici tutto il tempo di riaversi, così Benedetto XII succeduto a Giovanni molto si adoperò nel principio del suo governo per sospingere innanzi gli alleati, e fece raunare un' altra volta alla presenza sua gli ambasciadori della lega, dai quali non ottenne altro che risposte graziose per le generali, che significavano gran cosa senza stringer nulla. Per ciò la lega andava tanto più sciogliendosi quanto più si discuteva, e in fatto non appariva altro segno di spedizione che quello di quattro galere

23. GIOVANNI VILLANI. Lib. XI. Cap. xx.

RAYNALDUS. Ann. 1334. n. 40.

S. ANTONINO. Part. III. Tit. xxI. Cap. VI. §. 15.
MURATORI. Ann. 1334.

24. ANDREA DANDOLO. S. R. I. Tom. XII. p. 413.

con la bandiera del Papa ancorate nel porto di Marsiglia 25, al tempo stesso che i veneziani ripigliavano le vecchie querele contro i genovesi, i francesi aprivano la campagna con gl'inglesi, e Andronico imperadore d'oriente, dopo aver armate quest'anno le sue galere, e dopo aver aspettato inutilmente la venuta dei latini, per non perder tempo, andò a far la guerra ai cavalieri di Rodi, la cui potenza cominciava a diventargli sospetta 26. Intanto i turchi traendo profitto dalle discordie nostre entravano sempre più dentro le viscere della Grecia, e dopo l'acquisto di varie piazze forti espugnavano Nicèa, e ponevano sul Bosforo le punte della luna falcata proprio rimpetto alle croci di Bissanzio.

- 1343.

Per le quali cose ogni giorno più crescendo il pericolo, e la necessità di rifare l'argine a quel torrente che invadeva e minacciava trascinar seco nel corso della sua fortuna ogni ostacolo, ripetendosi le richieste alla corte del Papa nell'anno 1343, Clemente VI, ch' era poc' anzi succeduto a Benedetto XII, stimò dover ripigliare questo negozio dei turchi. Io non debbo quì ripetere nè le sollecitazioni, nè le lettere che furono allora spacciate per chiamare il concorso di coloro che potevano dar mano: il Rainaldo negli annali ne produce alcune, e molte più se ne conservano nell'archivio di Roma, tra le quali ricorderò di volo i brevi diretti ai comuni d'Italia, genovesi, pisani, fiorentini, milanesi, perugini, bolognesi, anconitani 27, perchè si movessero a difendere il nome cristiano e reprimere l'invasione degl'infedeli. E cominciando un'altra volta a scaldarsi gli animi per la guerra, deliberarono nel congresso d'Avignone che, oltre agli ajuti eventuali, si dovessero mantenere venti galere stabilmente alla guardia del mare in levante, delle quali il Pontefice ne mettesse quattro 28, i veneziani cinque, i cavalieri di Rodi sei, il re di Cipro quattro, ed una il signore del Senuccio che dominava in Paros ed in qualch'altra isoletta

25. RAYNALDUS. Ann. 1335. n. 28. in fine.

26. NICEPHORUS GREGORAS. Historia Romana L. VI. in-fol. Francofurti ad Mœnum. 1587.

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dell'Arcipelago: di più i predetti convennero di lasciare le venti galere confederate tanto d'estate che d'inverno in oriente, e che l'isola di Negroponte fosse il luogo di convegno e di riposo inoltre, che la suprema autorità restasse in mano al legato apostolico Arrigo d'Asti patriarca di Costantinopoli, il quale per l'esperienza e riputazione sua meglio d'ogni altro poteva conciliare gl' interessi dei greci, tenere uniti i latini, e provvedere alle necessità dei fedeli in oriente finalmente il Papa consentiva ai confederati, durante la lega, il cavar le decime dal clero.

Convenuti in questi principali capitoli, il Pontefice, per mezzo di messer Giovanni d'Amelia arcidiacono di Forlì e chierico della camera apostolica, fece armare quattro galere, e ne affidò la condotta ad un tale prode uomo ed esperto che aveva nome Martino Zaccaria, stratto d'un lignaggio genovese assai potente e chiaro, i cui progenitori nei passati tempi avevano assai gloriosamente militato in Terrasanta e per i. molti servigi prestati ai crociati e all' imperador di Costantinopoli tenevano sin dal tempo di Andronico seniore la signoria dell'isola di Scio nella Grecia. Il principe Martino Zaccaria era in grandissimo concetto per le imprese che aveva fatte contro i turchi : imperciocchè essendo uomo valoroso e prudente, bene armato sul mare, con brava gente, e buon naviglio teneva in rispetto i barbari di quelle parti, e faceva giusta ragione dei pirati che infestavano le isole dell'Arcipelago, così che gl'inimici lo temevano, i vicini lo rispettavano, ed esso stesso si manteneva in grande riputazione e splendidezza. Andronico il giovane vedendo quell'uomo tanto glorioso ne concepette gelosia, e per vilissimo tradimento gli levò l'isola, e lo tenne prigione a Costantinopoli, rovesciando da se stesso il più saldo antimurale che avesse l'imperio suo. Il Papa ed il re di Francia conseguirono stentatamente che quell' egregio uomo fosse sciolto dalle catene, e lo fecero poi passare dal carcere dei greci al comando dei latini 29.

Bosio. Cit. Tom. II. p. 66.

SEBASTIANO PAOLI. Codice diplomatico del sacro militare ordine Gerosolimitano, in-fol. Lucca 1757. Tom. II. p. 86. e 538.

29. NICEPHORUS GREGORAS. Cit. Lib. IX. p. 218.
RAYNALDUS. Ann. 1337. n. 34.

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