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così ancora presero il carico di custodirlo specialmente dalle invasioni dei turchi; nella qual cosa giovarono talvolta ai vicini : sebbene meglio per questi sarebbe stato che niuno avesse tarpate le ali al loro procedimento, e che si fossero mantenuti in grado da sostenersi e difendersi da se stessi, ciò che avrebbero fatto con maggiore onoranza e profitto.

Dopo questo general prolegomeno ripigliando il filo della storia all'anno 1270, dirò, che non trovandosi per quel tempo i turchi nell'Adriatico, non avendo ancora i veneti assunto il peso della tutela, e niuno avendone fatto compromesso nel loro senato; non essendo dagli altri riconosciuto il possesso, e nè meno comprovato da lungo esercizio, nè da tante scritture che vennero fuori poi dopo: anzi essendo stata la legge della gabella sul mare una novità arbitraria, messa fuori per vendicare il rifiuto dei grani, basata solamente sulla forza, e da non potersi in alcun modo giustificare, per ciò lecitamente stimarono di potere adoperare la forza contro la forza quelli che si sentivano offesi ed in grado di offendere.

Prima tra tutte le città prese le armi Bologna. Era allora al sommo apice cresciuta la potenza dei bolognesi, che estendevano il dominio a quasi tutta la Romagna; adunarono un esercito di quaranta mila uomini 136, misero avanti il carroccio, e andarono alla foce del Pò di primaro a fabbricare una bastita in barba dei veneziani. Il senato mandò fuori l'esercito e l'armata sua per impedire l'edificio di quel castello, e cominciarono una guerra che durò tre anni, quasi sempre con vantaggio dei bolognesi, che non solo mantennero le posizioni, ma compirono l'opera della bastita, opponendosi indarno il generale di Venezia di casa Contarina. Anzi in una battaglia combattuta il primo di settembre 1271 i veneziani toccarono ta lesconfitta, che il Contarini stesso vi fu morto con assai gente, e i veneziani perdettero campo, e bagaglio 17. Venne al comando,

136. MURATORI. Ann. 1270. in fine.

PIETRO DARU'. Stor. di Ven. cit. T. II. p. 68.

137. SABELLICO. Cit. p. 233. et 234. « Fueruntque Bononienses præliis fere omnibus superiores ».

PAOLO MOROSINI. Cit. p. 191.

DANDOLO. Chron. S. R. I. Tom. XII. p. 381.

ANNALES BONONIEN. S. R. I. Tom. XVIII.

in luogo del Contarini, Marco Gradenigo e restituì la rotta ai bolognesi con pari mortalità e danno per la qual cosa stracchi dall' una parte e dall' altra cominciarono a trattare le condizioni della pace, che fu conclusa a dì sette agosto 1273, a patto che i veneziani manterrebbero la gabella, e per amor dei bolognesi ridurrebbero al minimo la tariffa. In sostanza la gabella arbitraria fu riconosciuta per legge, ed i bolognesi con tre anni di guerra buscarono soltanto un privilegio.

Gli anconitani poi allora ch' era tempo di muoversi stettero saldi colle mani a cintola, riguardando senza disagio che i bolognesi soli difendessero a loro rischio e pericolo i diritti di tutti ma come ebbero udita la pace di Bologna cominciarono a pensare ai casi loro, e prima si rivolsero a papa Gregorio perchè li protegesse; poi mandarono ambasciadori al concilio di Lione ove dibattendosi gli oratori d' Ancona e quelli di Venezia, non si credette opportuno di pronunciare sentenza. Ma insistendo maggiormente gli anconitani presso al Papa egli, ch' era intento alle cose di Terrasanta e non amava queste brighe, ordinò che niuno movesse le armi, e fece che l'abate di Norvesa per via sommaria conoscesse la causa, donde venne un placito alla veneziana: cioè che, senza decidere del diritto, consentiva la riscossione della gabella, purchè fosse impiegata a guerreggiare i saracini e guardare le marine dell'Adriatico 188. Quì similmente guadagnarono i veneziani perchè l'usurpazione pigliava specie di giustizia, e si creava un nome legale per assicurarla; cioè il titolo della difesa del mare.

Ma come fu morto papa Gregorio, e gli andarono appresso all'altra vita dentro un anno altri tre papi, Innocenzo V, Adriano V, e Giovanni XXI, gli anconitani apprestarono le loro forze, e deliberarono sostenere colle armi le loro ragioni, tanto più che il placito dell'abate non aveva nè riconoscimento nè sanzione. Questa guerra sebbene fatta dagli anconitani a conto proprio come allora si costumava, non però di meno spetta a città marittima dello Stato pontificio, e deve aver luogo

MURATORI. Ann. 1271.

SISMONDI. Le Rep. Ital. Volgarizz. Capolago, in-8. 1831. Tom. III. p. 345. 138. ANDREAS NAVAGERUS. Historia Ven. S. R. I. Tom. XXIII. p. 1003.

nella storia della sua marina; molto più che vi prese parte non molto dopo il collegio dei cardinali in sede vacante, ed anche Nicolò III papa, cui gli anconitani andarono debitori di quel soccorso che li rese vittoriosi 139.

XXVII. Persuasi adunque del loro diritto vennero ai fatti. Armarono i loro vascelli tondi, le loro galere, ed i migliori bastimenti mercantili; e dopo aver rafforzata la città, munito il porto, stretta alleanza con le città amiche, specialmente con Bologna, presero a correre come prima usavano liberamente il mare s'incontrarono con i legni veneti, negarono risolutamente il prezzo delle gabelle, menarono le mani, predarono alcuni bastimenti inimici, e con quelli acquisti approvigionarono meglio la città, e si compensarono dei pagamenti sforzati nei sette anni della precedente sommissione.

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Non è a dire quanto alta montasse la stizza del senato appena furono rapportate le novelle di questi fatti. Dichiararono la guerra ad Ancona, e con potente armata mandarono Giacomo Molino ad assalire il porto nobilissimo di quella città 140: cito quì alla lettera le parole del Morosini gravissimo storico e senator veneziano, poichè dovrò piuttosto dagli scrittori contrari che dai favorevoli ad Ancona cavar le notizie di questa guerra. Da loro adunque con più certa testimonianza deduco, che un primo stuolo di tredici galere sotto Giovanni Tiepolo, più altre tredici sotto Marco Michieli, e poi sei vascelli con molte navi onerarie vennero a combattere Ancona. E questa città chiamata a lutto e ruina dagli inimici rispose in trionfo ed echeggiò l'acclamazione della vittoria. Le navi e le galere d'Ancona uscirono anch'esse ad incontrar le inimiche, e combatterono con loro presso a Sinigaglia: e quantunque io manchi dello ajuto altrui a narrare i particolari della giornata per il di

189. II LEONI riduce la guerra d'Ancona all'anno 1271, il PERUZZI al 1274, SARACINI non s'intende nè può essere inteso. Tutte date false. Cominciò dopo la morte di papa Gregorio X, accaduta ai dieci gennajo 1276, e tenendo il principato di Venezia Jacopo Contarini, succeduto a Lorenzo Tiepolo nella fine del 1275 (MURATORI annali 1275) durò sino al tempo di Nicolò III che prese parte in questa bisogna nel 1278; cioè dal 1276 al 1278.

140. PAOLO MOROSINI. Cit. p. 193.

fetto degli antichi scrittori, tuttavia quel che più monta, cioè la vittoria degli anconitani è certa per la confessione dei veneti, che raccontano essere stato il naviglio loro disperso, sei galere portate dai vincitori nel porto d'Ancona, tre gettate alla marina di Fermo, e le altre cacciate in fuga sino in Dalmazia e nella Puglia . Io poi ben so, che alcuni autori rovesciano la colpa della sconfitta sopra i venti impetuosi e sopra le tempeste del mare; ma senza punto di maraviglia ricordo ch'è vecchio stile degli addolorati accusare gli elementi e le stelle: siccome però nel fortunale medesimo non dettero in secco gli anconitani, nè ruppero in Dalmazia nè in Puglia, ma anzi si tirarono appresso nel porto sei galere inimiche, quantunque stassero coi loro legni alla stessa traversìa; così mi sarà lecito dire che non fu il vento, ma il sopravvento e la destrezza degli anconitani che seppero con tanta perizia dirigere il combattimento e con tanto coraggio sostenerlo, e così bene profittare delle circostanze del luogo e del tempo, che senza danno ricevere percossero in sul vivo gl' inimici 142.

La rotta toccata dai veneziani riuscì molto più grave e seriosa che a prima vista non apparisca dalle poche parole dette avanti; e lo sbigottimento del senato non può meglio intendersi che per la mutazione di governo che successe in Venezia. Imperciocchè gli storici raccontano, che allora si fece novità nel consiglio di stato, e che furono eletti alcuni senatori chiamati savi grandi a intervenire e rafforzare l'intimo gabinetto del doge, che poi ebbero la direzione della politica esterna, e divennero i ministri della repubblica 143. E quantunque alcuni si trovino peritosi sul punto della prima istituzione e della potestà di tali consiglieri, tuttavìa a me basta che per il pericolo

141. ANDREA DANDOLO. S. R. I. Tom. XII. p. 392.

SABELLICO. Cit. p. 236.

NAVAGERO. S. R. I. Tom. XXIII. p. 1003.

142. DANDOLO, NAVAGERO, SABELLICO, TARCAGNOTA, MOROSINI, e DARU'. 143. ANDREA DANDOLO. S. R. I. Tom. XII. p. 392. D. « Decretum est ut facia instantis belli anconitani debeant per viginti nobiles et sapientes viros agitari ». ANDREA NAVAGERO S. R. I. Tom. XXIII. p. 1003.

MURATORI. Ann. 1275. in fine.

PIETRO DARU'. Cit. Tom. II. p. 69.

SEBASTIANO CROTTA. Memorie storiche civili sopra le successive forme del governo dei veneziani.

della guerra d'Ancona fossero convocati, e che da questo esempio venisse poi la legge e la norma per i tempi successivi.

Il doge pertanto, ed i suoi straordinari consiglieri dopo aver raccolte le sparse membra dell'armata, e messe fuori altre galere, sotto il governo di Giacomo Tiepolo figliuolo del doge Lorenzo pocanzi defunto, le rimandarono contro Ancona; la qual cosa dette occasione di maggior trionfo alla insidiata città. Imperciocchè gli anconitani al tempo stesso non solo si erano meglio fortificati in casa, ma anche avevano accresciuta l'armata di mare con molti legni e con quelle sei galere, che avevano tolte al nemico, talchè uscirono contro di lui in aperto mare ad una seconda battaglia nella quale tant' arte dispiegarono e tanta bravura, che lo ruppero, e se ne tornarono con più altre galere, molta sostanza e gran numero di prigionieri. Il Tarcagnota, stampato dai Giunti nella stessa città di Venezia, dice, che ritornando l'armata dei veneziani tutti sicuri, prima ebbero il ferro nemico sopra che ad inganno alcuno pensassero, e furono quasi a man salva la maggior parte dei legni loro presi e condotti dagli anconitani nel porto 144. Gli storici di Venezia procacciano attenuare le perdite dicendo aver gli anconitani predato solamente due galere, e queste per frodolenza cioè che si facessero al combattimento coprendosi sotto bandiera veneziana, e si avvicinassero tanto con i falsi stendardi da pigliar due galere incaute, e non conscie dell'inganno

145.

Ma chiunque senza passione consideri questo fatto vorrà convenir meco, che qualunque sia stato lo stratagemma e la bandiera inalberata dagli anconitani, dovevano i veneziani tanto maestri intenderla, o almeno riscuotersi in tempo, giacchè è impossibile pigliar galere dell'armata altrui senza scuoprirsi, e più anche impossibile portarsele via senza combattere. Le quali ragioni per la loro evidenza condussero il senato a far risentimento sopra la persona del Tiepolo accusato pubblicamente di codardia e di imperizia, comechè per sua colpa e mal governo si fossero ricevute in poco tempo due sconfitte, in pena

144. GIOVANNI TARCAGNOTA. Storie del mondo, Venezia 1583 appresso i Giunti in-4. Parte II. p. 568.

145. PAOLO MOROSINI. Cit. p. 194.

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