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tenda 50. Soprastava l'avversa stagione; gli emiri consigliavano il soldano a levarsi dalla pianura; ed i capi dell'oste cristiana tenevano fissi gli occhi all'estremo lembo del mare, donde aspettavano i soccorsi, che finalmente cominciarono ad arrivare quando i saracini si ritiravano ai quartieri d'inverno sopra le circostanti montagne della Caruba.

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Nel tempo più crudo della vernata si ristrinse maggiormente l'assedio della piazza e ciascuna nazione, poichè sempre cresceva il concorso dei crociati novelli, prese a guardare spartitamente i suoi quartieri i romagnoli con l'arcivescovo di Ravenna e quel di Faenza occuparono la punta boreale della trincea tra il mare e la via di Damasco: l'arcivescovo Gherardo, chiamato dall'Ugelli uomo degno di eterna memoria, riscuoteva nel campo ammirazione e rispetto per i meriti suoi e per la disciplina delle sue genti: appresso ai nostri, dalla stessa banda del mare vennero i valenti di Venezia e di Pisa, poi gli spedalieri nella valle, ed i genovesi sulla erta di Montemusardo; i francesi e gl'inglesi nel centro; e dietro a loro i fiamminghi. Guido re di Gerusalemme fece il quartier generale al monte Turone; i templari distesero i padiglioni tra il Turone e il Belo sulla strada che da Tolemaida conduce a Gerusalemme, a mezzogiorno del Belo i tedeschi, e finalmente danesi e frisoni che raggiugnevano dall' altra banda il mare, ove l'armata loro e quella degli italiani congiuntamente compivano il cerchio e bloccavano il porto.

Alla primavera arrivò con molto elette schiere Filippo re di Francia, sopravvenne Riccardo d'Inghilterra, l'esercito crebbe tanto che avrebbe potuto bastare alla conquista di Tolemaida, e di tutta l'Asia: ma moltiplicate le genti non si accrebbe l'allegrezza. Riccardo e Filippo contendevano, inglesi e francesi si odiavano, Guido di Lusignano e Corrado di Monferrato al regno di Gerusalemme concorrevano, gli animi si dividevano gl'interessi pubblici scapitavano. Nondimeno la battaglia era

80. ROGERUS DE HOVEDEN. Ann. cit. p. 661. BERNARDUS THESAUR. cit. S. R. I. T. VII. p. 807. MICHAUD. Stor. delle Crociate cit. T. I. p. 494.)

quasi continua, frequenti le sortite, e poi assalti, abbattimenti, stratagemmi da terra e da mare, ed un copioso versar di sangue e cader di gente non solo dei minuti, ma dei maggiori e più prodi cavalieri e prelati. In un fatto d'arme di quel memorabile assedio restarono uccisi molti romagnoli insieme coi vescovi di Faenza e di Ravenna, morì ancora in quel tempo il re di Gerusalemme, la regina Sibilla, un loro figliuolo, il duca Federigo di Svevia, ed altri molti di ferro o di stenti. Anche Filippo e Riccardo arrivarono quasi al punto della morte ed allora ripensando ai pericoli di tante genti ed ai doveri della religione sopirono per poco tempo le discordie, talchè riavutisi alquanto e rimontati a cavallo, dopo incredibili sforzi di valore obbligarono i saracini alla resa che fu il dodici di luglio 1191. L'immensa preda andò tutta nelle mani degl' inglesi e dei francesi a grave discapito e giusta doglianza delle altre nazioni, che prima e più nell' assedio s' erano adoperate 81.

Dopo le quali cose, come se fosse compiuto l'acquisto d'un regno con la espugnazione d'una sola città, Filippo Augusto se ne tornò in occidente con tutti i suoi, e Riccardo desideroso di seguirlo, senza pensare più oltre al santo Sepolcro, stabilì una tregua di cinque anni con Saladino, durante la quale Gerusalemme sarebbe stata in poter dei mussulmani, ma aperta e libera alla devozione dei fedeli, purchè viaggiassero a piccoli drappelli, i cristiani poi conserverebbero il possesso di Giaffa, e di Tiro, e la costa marittima da Tolemaida ad Ascalona. Poi s' imbarcò Riccardo, e dato l'ultimo addio alla Palestina, sciolse le vele, lasciando ai più divoti la miseria ed il travaglio di conservare lo scheletro del regno latino.

1199.

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XIX. La cattiva riuscita di tanto sforzo della cristianità armata in guerra e dai maggiori principi condotta alla liberazione di Gerusalemme dimostrava evidentemente, che la impresa di Terrasanta non sarebbe stata felice. Troppo erano vive le nimistà delle corti e delle nazioni, troppo conturbato il cri

81. MURATORI. Ann. 1191. ant. finem.
MICHAUD cit. p. 519.

stianesimo da scismi e querele, e troppo grande la potenza dei saracini, perchè si potesse acquistare e conservare un regno così lontano e in mezzo a loro. Tuttavia per altri cento anni la pertinace tenzone si ripigliò e si mantenne con sempre nuovo entusiasmo, che se non altro valse a ritenere colà nell'Asia confinati i nimici, così chè non trascorressero a guisa di gonfio torrente ad inondare l'Europa; e dette anche comodità ai cristiani di rassodare l'imperio latino in molte isole di Levante, e specialmente in quella di Cipro, cose che riuscirono poi di grandissima utilità. Rispetto alla marina pontificia per quei tempi noterò, che sovente i Papi spedivano le navi dello stato in Soria a portar soccorso di gente e di danaro, massime le grosse somme annuali cavate dalla camera apostolica dai cardinali e dal clero, ch' erano tutti tassati sopra la decima parte delle rendite loro, oltre alle largizioni che le provincie e la capitale facevano. Così Innocenzo III nell'anno secondo del suo pontificato, avendo fatto costruire una nave assai grande, la riempi di frumento, e la dette ai crociati romani, affinchè insieme con alcuni cavalieri dello spedale e del tempio dovessero navigare a Tolemaida, distribuire le vettovaglie ed il danaro secondo le necessità di Terrasanta, e ritenere colà il vascello pei servigi della guerra. Il naviglio papale della spiaggia romana sciolte le vele tirò diritto a Messina, ove dovette molto tempo rimanere confinato dalla contrarietà del vento. Nel qual tempo i commissari vedendo che il frumento pativa, e che a più caro prezzo stava in Sicilia che in Sorìa, vendettero il carico, e poi il denaro e le munizioni da guerra trasportarono in Asia, facendo della pecunia tre parti, l'una per la fabbrica della muraglia di Tiro pocanzi ruinata dal terremoto, la seconda per limosina ai poverelli pellegrini, e la terza diputarono a pagare i soldi delle milizie. Il vascello poi insieme con le genti pontificie che ne facevano l'armamento restò in servigio della guerra, di conserva con le altre navi, che tenevano i templari alla marina 83.

82. RAYNALDUs. Annales Eccles. An. 1215. n. 14.

MICHAUD. cit. T. I. p. 683.

SANUDO. Lib. III. ext. ap. BONGARSIUM. Gesta Dei per Francos.

83. Epistolarum Innocentii III. libri XI, et gesta ejusdem Pontificis auctore

XX. - Più solenne e magnifica spedizione di navi, milizie e cavalieri si apparecchiò nello stato papale dopo il decreto del concilio quarto di Laterano, allora che Onorio terzo di sangue romano, stratto dall' alto lignaggio dei Savelli, si accinse ad attuare i disegni già formulati dai padri del concilio, e dai maestri della guerra sotto al suo predecessore. Onorio per la riscossa di Gerusalemme chiamò all' armi i sudditi suoi , e tanto furono le sue parole efficaci che un grande numero di signori e prodi uomini della capitale e dello stato presero la croce, e si acconciarono per navigare in Oriente 84. L'esercito fiorito delle genti miglior di tutte queste nostre provincie ebbe per condottiero un principe romano, così precisamente chiamato dal Vitriaco e dal Thesaurario, cui Riccardo di san Germano aggiugne il nome e i titoli, dicendo che l'esercito dei romani navigò condotto dal capitan generale Jacopo conte d'Andria. Era Jacopo, come attesta il Muratori 85 della famiglia Conti di Roma, cugino di papa Innocenzo terzo, maresciallo di campo già provato in guerra, il quale, per la insigne vittoria riportata in Sicilia contro il ribelle Marquardo nella pianura di Monreale, aveva conseguito per investitura del re Federigo la ricchissima contea di Andria. Gli scrittori che illustrarono le memorie di casa Conti 86, perduti tra la veneranda

incognito sed coætaneo. edit. a STEPHANO BALUZIO in-fol. Parisiis 1682. Tom. I. pag. 19. §. 46. et epist. Lib. II. ep. 189. Tom. I. p. 459.

RAYNALDUS. Anu. 1199. n. 69.

MICHAUD. cit. T. I. p. 584.

FEDERIGO HURTER. Vita di Innocenzo III. Versione di Toccagni. Milano 1839. in-8. T. I. p. 253.

84. ABBAS URSPERGENSIS. Chron. in-fol. Argentorati 1609. p. 244. OLIVERIUS SCHOLASTICUS. De expugnatione Damiatæ ap. Bongarsium. Tom. II. pag. 1185.

JACOBUS DE VITRIACO. Hist. orient. ap. BONGARSIUM. T. II. p. 1134. lin. 40. BERNARDUS THESAURARIUS. S. R. I. T. VII. p. 829. C.

RICORDANO MALASPINA cit. Cap. cvI. p. 93.

DE RUBEIS. Hist. Raven. cit. p. 381.

85. RICHARDUS A S. GERMANO. Chron. S. R. I. T. VII. p. 991. D.

MURATORI ANN. 1200. in principio.

86. ATHAN. KIRKER. Hist. Eustachiomariana. in-4. Roma 1665. Parte II. c. v.

MARCO DIONIGI. Genealogia di casa Conti. in-4. Parma 1663.

FRANCESCO ZAZZERA. Nobiltà dell'Italia. in-fol. Napoli 1615.

RATTI. Delle famiglie Sforza, Cesarini, Savelli, Conti, ec. in-4. Roma 1794.

ed incerta antichità dei tempi eroici si studiarono molto a dimostrare la discendenza di questa famiglia sin dal tempo e dalla persona di Enea trojano: ma distratti da così grave applicazione nulla o quasi nulla ebbero a dire di Jacopo Conti, intorno al quale con miglior frutto avrebbero potuto occuparsi, e noi ne avremmo oggidì maggior copia di notizie nella nostra storia. Tuttavia per niente disanimato dall' altrui silenzio continuerò, racimolando quà e là dalle vecchie cronache i nomi ed i fatti più segnalati dei crociati romani, i quali passarono altrettanto negletti dai moderni quanto ammirati dagli antichi, che li videro far degna comparsa innanzi al soldano d'Egitto, e montar primieri sulle torri di Damiata dopo averla per due anni assediata. Jacopo Conti, preso il carico del generalato, cavò dalle fortezze le milizie papali, raccolse in Roma i crociati delle provincie, ebbe un esercito assai numeroso e pieno di nobiltà 87, mandò la vanguardia sotto Pietro Annibaldesco conte della Molara ad imbarcarsi nel porto di Civitavecchia sopra nove navi ed altri legni minori quivi apparecchiati 88 ed esso con il corpo di battaglia e colla cavalleria tirò per terra sino a Brindisi 89, ove erano molte navi di Ancona per trasportarlo in Oriente.

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Insieme ai crociati romani partirono due legati apostolici per Terrasanta, cioè Pelagio Galvani di gente spagnuola, cardinale e vescovo d' Albano, e Ruberto Cursone inglese cardinal di santo Stefano al monte Celio, ambedue egualmente onorevoli per l'alta dignità, ma di costume tanto diverso che appunto nella difformità dell' uno dall' altro si contiene la ragione dei successi felici ed infelici della spedizione, ch' io vengo a narrare. L'inglese gran personaggio, dotto, e

87. MEMORIALE POTESTATUM REGIENSIUM. S. R. I. T. VIII. p. 1086. E. « Romanorum princeps cum magna turba romanorum et multi viri nobiles et potentes venerunt, unde christiani valde sunt gavisi gaudio magno ».

88. Jacobus de VITRY. Epist. ad Honor. III. ext. apud MARTENE inter Anecdota. T. III. p. 294. « Novem vero naves cum domino Petro Hanibal et quibusdam aliis romanis in portu Damiata applicuerunt. Dominus vero P. Episcopus Albanensis cum uno principe romanorum Accon devenit, quem de die in diem cum magno desiderio et spe capiendi civitatem in adventu suo Christi exercitus expectabat ».

89. RICHARDUS A S. GERMANO. Chr. S. R. I. T. VII. p. 991. D. « Pelagius Albanensis Episcopus a Brundusio cum Jacobo comite Andriæ romani exercitus principe in Syriam transfretat ».

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