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le soldatesche di Ravenna alla presenza di Guglielmo, e questi venuto con Pietro al campo disse alle sue genti così: « Io ho fatto promessa a Pietro Traversari quì presente di congedare l'esercito mio, come egli ha già disciolto il suo, e poscia andarcene insieme ad Ancona per trattare alcuno accordo di resa, il più vantaggioso che sia possibile a quella piazza. Per tanto io vi comando di ritornarvene indietro; e rispetto ai vostri doveri e giuramenti io son costretto a lasciare che ciascuno provveda ai casi suoi ». Ciò detto, senza attendere nè replica nè persona, voltò il cavallo ed insieme con Pietro, come promesso aveva, si mise in viaggio verso l'assediata città.

Rimase per gran fortuna d'Ancona al campo del soccorso Adelardo germano di Guglielmo uomo prode e prudente, il quale come conosceva l'animo del fratello così era entrato nell' intendimento secreto delle sue parole: laonde chiamati intorno a se i cavalieri e capitani suoi diceva, trovarsi per la partenza del fratello in grandissima angustia, nondimeno assumere francamente il carico di governar l'esercito e di manifestare l'animo suo totalmente deliberato a non retrocedere, molto più quando si era giunti tanto innanzi, e quando per lo scioglimento delle milizie di Ravenna si vedeva aperta la strada a così bella occasione per andare ad Ancona considerasse ciascuno gli obblighi suoi e la fede onde s'erano legati dinnanzi a Dio ed agli uomini, facessero senno a questo che non essendo Guglielmo nè vescovo nè papa neanche poteva averli prosciolti dal giuramento e che in simile circostanza la ritirata di esercito così fiorito anzichè parer giustificata sarebbe da tutti creduta codardia manifesta sotto il velame di vani pretesti: quindi per onore e per debito si risolvessero a seguirlo massime allora che la fortuna già mostrava sorridere ai loro disegni. Queste ed altre simili parole fecero impressione grandissima nell'animo dei soldati, talchè non solamente si offrirono pronti a marciare, ma anche rinnovarono il solenne giuramento di soccorrere Ancona; e la notte seguente in bella ordinanza e silenzio già camminavano lungo il lido verso Rimini. In questa città che si teneva a partito papale ritrovarono Pietro e Guglielmo: il primo di buona o mala voglia riconobbe esser stato uccellato, e l'altro giocondamente spiccatosi da lui tornò all'esercito, ove dopo aver lodata la pru

denza del fratello, e la costanza delle milizie ripigliò il comando.

Il Cancelliero intanto che vedeva le colombe vicine a fuggir dalle sue reti, poichè si appressavano gli sparvieri di Ferrara e di Bertinoro, raddoppiava forza ed artificio a fine di riuscire nella sua caccia replicava diversi ferocissimi assalti, spacciava lettere bugiarde, faceva correr voci sinistre del soccorso, sino a che Guglielmo e la Contessa furono entrati a mezz'ottobre nel castello di Falconara, cinque miglia lungi d' Ancona, donde tutta si scuopre la città reina che dai suoi colli dolcemente discende a circondare il magnifico suo golfo. E siccome era già vicina la notte, così Guglielmo ordinò che in quel luogo i soldati si posassero alquanto per venir poi la mattina seguente al fatto d'arme, e nel tempo medesimo li esortava con parole di solenne cloquenza, e poneva il suo campo largamente disteso con molti fuochi e fiaccole sulle alture, acciò facesse da lungi comparsa intrepida ed anche più numerosa che in fatto non era.

Gli anconetani a quella vista levarono il grido di gioja e salutarono i liberatori, mentre nel campo dell'arcivescovo cresceva a grado a grado il tumulto; alcuni accusavano tradimento, altri magnificavano la possanza dell'esercito sopravvenuto, e tutti, come suole avvenire nella mutazione repentina delle cose, erano costernati e confusi. Anche Cristiano si perturbò; e non volendo così alla cieca venire a battaglia con gente tanto fresca e risoluta, avanti che aggiornasse, fece raccolta dei suoi soldati, e lasciando quasi tutto il bagaglio si tirò indietro alquante miglia. La mattina poi, come se fosse non solo assalito ma rotto se ne andò via tanto disordinatamente che fu grandissimo appo amici e nemici il suo vituperio.

tutti

I veneziani dall'altra parte veduta la fuga vergognosa dell'alleato, che neanche aveva pensato ad avvisarli, trovandosi improvisamente derelitti, e pensando che l'impresa di spianare Ancona fosse al tutto fallita, spiegarono le vele verso la laguna, e lasciarono non solamente il pensiero di quella guerra ma anche la cura di scriverne l'istoria, che tanto più avidamente ho preso a svolgere, affinchè per i fatti si veda qual sia la virtù dei nostri marini, e quali siano le passioni che hanno operato a deprimerli.

Il giorno seguente Ancona era totalmente liberata dall'assedio; Guglielmo e la Contessa entravano trionfalmente nella città, dimenando festa più che dir si possa giocondissima : Aldruda ritornò più che mai gloriosa a Bertinoro, e Guglielmo chiamato a Costantinopoli ebbe tanti onori e tanto danaro, che fu largamente compensato delle fatiche e prosciolto dai debiti che aveva contratti per le spese del soccorso. Noi poscia, liberati dalle molestie della guerra, ci riposeremo tre anni per navigar poi con Papa Alessandro a Venezia, ove per alto intendimento si prepara il trattato della pacificazione d'Europa e d'Italia, del sacerdozio e dell'imperio.

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XVII. Dopo ventitre anni di regno non aveva l'imperador Federigo cavato altro costrutto dai suoi disegni che sconfitte e cacciate simili a questa di Ancona. Perduti sette fiorentissimi eserciti, mezzo milione d'uomini, ridotta orrida di ruine e di sangue la misera Italia, riguardato con orrore dai suoi stessi cortigiani per la guerra sacrilega che faceva alla Chiesa, e percosso finalmente dai lombardi a Legnano 65, cominciò a pensare alla sua pace ed alla riconciliazione con il Pontefice. Questo ci mena a seguire per la via del mare le navi che conducono Alessandro terzo a Venezia, luogo designato per il congresso del Papa, dell'imperadore, dei deputati lombardi e siciliani, e d'ogni altro che avesse ragioni in quel trattato. Io metto da banda qualsivoglia disamina di diritti e di giurisdizioni, ma seguendo mio stile e mio proposito tratto la pura storia del viaggio marittimo del Pontefice.

- 1177.

Alessandro terzo deliberato alla partenza ordinò le cose di Roma, lasciò un vicario con grandissima autorità, e scelti al

65. Federigo fece la prima impresa d'Italia nell'ottobre del 1134: la seconda in luglio 1158: l'imperadrice gli condusse un terzo esercito per l'assedio di Crema in luglio 1159 i principi allemanni scesero in Italia con il quarto nel 1161, che fu quello onde Milano andò distrutto nel 1166 Federigo alla testa del suo quinto esercito si avanzò sino a Roma, ove fu disertato dalla peste: si consumo quasi tutto il sesto nell'assedio di Alessandria: la lega lombarda distrusse finalmente il settimo a Legnano presso il Ticino a di 29 maggio 1176.

cuni cardinali e famigliari per seguirlo cavalcò alla volta dell'Adriatico passando da Benevento e Siponto sino al Vasto, ch'è ricca ed antica città del regno alle radici del monte Gargano. Colà giunse l'augusto viaggiatore a dì nove Febrajo 1177, e ritrovò presso alla marina già preparate alcune galere che dovevano condurlo a Venezia insieme ai due rappresentanti del re di Sicilia, ch'erano Romualdo arcivescovo di Salerno, scrittore dell'istoria ch'io seguo, e Ruggero conte d'Andria gran contestabile e giustiziero del regno: i due ambasciadori tenevano ancora il carico dal loro sovrano di complire con sua Santità, ed in ogni parte servirlo ed onorarlo conforme al merito e dignità sua. Correva stagione invernale e tempo quasi sempre procelloso, talchè i nocchieri siciliani di giorno in giorno menando la partenza ritennero il Papa un mese al Vasto; nel qual tempo alcuni cardinali, prognosticando male del viaggio di mare, presero licenza e cavalcarono tanto, dallo Abbruzzo alla Romagna, che rinvennero l'imperadore alloggiato in Ravenna: gli altri cardinali poi restarono in quel luogo attorno al Papa riguardando la marina sempre turbata dai venti e dalle tempeste 66.

E ripensando alla lunga espettazione del viaggio, tra lo stormir della presente burrasca e il risonar delle passate molestie la gente minuta sospettò, che Federigo avesse ripigliato il corso delle ostilità contro Alessandro, e da qui ne venne una filza di novellette, cioè la fuga del Papa, la dimora secreta negli orti di Venezia, il riconoscimento fortuito per alcuni romani; e di più la sconfitta dell'imperadore in battaglia navale per opera dei veneziani, la prigionìa del figlio ed altri diversi falsamenti, che se per alcuni storici ebbero credito per altri molti e gravissimi furono confutati. Anche i veneziani hanno preso a rettificare in questa parte l'istoria patria, e non dubito che altrettanto debba succedere quando che sia tra gli anconetani, e che dismettano il costume di ricercare i fatti loro tra simili novellette, appresso alle quali si è taluno così ciecamente per

66. ROMUALDUS SALERNIT. Chron. S. R. I. Tom. VII. p. 217.
CARD. DE ARAGONIA. Vita Alex. S. R. I. Tom. II. P. I. pag. 468.
SIRE RAUL. De gestis Friderici. S. R. I. Tom. VI. p. 1193.
JAFFE. Reg. Pont. Rom. Ann. 1177.

duto da citare in favor suo il Baronio per certo passo, ch'e' allega a solo fine di confutarlo 67.

Ma tornando al proposito, poichè il buon tempo finalmente arride ai voti dei naviganti, noi ci troviamo sulla mezzanotte precedente al dì nove marzo ch'era il primo mercoledì della quaresima, quando i nocchieri dopo aver considerato attentamente i venti e le stelle giudicarono che fosse buon tempo a partire per la mattina, e mandarono invitare il Pontefice all'imbarco. Questi levossi per tempissimo, offerì a Dio l'incruento sacrificio, prese le ceneri, ed entrò nella sua nave, ch'era la galera capitana di Sicilia molto bene addobbata; i cardinali ed i prelati montarono sopra dieci galere sensìli, e le due altre furono caricate con le provvigioni e le chinee della corte papale 68. Bello era il vedere la squadra delle tredici galere navigare in ordinanza sopra il mare tranquillo con gonfie le vele e propizio il vento: precedeva la capitana velocissima galera sotto lo stendardo del Pontefice romano seguivano le altre in nobile corteggio sottovento, tutte rispettosamente cedendo il passo alla più degna, e tutte manovrando in un tempo al modo istesso, dolcemente inclinate con le antenne parallele tra loro e normali al vento, abbellite di bandiere e gagliardetti, e sfoggiate dei più vaghi colori porporine le tende, dorate le poppe, bianche le vele, e bianche le spume sul campo azzurro e lucente del cielo e del mare. Ma il felice cominciamento non durò più di sei ore mentre che sul mezzodi della medesima giornata saltò il vento

67. Il più antico scrittore il quale abbia favoleggiato sul viaggio di Alessandro III è ANDREA DANDOLO che scrisse due secoli dopo, cioè nel 1340. Fr. GALVANO FIAMMA copiò il romanzo così che divenne celebre e fu adottato dal TARCAGNOTA, dal PLATINA e da altri. Il padre FORTUNATO OLMO si studiò con un suo libro di rinfrescarlo nel 1629, ma non consegui altro che la censura solenne e inappellabile del MURATORI, FELICE CONTELORI custode della biblioteca Vaticana ne trattò di proposito nella sua opera intitolata: Concordiæ inter Alexandrum III et Fridericum I Venetiis confirmatæ narratio ad veritatis præscriptum stabilita in-fol. Parisiis 1632. Anche il chiar. cavalier CICOGNA, ed il nobile ANGELO ZON ambedue veneziani hanno ripudiato le favole dell' OLMO. Vedi l'opera del cavalier ExMANUELE CICOGNA. Iscrizioni veneziane, in-4. Tom. IV. p. 574. Tra gli storici anconetani soltanto il PERUZZI confuta la favola, che gli altri avidamente raccolgono perchè quivi fa comparsa la patria loro.

68. ROMUALDUS. Cit. p. 218.

DE ARAGONIA. Cit. p. 469.
CONTELORI ut sup. p. 179.

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