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modo e per quei tempi facevano armata navale anche i Papi chiamando alle bandiere il naviglio delle città loro marittime, specialmente dei governatori e conti dell'Etruria papale; quindi mi si fa necessario per molti rispetti il preparare la narrazione dei fatti susseguenti con alcuni cenni sopra il geografico ripartimento della Toscana nel medio evo.

Dall'ottavo secolo all'undecimo non si ristringeva la Toscana in quegli angusti limiti ai quali oggidì si riduce, ma con maggiore e più ampla estensione abbracciava tutto il paese che dalla diritta del Tevere si prolunga tra il mare e gli Appennini sino alla sinistra della Macra: talchè nominando allora le Tosche contrade s'intendeva non solo di Pisa e Fiorenza, ma anche di Orvieto, Perugia, Viterbo, Civitavecchia e per sino della città del Porto romano che, sorgendo alla diritta del Tevere, veniva considerata come parte di Toscana. La qual regione poi in tre modi principalmente si divideva sotto il nome delle tre Tuscie, cioè a dire la romana, la longobarda, e la ducale 25. Le due prime di queste tre parti spettavano al dominio pontificio: imperciocchè da esso già dipendeva per la primitiva dedizione spontanea la Tuscia romana come parte integrale del ducato di questo nome, ove si annoveravano le città etrusche di Ceri, Porto, Civitavecchia, Bieda, Martorano, Sutri, Nepi, Gallese, Orta, Bomarzo, Amelia, Todi, Perugia, Narni ed Otricoli. Egualmente per donazione imperiale spettava a Roma la Tuscia tolta ai longobardi, dai quali si denominava, con le città d'Orvieto, Castelfelice, Bagnorea, Ferento, Viterbo, Vitorchiano, Marta, Toscanella, Populonia, Soana e Rosella 26. Rimaneva la Tuscia ducale governata dai duchi a nome dell'imperio, ed in essa Luni, Pisa, Lucca, Firenze, Volterra, Pistoja, Cortona, Siena, Arezzo e Chiusi. A bene intendere pertanto le cronache antiche e la storia nostra che a quelle si riporta fa mestieri tener segnato nella memoria che ovunque per quei tempi ricorrono i

P. DANIEL. Histoire de la milice Françoise, in-4. Paris 1721. Tom. II. p. 620. EUGENE SUE. Histoire de la marine Françoise, in 8 Paris 1835 T. II. p. 142. 25. Fu chiamata anche reale.

26. Diplomata donationis seu confirmationis dominationis pontificia a Ludovico Pio, Othone. et Henrico imperatoribus data ap. CAJETANUM CENNI, Codex Carolinus. In-4. Romæ 1760. Tom. II. p. 125. 157. 187. 212.

MURATORI. Tabula chorographica medii æv. S. R. I. Tom. X. p. cxcvii, ccxvi.

fatti di Toscana debba farsi comprensione non solo della Tuscia ducale, ma anche delle altre due spettanti al dominio pontificio ed io quando mi occorra chiamerò tutta intiera la provincia dal Tevere alla Macra non già col nome antico d'Etruria che menerebbe il discorso a troppo grande lontananza di luogo e di tempo allorachè questo nome empiva di se tutta l'Italia; e nè anche userò quello di Toscana che si stringerebbe ai confini dell'attual granducato; ma scriverò il termine di Tuscia, come volgarmente si costumava nei bassi tempi; e ciò che di essa fia detto valga a significare ogni luogo compreso tra il Tevere e la Macra, tra l'Appennino ed il mare, tanto delle provincie attualmente fiorentine, che delle romane.

V. Alle marine della Tuscia per tanto erano nell'ottavo secolo infeste due maniere di nemici, che insieme s'incontrarono ad ordine di opposizione, così che mentre gli uni terminavano il periodo della nimistà, gli altri si mettevano alla prima prova di cominciarla; questi erano i greci ed i saracini. I primi dopo la cacciata da Roma agitati dalla rancura del perduto dominio, dall'odio al nome latino e dalle religiose dissensioni arrovellavano di mala rabbia, e sul mare facevano quel dannaggio che maggiore potevano alle navi ed alle persone che si erano sottratte dalla greca servitù. Per le mani di costoro venne il misfatto della distruzione di Populonia città nobile del tosco mare, che mai più non risorse dalle sue ruine per gli stessi greci fu anche assaltato Comacchio negli stati pontifici sull' Adriatico, e quantunque con gravissimo loro danno e vergogna rimanessero da quei terrazzani e presidio valorosamente ributtati, tuttavia non lasciavano di scorrazzar i due mari, e le loro infestazioni riuscivano più che dire qui non si possa alla navigazione molestissime. Tanto più che quasi nel mezzo all'Italia essi avevano non solo ricetto, ma anche favore tra le genti longobarde con le quali si erano collegati in amicizia grandissima, quanto era grande l'avversione che gli uni e gli altri insieme nudrivano contro l'imperadore e contro il papa 27. E tra

27. LUDOVICO A. MURATORI. Annali 809. in fine.
CENNI cit. T. I. p. 370. nota 4.

ORSI. Storia Eccles. anno 775. lib. LIV. n. 91.

DOMINICUS GIORGI. De cathedra episcopali Sethina. In-4. Romæ 1719. p. 30.
COSIMO DELLA RENA, dei duchi e marchesi di Toscana. In-fol. Firenze 1690. p. 81.

le altre molte calamità che dalle escursioni dei greci e dalla amicizia loro co' longobardi provenivano vuolsi annoverare il mercimonio degli schiavi ridotto all'estrema bruttura. Il diritto pubblico di quel tempo riconosceva la schiavitù, vale a dire la suggezione dei servi ai padroni, così che quelli o fossero tali per la nascita, o per titolo di guerra, di debiti, di pena e di spontanea vendizione non potevano aver nè libertà nè diritto civile, anzi dovevano rimanersi come cosa e possedimento dei padroni; e questi avevano autorità non solo di venderli e donarli, ma anche di esercitare un imperio quasi assoluto, donde poi pullularono abusi crudelissimi e disumani. La religione cristiana trovò gli uomini tra le catene che allividivano le mani rilegate e rilegatrici; e facendo sentire la parola di fraterna carità disciolse il vincolo di ferro che opprimeva l'umana famiglia: ma non fu tanto sollecito il beneficio nè tanto completo che nell'ottavo secolo non rimanesse alcun vestigio di quel morbo pertinace, come oggidì ancora ne resta sulle rive africane donde si traggono i mori a dure schiavitù, qnantunque riprovata dalla presente civiltà. I bizantini pertanto facendo scala nelle Tosche marine si appressavano ai longobardi dai quali comperavano a vil prezzo gli schiavi per rivenderli poscia a maggior valuta in altre parti anzi circa l'anno 777 comperarono ancora molte famiglie di gente libera, perchè essendo cresciuta tra le guerre feroci e tra le stagioni stemperate la carestia e la fame, quei tapini che non avevano modo a procacciar vittovaglia per campar la vita, andavano da se stessi con la moglie e con i figli a vendersi per mancipi dei greci e costoro, cui tormentava un'altra fame più spietata, cioè quella dell'oro, rivendevano per iniquo mercato quegl' infelici nelle mani dei saracini, onde poi andavano cattivi in Africa o nelle Spagne dannati per sempre a vil mestiero, e peggiori molestie contro la fede e la virtù.

778.

Il pontefice Adriano fatto consapevole di tanto malificio, e dell'oltraggio che sotto quasi agli occhi suoi la umanità e la religione ricevevano, pensò al riparo, si argomentò ricuperare gli schiavi, impedir quel traffico, arrestare i greci, e sterminare il naviglio scellerato. Conforme al costume che nel suo

tempo tenevano i principi, bisognò che si rivolgesse ad un cotal feudatario chiamato il duca Allone, comandando a lui che dovesse di presente mettere insieme un certo numero di bastimenti, raffrenare i pirati, ed eseguire i suoi disegni. Chi fosse costui, che novero di genti e di navi tenesse, ove svernasse, e quanto fosse dipendente dall' autorità di papa Adriano non è facil cosa a chiarire dopo undici secoli. Tuttavia asserisce il Muratori 28 che egli fosse governatore a Lucca, e che non avesse comando in tutta la Tuscia ducale, perchè si trovano nel tempo istesso due altri duchi in quella parte, cioè Reginaldo a Chiusi, e Guindibrando a Fiorenza. È certo però che Allone duca poteva disporre una armata navale, e che papa Adriano o per diritto proprio, o perchè con lui navigassero alcuni conti sudditi suoi, o per concessione speciale di Carlo magno aveva sopra al predetto Allone una certa sopraintendenza o comando; talchè il Muratori istesso, buon giudice di simili materie, vorrebbe quinci dimostrare che Carlo re avesse ad Adriano papa conferito il supremo ordinamento di tutta l'Italia, ed una alta giurisdizione sopra tutti i ministri regì che la governavano 29. Il nome del duca Allone è giunto a noi marchiato di mala fama per diversi misfatti, e specialmente per l'attentato di omicidio proditorio sopra la persona di Gaufrido pisano allorchè veniva ambasciatore della corte del re Carlo a quella di Adriano papa 20, e nel caso presente è certo che all'onore e debito suo non corrispose, nè fece contento il pontefice, nè troncò il corso al disordine disumano, nè produsse ragioni sufficienti del suo rifiuto.

Ma al tempo stesso è cosa certa che meglio d'ogni altro obbedirono a papa Adriano i civitavecchiesi, perchè essi furono che dettero sopra ai bastimenti dei greci, li sottomisero, l'equipaggio imprigionarono, e presso al porto della loro patria abbruciarono il naviglio dei pirati, che al dir del Cenni e del Panvinio era di moltissimi bastimenti . E tale effetto salutare poi

28. MURATORI. Annali 775. e 785.

29. MURATORI. Ann. 785.

DELLA RENA cit. p. 78. 81.

20. MURATORI. Ann. 775.

DELLA RENA cit. p. 80.

CENNI cit. ep. LV. Hadriani papæ.

31. Gloriatur Pontifex quod græcorum naves combusserit plurimas in portu centumcellarum « CENNI citat. epist. LXV. T. I. p. 368. nota 1. ex PANVINIO.

ne venne, che dopo quel vortice di fiamme, e quell'incatenamento di prigionieri non si trova più memoria che la turpitudine del traffico niquitoso si riproducesse per parte di coloro che ne ricevettero dai civitavecchiesi la esemplar punizione. Un tal fatto ridonda a lode della nostra marina, comechè sin dal principio nobilmente dispiega il suo carattere nella difesa degli oppressi, e nella punizione degli scellerati. Ma non avendo altra guida che mi scorga a discendere nei particolari di questo notevole avvenimento; me ne passerò innanzi a dichiararlo meglio per le sue conseguenze, e per le interpretazioni che ai nostri tempi ne furono scritte.

Alcuni degli schiavi cristiani menati via celatamente dai greci, e pei rivenduti ai saracini erano stati trasportati nelle Spagne e poichè allora appunto contro i mori al di là dei Pirenei combatteva Carlo magno quelle battaglie che furono poi tanto celebrate dalla classica letteratura, avvenne che egli ritrovasse tra mezzo agli infedeli molti schiavi italiani i quali gli si rappresentarono per ricuperare la libertà e tornare alla patria. Taluni anche lasciarono correre parole ingiuriose ai romani ed allo istesso Adriano, come se fossero stati consenzienti ai loro danni; talchè il re Carlo fece scriverne le querimonie, e mandò a Roma una epistola al papa affinchè notasse e provvedesse al disordine, appunto allora che era già corso il rimedio.. E quantunque la lettera di Carlo, al paro d'innumerevoli altri documenti dell'antichità, sia perita; e niuno possa al presente confidare nè di reperire i termini precisi di quella, nè i fondamenti delle accuse; nondimeno è piacciuto al Sismondi infilzare sopra a quel tenuissimo filo di reminiscenza alquante sue dubitazioni sul conto del pontefice e dei romani 32. Fia bene notare la scap

VITA ET EPISTOLE PAPE HADRIANI. S. R. I. T. III. P. II. p. 220.

ORSI. Stor. eccl. an. 775. lib. LIV. N. 90.

MURATORI Ann. 785.

DELLA RENA cit. ut sup.

BARONIUS cum notis PAGI. Ann. 778. N. 17. ed. Lucæ 1743. Tom. XIII. p. 137. Seguo la cronologia del CENNI, del PAGI e del JAFFE che riducono questi fatti all'anno 778; ed escludo il 785 del MURATORI. I primi per numero ed autorità prevalgono, ne trattarono più di proposito, e la data loro meglio ribatte coi fatti antecedenti e susseguenti dei greci della fame, e dei longobardi.

32. I. C. L. SIMONDE DE SISMONDI. Histoire des Français, in-8. Bruxelles, 1836. T. I. Partie II. Chapit. 1. p. 432.

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