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stretta sommissione, che fu nel primo modo da alcuni asserita, e nel secondo dagli altri negata. E siffatto spiegamento si converte quasi in certezza al veder poi che gli anconetani divenivano alleati dell'imperadore e lo compensavano con quel che non aveva, cioè coll'armata navale per estirpare lo scisma del regno di Napoli, e frenare le ostilità del re Rugiero.

Imperciocchè l'annalista Sassone insegna agli storici anconetani una cosa assai più degna d'esser trattata che non è la disputa della sommissione a Lotario, per la quale perdutamente fuorviati non avvisarono una delle più belle glorie della patria loro per il secolo duodecimo. Chiamerò io dunque l'attenzione loro in questa parte a considerar la potenza marittima d'Ancona, che dopo la gagliarda resistenza fatta contro a così potente imperadore, acconciatasi dappoi con lui e senza discapito suo, ebbe tanto da somministrargli cento bastimenti per trasportar le genti e le munizioni, che s'incanminavano alla conquista del regno di Napoli. Il concorso di un' armata di cento vele anconitane in servigio dell' imperadore viene esplicitamente indicato dall'annalista, il quale prosegue a narrare le vicende della impresa come io quì appresso verrò compilando. L'Augusto prese le vie di terra con la maggior parte dell' esercito suo, e dopo la Pasqua valicò il Tronto, entrò nel regno, occupò il Gargano, e vittoriosamente scorse la Puglia e la Calabria con altri notevoli progressi di là nel mare Mediterraneo aveva alleati i pisani, che a nome suo occuparono Amalfi e qualche altra terra di minor levata. Di quà nell' Adriatico teneva seco l'armata d'Ancona, alla quale dovette la occupazione di Trani, presso al cui porto fece la giornata con la flotta del re Rugiero composta di trentatrè vascelli, dei quali otto furono sommersi e gli altri cacciati in fuga 31. Che se di queste cose magnificamente fatte dagli anconitani io non posso darne miglior ragguaglio, questo è contro mia volontà per difetto di quelli scrittori, che avrebbero dovuto assai prima di me trattarne. Costretto quindi a passar oltre indi

31. ANNALISTA SAXO apud. PERTZ. S. R. G. T. VIII. p. 773.

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RONCIONI. Storie pisane. Arch. St. It. T. VI. Part. I. p. 243. -Questo autore per il prurito di sublimare il nome pisano, confonde manifestamente più volte Trani ch'è nello Adriatico con Amalfi, che sta nel mare Mediterraneo, come se fossero due luoghi cosi vicini da pigliarsi insieme con le due mani.

cherò gli avvenimenti successivi ponendo in scorcio quel che occorre per la chiarezza del racconto.

Lotario dalla Puglia passò in Calabria e discese alle marine inferiori del Mediterraneo ove trovò i pisani: occupò Salerno e sottrasse quella città al saccheggio cui la destinavano gl' ingordi alleati. Quindi ne venne dissapore tra i pisani e Lotario quelli si ritirarono; questi lasciò tra varie fortune di guerra il nuovo duca di Puglia Rainone contrapposto a Rugiero, e viaggiando verso la Germania l'istesso anno passò di vita. A lui successe Corrado III che prese la croce e fece il passaggio in Oriente, e poi fu eletto re di Germania e futuro imperadore Federigo primo di Svevia soprannomato il barbarossa, del quale frequentemente nei capitoli seguenti dovrò favellare.

1152.

XI. Federigo era nel fior dell'età che non giugneva ancora ai trent'anni, quando Corrado III sentendosi infermo a morte e non avendo altro figliuolo che un fanciulletto d'età immatura ed inetto al governo, propose ai principi dell'imperio ch' eleggerlo dovessero imperadore. Il desiderio imparziale di Corrado fu poco dopo la sua morte compiuto nella gran dieta di Francoforte il dì quattro marzo 1152, allorachè per comuni sufragi restò fermata la elezione in favore dello stesso Federigo con tale applauso e tante speranze, che in tutta Germania ed Italia i popoli se ne rallegrarono come di cosa desiderata e graditissima. Imperciocchè oltre alla gioventù e robustezza sua, oltre alla grandezza dei natali e nobiltà dell'animo, e'già si era per le opere reso commendevole in pace ed in guerra, massime nell' Oriente, ove aveva fatto mirabili cose nel campo di Corrado. Questo uomo fornito d'ogni dono di natura e d'arte avrebbe avuto un regno felice per sè e pe' sudditi, se la superbia, la pertinacia, la nimicizia ai papi, e quindi lo scisma e la crudeltà non l'avessero travolto in un abisso di tante sciagure e nel disordine di tante lagrime e di tanto sangue, che non ebbe fine se non con la tragica sua morte 2. Vedremo al

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32. Quis enim similis erat Friderico in filiis hominum antequam in tyramnum verteretur ex principe, et ex catholico imperatore schismaticus et hæreticus fieret? Inter epistolas sancti Thomæ Cantuar. editas a Christiano Lupo. in-4, Bruxellis 1682. Tom. I. p. 284.

cune cose di lui che alle nostre si legano, ed intanto faremo principio dal notare che Federigo disegnava per massima di stato aumentare la possanza del principe, opprimere quella dei comuni, ed aggirare ad un suo cenno tutta l'Italia con quelle disposizioni d'animo, che poi gl'italiani e specialmente i milanesi sperimentarono. A questi suoi divisamenti trovò contrario papa Adriano IV; ne vennero dissapori tra le due parti, che l'astuto lasciò scorrere innanzi per qualche tempo sinchè (all'entrante di settembre 1159) Adriano morissi, ed alla sua morte palesamente scoprì l'animo ostile.

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Imperciocchè tre giorni dopo, che fu il quattro di settembre, gli elettori raunati per dare un successore al defonto Pontefice concorsero per maggioranza di suffragi nella persona di Rolando Bandinelli prete cardinale del titolo di san Calisto e cancelliero di santa Chiesa, che dopo aver ripugnato quanto onestamente si potesse, finalmente accettò il carico ed assunse il nome di Alessandro III. Si riunivano bellamente in questo personaggio tutte le doti degne di un Pontefice, esso dotto esso pio, esso sperimentato, talchè tutti i buoni lo riguardavano come formato dalla provvidenza a bella posta per reggere la Chiesa di Dio in tempi pericolosi : anche san Bernardo quando era in vita ne aveva conosciuti ed esaltati i meriti. Ma allora appunto un cotale ambizioso cardinale Ottaviano, che segretamente se la intendeva con Federigo, ed aspettava l'occasione di satisfare ad un tempo alle sue voglie ed a quelle dell'imperadore, dette principio a quello scisma, per il quale dal 1159 sino al 1180 ne vennero l'uno appresso all' altro quattro antipapi con grandissima confusione della Chiesa e danno della società. Federigo voleva tenere in Roma un Papa amico, condizione di prima levata per il compimento dei suoi disegni: ed Ottaviano, ch'era stato poco prima alla corte di esso imperadore ed aveva seco lui già disposto il trattato, colse il destro della elezione, nella quale avendo da certi suoi cagnotti riportati due miseri voti prese pretesto a chiamarsi eletto papa. Per la qual cosa acciecato nel bogliore della passione, senza rispetto alla santità del luogo ed alla libertà dei suffragi, anzi calpestando manifesta

mente ogni diritto divino ed umano, essendo elezione già fatta, strappò di dosso ad Alessandro il manto pontificale, e furiosamente sbracciava per ricuoprirne la sua persona. Se non che essendosi a lui contrapposto un senatore romano che gli stava da presso perdette quel manto e mentre alcuni quivi lo raddrizzavano per rimetterlo ad Alessandro, esso di presente fece venirne un altro che teneva già preparato di riserva presso al suo cappellano, e ratto come lampo volendo ammantarsi prima del Papa indossò la cappamagna a rovescio, traendosi la coda al petto ed il collare alle calcagna, di sorta che ne fu deriso pubblicamente per sogghigno di giusta indignazione, mentrechè da sè stesso e' si puniva in quella cosa appunto in cui peccava. Il volgo di Roma, fin dagli antichi tempi argutissimo nei suoi frizzi, il chiamò Scappa-compagno.

Non finirono così quelle scene spiacevoli; poichè Ottaviano con guardie ed armati che dal cenno suo ed imperiale dipendevano prestamente si fece superiore, cacciò nelle prigioni Alessandro e tutti i cardinali del suo seguito, ve li ritenne tutti per nove giorni, sino a che il popolo romano non potendo più soffrire tanta oltracotanza levossi in arme, e con la forza costrinse l'antipapa a rilasciare Alessandro ed il collegio dei cardinali, che tutti insieme furono condotti per Roma a magnifica ed onorevole cavalcata 33. E non volendo forse nè l' una nè l'altra parte sparger sangue, uscirono di Roma a un tempo ambedue, il vero ed il falso pontefice: Alessandro per la porta latina andò a consecrarsi in una terra oggi distrutta che si chiamava la Ninfa, Ottaviano per la porta salaria passò al monasterio presentemente desolato di Farfa; le due parti scrivevano lettere encicliche all' orbe cattolico per convalidare ciascuno la sua elezione, e chiamare i fedeli all' obbedienza; e Federigo mostrandosi zelante della unione di santa Chiesa intimò un parlamento o concilio a Pavia, ove essendo subitamente comparso Ottaviano e non Alessandro per quei rispetti che ciascuno intende, l'assemblea delusa dai cortigiani, che dipinsero Alessandro coi più negri colori lo diffamarono come nemico dell'impero, mossa

33. RADEVICUS. Gesta Friderici. MURAT. S. R. I. Tom. VI. pag. 840.
CAFFARUS. S. R. I. Tom. VI. p. 273.

CARD. DE ARAGONIA. Vita Alexandri III. S. R. I. Tom. III. Parte I. pag. 448.

anche dalla paura, dalla ignoranza e dalla adulazione riconobbe per vero il falso papa a grande trionfo della politica del Barbarossa e della potestà delle tenebre.

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Quale dovesse essere allora lo scompiglio dello stato meglio possono intendere le menti che le parole esprimere. Le città e le famiglie divise parteggiavano, ed i Baroni profittando della confusione occupavano le terre forti ciascuno a sua possanza e a danno della comune salute. Pietro Frangipani di Terracina e di Sezze impadronivasi: Guido Colonna pigliava Frosinone e Norbano: Jacopo il prefetto di Roma beccava Viterbo : Niccolò Orsini dell' Anguillara faceva testa alla Tolfa e Santasevera 3. Altri molti piantavano dominio in altre castella: le armi di Federigo e dei scismatici tenevano compresse le provincie, e Roma stessa non era sicura per Alessandro; della sua parte non si teneva più che la provincia di Campagna, Anagni, Terracina, Civitavecchia ed Orvieto. Ma ben fu egli riconosciuto per legittimo Pontefice in Francia, in Inghilterra, nell' Ungherìa, nelle Spagne, in Sicilia e Gerusalemme, come pure in quelle città di Lombardia che guerreggiavano contro Federigo. Per la qual cosa vedendo troppo grande intorno a Roma il poter degl'imperiali e dei scismatici, prese risoluzione di passare in parte ove i suoi nemici non potessero offenderlo, e prescelse la Francia come luogo di rifugio per la persecuzione gravissima che sosteneva. Lorenzo Bonincontri dice, che papa Alessandro s'imbarcò sul Tevere con poca gente in un battello e se ne andò prima a Civitavecchia 35, segno che la detta città si teneva a sua divozione, e di là navigò a Terracina, ove Guglielmo il re di Sicilia, tutto aderente a lui, perchè Federigo ed Ottaviano gli facevano paura, aveva fatto apparecchiare quattro belle galere a condurlo in Francia. Erano gli ultimi giorni di decembre del 1161 allora che caricate a bordo le provigioni e le masserizie necessarie al viaggio, imbarcato il sacro collegio, i vescovi, i personaggi della corte e le famiglie dei cardinali, nulla

34. LAURENTIUS BONINCONTRI. Hist. Sicula. Lib. III. ap. LAMIUM inter Delicias eruditorum. in-8. Florentiae 1737. T. V. p. 148,

35. L. BONINCONTRI. Hist. Sicula Lib. III. ibid. pag. 158.

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