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luzione di difendersi colle armi. In quella trepidazione le due parti parlamentarono e tanto prevalse il contegno e la virtù dei nostri marini, che gl'imperiali persuasi ancora dello sbarco del Papa, come era in verità successo sin dalla notte precedente, si ritirarono dall'impresa. E mentre essi consultavano il da fare, incerti del partito a prendere per ritrovar colui che si era un'altra volta sottratto alle loro ricerche, le due galere sforzarono il passo ed entrarono per mezzo il mare. Nella notte successiva il Pontefice fu ricondotto a Porto, le galere lo raccolsero con tutti cardinali, vescovi e prelati, e spiegando le vele al vento lo menarono felicemente nel terzo giorno alla spiaggia di Terracina, e nel quarto al porto di Gaeta, ove da quei concittadini suoi ebbe amorevole ricevimento, concorrendovi da varie parti Guglielmo duca di Puglia, Roberto principe di Capua ed altri baroni vescovi ed abati per onorarlo nell'esilio.

Or che il principe ha preso terra al termine di sua navigazione, mentre egli in varie parti del regno cavalca, io mi rimango nel porto di Gaeta co'miei lettori a considerare più da presso alquante cose di quelle galere che lo condussero pel fiume e pel mare a salvamento. Delle quali dirò che fossero galere pontificie condotte dai romani e armate di gioventù latina imperciocchè Pandolfo Pisano, che minutamente descrive i fatti e le circostanze della fuga, alla quale egli medesimo siccome segretario del Pontefice fu in ogni parte presente, nomina le due galere di Roma senza più 17, facendo segno certo che ad altri non appartenessero, ma che anzi fossero sotto ogni rispetto cosa propria di coloro presso ai quali si trovavano. Nè i genovesi, nè i pisani, nè altra qualunque nazione ha giammai mostrato presunzione, o scritto nelle storie di averle mandate; cosa che non avrebbero certamente tralasciata per ricordare i propri meriti e servigi, come in altre simili circostanze hanno sempre praticato. Solamente i genovesi negli annali 18 si gloriano aver spedito alcune galere a Gaeta per levare il Papa da quel porto e

17. PANDULPHUS PISANUS. Vita Gelasii II. MURAT. S. R. I. p. 385. « Siquidem flumen Tyberis maturato intraximus, et per galeas duas ad portum usque descendimus. » - Vedi le note e i documenti citati al Lib. I. n. 101. 102. e 136. н. 18. JACOBUS A VORAGINE. Chron. Januense S. R. I. Tom. IX. p. 35. UBERTUS FOLIETTA. Histor. anno 1118.

CAFFARO ann, detto.

menarlo a Genova; ma questo non toglie ch'esso Papa già ci fosse arrivato con le galere sue fuggendo da Roma; anzi indirettamente lo conferma, tanto più ch'essendo stata quella una necessità impreveduta e repentina non poteva ammettere la dilazione di mandare, nè di aspettare da lungi per l'altrui soccorso. Pandolfo avrebbe notato il caso e la provvidenza se per fortuita accidentalità o per diligente disposizione fossero state le due galere tanto opportunamente ritrovate in quella distretta, ed in quel luogo. Dunque per tutte le ragioni esplicite e dirette come per le indirette ed implicite erano galere pontificie, che scortarono la persona del principe, e fecero attorno a lui tal guardia e difesa, che superando gli ostacoli dei nemici, degli elementi, del fiume e del mare, corrisposero alle speranza di colui, che s'era alla fede e virtù della romana marinerìa confidato. Questo è un fatto da non lasciarsi trapassare senza speciale ricordanza, perchè fa palese molti belli ordini d'artificio e di destrezza diretti a conseguire buon termine nella impresa per molti capi difficilissima, mentre l'esperienza e la storia hanno dimostrato, che siffatti trafugamenti non sono sempre, nè anche a potentissimi monarchi, felicemente riusciti. Quì ancora si pare come i pontefici romani possano dalla loro marina essere nei pressantissimi bisogni sovvenuti, e come gli antichi governanti ne tenevano conto; massime allorachè per le fazioni e per le guerre degli scismatici imperadori e degli ambiziosi antipapi si trovavano sempre attorniati dai pericoli, onde più volte per opera dei loro marini scamparono.

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VII. Intanto l'imperadore, scorrubbiato per la fuga di Gelasio, dimorava in Roma; e dall' una all'altra enormità precipitando se stesso e la Chiesa applicò l'animo allo scisma. Ragunò un conciliabolo con alquanti ribaldi del clero e del popolo, e fece eleggere in Roma l'antipapa. Toccò la vergogna di questo nome ad un cotale Maurizio Burdino già arcivescovo di Braga in Portogallo, che viveva scomunicato sin dal tempo di Pasquale secondo, e che trovò pure alcuni legisti prezzolati a spargere tra la plebe le sue lodi, e la validità della sua sacrilega elezione 19. Cominciò l'infausto dramma, Burdino am

19. MURATORI. Annali 1116. 1118.

bizioso si ammascherò da papa, fece chiamarsi Gregorio ottavo, entrò nel teatro del mondo, tolse corona e strascico, chinea e gualdrappa, benediceva contegnoso agli amici, e malediceva a Gelasio. Appresso gli veniva Arrigo quinto re dei romani festeggiando l'idolo suo in chiesa ed in piazza: poi facevasi assolvere dalle censure, e riceveva per le sue mani l'eucaristia e la corona dell'imperio all'altare del Vaticano. Oh! tempi ben più tristi dei tristissimi che si possano per ogni età ricordare! Molti erano in quei giorni i romani buoni che piangevano ed oravano; alcuni altri pochi e corrotti corteggiavano e lucravano; e la turba della plebe minuta faceva come farebbero le genti d'ogni altra nazione, travolta in quel vortice di fatti e di diritti, al quale non giugneva nè la mente, nè la mano di quei meschini per intenderlo o dominarlo. Certo è nondimeno, che papa Gelasio nelle lettere si lodò della condotta dei romani e fece testimonianza onorevole al suo gregge, dicendo; la elezione dell' antipapa essere stata opera dell'imperadore e non dei romani, i soli guibertini scismatici averla procurata, la gloria infame dello intruso essere stata celebrata senza la società del clero e del popolo di Roma, sommamente commendevoli per l'amor loro, per la fedeltà, e per non aver comunicato alle tenebrose operazioni degli invasori 20. Simili cose degli stessi romani scrive ai vescovi ed al clero di Francia l'istesso Papa 24.

Ma non per questo finiva il disordine; anzi dopo le scene laide del falso papato succedevano le tragiche delle veraci battaglie tra le scismatiche genti imperiali e le cattoliche schiere pontificie, nelle quali i primi ebbero la peggio e dovettero sciogliere l'assedio, ch' erano andati a mettere intorno al castello della Turricola; per la qual cosa Enrico avendo conseguito la corona, il papato, le investiture e ogni altro principal suo intendimento, non volendosi più consumare inutilmente in Romagna si partì per Lombardìa, lasciando al Vaticano la pietra dello scandalo, Burdino Bragarense, assicurato in luoghi forti e stipato dal possente presidio delle armi straniere.

20. GELASII II. Epistola ad Clerum et populum romanorum ext. inter BALUZI Miscell. Tom. I. p. 145. et apud MANSI Concil. Coll. Florentiæ. 1759. in-fol. T. XXI. p. 168.- BARONIUS. Ann. 1118. n. 10. JAFFÈ cit. n. 4882.

21. MANSI ut sup. p. 166.

BALUTIUS ut sup. p. 143.

JAFFE cit. n. 4884.

Avvenne poco dopo che alcuni dei gelasiani poco prudenti inducessero il Pontefice a ritornare alla sua sede quando vi rimanevano ancora troppo possenti gli avversari; e questo produsse altri disordini, per i quali dovette il Papa fuggire un'altra volta per le vie stessissime dei mari sino alle riviere di Francia. Gelasio celatamente da Capua e Sangermano fu condotto a Ferentino e ricevuto in Roma nelle case di Stefano e di Pandolfo Normanni, ove lo sostenevano le possenti e nobilissime famiglie romane dei Pierleoni, dei Corsi ed altre. A questa che già era precoce e pericolosa risoluzione si aggiunse la imprudenza del cardinal Desiderio, il quale pel suo nome e pe' suoi fatti lasciò in Roma un esempio tradizionale a tutti i malarditi, che a conseguir buoni effetti non basta il buon desiderio disgiunto dalla circospezione e saviezza. Era il cardinale predetto titolare di santa Prassede, e per sua divozione commosse il Papa, che nel dì ventuno luglio, festa della santa, dovesse cantar messa nella chiesa del suo titolo. La cosa dispiacque ai più savi, che prevedevano qualmente i nemici se la recherebbero ad ingiuria e muoverebbero sedizione, tanto più che nel rione di santa Prassede comandavano i Frangipani di parte imperiale: tuttavia sedotti dal zelo indiscreto e confidando nella potenza di Stefano dei Normanni e di Crescenzio Caetani nipote del Papa rizzarono le bandiere e principiarono la festa. Al tempo stesso i burdinisti avevano odorate le allegrezze del cardinal Desiderio, e come gente che non guardava troppo pel sottile nella santificazione delle feste, presero le armi, ed assaltarono il Papa in chiesa. Dall' altra banda i campioni di Gelasio, Stefano e Crescenzio e gli altri romani che stavano in armi, si pararono alla difesa il grido di guerra, lo squillo delle trombe, il rintocco delle campane echeggiò nel rione dei monti; dalle varie parti accorrevano armati ed inermi, il sangue macchiava le strade, e gli altari, lo scompiglio era massimo nella chiesa, le donne piangevano, e volgendosi le cose a manifesto pericolo, per salvar la persona del Papa bisognò senza indugio, vestito come era, cavarlo da una portella, metterlo a cavallo, e mentre i suoi difensori si battevano in ritirata coi nemici alla coda, menarlo a pigliar fiato fuor di porta nei prati di san Paolo. Colà non essendo altrimenti inseguiti si fece consulta, e proponendosi di

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versi pareri e rimedi, Gelasio non volle udirne alcuno, do che a fronte di mal così grave non rimanesse altro partito fuorchè prender la fuga ed aspettare il tempo, e intanto gli amici suoi si mettessero in punto per seguirlo in Francia. Dopo le quali parole non altro più si pensò che prepararsi al viaggio, e diputare gli ufficiali a guardar la città nell'assenza del Papa. Pietro vescovo di Porto ebbe il vicariato di Roma con altri cardinali in sussidio: Ugone cardinale la custodia di Benevento: Pietro dei Pierleoni la prefettura, Stefano dei Normanni il gonfalonierato gli altri si apparecchiarono alla partenza.

Allora sulla spiaggia del mare presso Ardea furono chiamate molte navi da Ostia, da Porto, da Civitavecchia 22, alle quali in ogni repentina necessità era riserbato dare ajutamento ai Pontefici; si facevano le provigioni come meglio per la strettezza del tempo era concesso, ed imbarcatosi il Papa con i cardinali Giovanni da Crema, Guido di santa Balbina, Pietro Pierleoni, Gregorio diacono di sant' Angelo, Rosimano diacono di san Giorgio, e con i romani nobili Pietro Latrone e Giovanni il Bello fratelli del prefetto, insieme ai domestici e famigliari scioglievano le vele dalle spiagge latine e navigavano inverso Francia. I pisani, udito del passaggio che il romano Pontefice far doveva per le acque del loro dominio, sull'atto mandarongli incontro alcune galere; ed i genovesi fecero altrettanto nel golfo finchè il convoglio giungesse a Marsiglia. Colà le navi presero congedo, ciascuno rivolse le prore alle sue terre, ed il Pontefice dopo aver peregrinato in varie provincie della Francia si ridusse infermo del mal di morte alla badìa di Clugnì, ove terminò il corso di sua vita ai ventinove di gennaio 1119.

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Gli fu dato per successore Calisto II, ch'era Guido vescovo di Vienna in Delfinato figliuolo di Guglielmo Testardita conte di Borgogna, parente dell'imperadore e dei re di Francia e d'Inghilterra, cui fu riserbato da Dio il dar la punizione a Burdino. Imperciocchè Calisto pontefice di maravigliosa prudenza

22. PANDOLPHUS Pisan. Vita Gelasii II. MURAT. S. R. I. Tom. III. Part. I. p. 398. « Navibus interea plurimis et aliis optime pro tempore præparatis, quia per terram non poterat, mare intravit, atque post dies aliquot Pisas prospere applicuit. »

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