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che si trovavano male apparecchiati a tanta guerra, e vedevano la plebe da quel primo infortunio allibbita, talchè, quando l'armata vincitrice poco dopo dette fondo alla spiaggia di Susa, egli mandò incontro ai vegnenti una legazione dei migliori uomini suoi per trattare alcuno accordo, con animo o di mandarli via sotto lusinghe di promesse vane, o di tenerli alla spiaggia tanto che il mare e il tempo gli fornissero opportunità di opprimerli. Alle quali insidie si contrappose Benedetto vescovo e legato pontificio, il quale chiamato a consiglio il principe Pietro dei romani, Sismondo dei pisani, Lamberto e Landolfo dei genovesi, ch'erano i duci supremi degli alleati 158, trattò con loro che non si dovessero lasciare imporre da fallaci speranze, ma anzi prendessero animo sopra al nemico perplesso, e con un colpo risoluto terminassero gloriosamente l'impresa già felicemente cominciata. Per la qual cosa essendo concorso nel suo parere il voto unanime del consiglio, e molto più quello delle milizie che stavano impazienti d'indugio, mentre già si disponevano a scendere in terra volle il legato arringare le genti, e salito in poppa sul cassero con quella maggior voce che potesse dai molti essere udita, sclamò presso a poco così : « All'armi! all'armi! invitti campioni, ecco il giorno della battaglia che avete tanto desiderata, ecco dirò meglio il giorno della vittoria. Voi avete qui dinnanzi quei barbari che vi oltraggiano, quelli che non cessano di lacerar la vostra carne, e sbeffar la vostra fede: qui è Timino inebbriato d' iniquità che ha ricolma l'Italia di lutto; dentro quelle torri languiscono a migliaia i vostri fratelli imprigionati, sopra quella terra si deve dare un esempio di giustizia a tutti gli infedeli formidabile, perchè cessino una volta di insolentire ai nostri danni. Non temete, ed avrete vittoria: la vostra causa è giusta, voi siete al servigio di Dio; è l'Altissimo che vi protegge. Non temete la moltitudine dei nemici, perchè voi sapete che i timorosi usciti dall'Egitto morirono turpemente

158. Sed hoc sprevit BENEDICTUS
Vocat ad se PETRUM et SISMUNDUM
Principales consules

Lambertum et Glandulphum.

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Si po

ANONIMO cit. vers. 161. et 182. lo chiama « BENEDICTUS PRÆSUL ». trebbe dire che il legato qui posto col nome di Benedetto fosse quel desso che nomina il Baronio all'anno 1092. N. XXVIII. come cardinale della romana Chiesa.

nel deserto: non temete riguardando la gagliardìa di coteste fortezze, perchè innanzi ai prodi si abbassò Gerico e si abbasseranno le più grandi città: non temete alla robustezza di cotesti saracini, perchè Golìa gigante cadde sotto alla pietra di un fanciullo. Confidate nel Signore e siate magnanimi; Iddio confonderà la superbia dei reprobi, e solleverà la fiducia dei servi suoi, per la liberazione degli oppressi. Orsù, vi esorto io dunque al nome d'Iddio, siate forti nel combattimento, che il nemico vi aspetta palpitante, e la patria esultante vi prepara lodi e trionfi ». Dopo le quali cose i vicini applaudirono al Legato, e l'acclamazione si propagò in un momento sopra tutta la filiera delle navi ove le parole di lui si ripetevano nell'atto che i capitani issavano gli stendardi di battaglia. Il pensiero di tutti si rivolse a disporre ogni cosa per vincere o morire da forti; e se là foste stati, o signori, avreste potuto vedere soldati e marinari non solo a forbir le armi e addestrarsi alla pugna, ma più anche purgar le coscienze e accostarsi ai sacramenti, poichè quivi bellamente si univano nell'esercizio di perfette virtù i doveri del cittadino e quelli del cristiano 159.

:

L'indomani alla prima luce del giorno già erano i soldati coperti di tutt' arme, già i palischermi pronti, e i marinai col remo in mano aspettando lo squillo della tromba per discendere presso Susa alla riva, che si vedeva già ripiena di saracini pronti a contrastare la discesa fatto il segno le navicelle volano rapidamente sull' acqua in lungo ordine disposte, tutte piene di soldati che misurano col guardo le distanze e con la punta delle lancie tastano il fondo del mare per cacciarsi più prestamente a guado sul lido: ecco sulla diritta pisani e genovesi che discendono a far testa sull'orlo del mare; ecco altri che a quelli si uniscono, eccoli rapidamente formarsi a squadre ed a legioni, e levare il grido della battaglia, ecco i saracini ad affrontarli, e crescere a grado a grado il fremito e le percosse.

Dall' altra banda il principe Pietro con la croce in petto e la spada in mano dopo aver messe in terra di primo impeto

159. Inardescunt omnes corde

Et comunicant vicissim

Christi Eucharistiam.

ANONIMO cit. vers. 230-232.

ed arringate in colonna sotto la sua bandiera le milizie ecclesiastiche, le spinge con armi e bagaglio 160 a caricar per fianco i nemici, e al tempo stesso abilmente manovrando si prolunga sulla sua diritta ed opera la congiunzione col resto dell'esercito, arrecando conforto grandissimo ai genovesi ed ai pisani; allora tutti insieme si dettero a menar le mani sopra i saracini e fecero battaglia crudelissima; nella quale avendo i nostri preso l'assunto di voler vincere ad ogni modo, e sottentrando sempre soldati e capitani valorosi nei luoghi di maggior pericolo, tanto animo crebbe ai fedeli e tanto spavento ai pagani, che questi sbigottiti e disordinati, non potendo più resistere, si dettero a fuggire, ed i nostri ad inseguirli così da presso che arrivarono insieme alle porte della città. Nel qual luogo quei di dentro temendo non forse entrassero alla rinfusa i vinti e i vincitori alzarono i ponti, e lasciarono i loro compagni di fuori al macello. Ma nè anche essi poterono in tal guisa salvarsi ; perchè confusi al crudele spettacolo che avevano sotto gli occhi, vedendo cadere quasi per colpa loro amici e parenti, e ridotti a troppo piccol numero per difendere così soli la terra da gente vincitrice e valorosa, poco dopo assaliti, rotte le porte, e superate le muraglie caddero insieme con la città in poter degli alleati.

Questa seconda vittoria fu usata dai capitani con quella prontezza ond' era stata conseguita perchè non volendo nè che gli animi dei soldati loro si freddassero, nè che si rilevassero assicuraquelli dei nimici, prestamente presidiarono la città, rono quivi nel porto l'armata, e senz'altro mossero il campo verso la città di Afrodisio, ch' era la real sede di Timino. Costui diverso dagli uomini ordinarî dispose la difesa della capitale così, che appena l'esercito nostro fosse arrivato si doves

160, Altera ex parte PETRUS
Cum cruce et gladio
Genuenses et Pisanos
Confortabat animo;

Et conduxerat huc PRINCEPS

Coetum apostolicum,

Nam videbat signum sui

Cum scarsellis populum.

ANONIMO cit. verso 263-272.

sero sulla porta della città scatenar dalle gabbie di ferro alcuni leoni, ch' egli nudriva, aizzarli contro i cristiani, ed una volta che questi comparissero trepidanti e disordinati dal trapassamento dei leoni, allora alcune elette schiere di soldati valorosi stessero pronti a dar dentro all'oste cristiana e romperla. Ma i feroci animali, tuttochè aizzati e digiuni, come se conoscessero le ragioni della giustizia altro non fecero che azzannare alquanti saracini di quà e di là sulla porta, e poi lietamente ruggendo imbrancarsi verso le selve natie, lasciando quivi i mori a ruggir più fieramente di dolore e di vergogna. Poco dopo presentatasi buona occasione a quel corpo di armati che stavano per la sortita, e non volendo essi parer da meno degli animali, abbassate le lancie caricarono sopra un drappello di pisani che venivano avanti di vanguardia sotto la guida di Ugone Visconti : lo scontro dei due drappelli riuscì altrettanto feroce quanto repentino; all'urto gagliardo i pisani tentennarono, dettero in dietro, ed Ugone, il più valoroso e gentil giovane di Pisa, per sostenere i suoi che non fuggissero, caduto in mezzo ai nemici dopo essersi lungamente difeso con lo scudo e con la spada, trafitto da cento lancie ad un punto, fu morto. Ma l'ultime sue voci che chiamavano il soccorso e la riscossa, risonarono così fatali nel cuore di chiunque le udì, che ripetendole ciascuno e con quelle animandosi alla vendetta dell' ucciso campione, carissimo a tutti, tanto sdegno e quasi direi furore invase il campo cristiano, che nè uomini nè muraglie potevano esser capaci a sostenerlo. Quindi caricarono avanti, e non solo ricuperarono il cadavere del capitano, ma levatolo sullo scudo e giurando eseguire l'ultima sua volontà assalirono ad un tempo tutte le porte di Afrodisio; e mentre gli uni sbalestrando toglievano i nemici dalle difese, gli altri col ferro e col fuoco scassinando le porte da ogni banda irrompevano nella città, e se ne facevano padroni 161. Allora alcuni tirano alle prigioni, sciolgono gli schiavi e se ne fanno compagni, altri scendono al porto, traggono fuori le navi e le abbruciano, questi distruggono gli arsenali, quelli rammassano l'oro e l'argento, tutti poi si stringono attorno al

161. Sic irrumpunt omnes portas

Et Madiam penetrant.

ANONIMO cit. vers. 401.

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palagio di Timino che quantunque fosse mirabilmente fortificato, tuttavia, dopo quel successo, non poteva esser lungamente difeso da coloro che stavano quivi pieni di confusione e di spavento. Per ciò egli stesso il re Timino daddovero cominciò a chiedere la pace, ed offerirsi pronto a far di buona voglia tutto quel che ai vincitori piacesse commandargli.

Avrebbero gli alleati disposto di cacciar colui dal trono e dare il dominio delle due città a Ruggiero conte di Sicilia, più d'ogni altro vicino e potente, se questi, o per non rompersi con gli Africani o perchè sapesse la difficoltà di mantenere le conquiste in paese nemico, con molto bel garbo non se ne fosse scusato 162; laonde i vincitori stabilirono che si dovesse lasciare Timino in quel luogo, sotto condizione che fosse tenuto a smantellar le fortezze, ricomperarsi per danaro, lasciar di corseggiare sulle marine d'Italia, liberar senza prezzo gli schiavi cristiani, e pagare ogni anno il tributo al Papa come segno di vassallaggio 163.

Quando erano tutte queste cose tra le due parti a solennità di sacramento concluse e ferme, e già confidavano gli alleati potersene tornare riposatamente alle case loro, ecco venir da Susa gli avvisi di nuovi pericoli: i messaggieri e le lettere di colà dicevano esser calati a stormo dalle montagne i beduini, aver occupato la città, e minacciare la ruina dell'armata. Per la qual cosa il Legato pontificio, il principe Pietro, Lamberto, Landolfo, Sismondo e gli altri nobili condottieri di presente si restrinsero insieme e deliberarono marciare subitamente sopra Susa per comprimere il primo moto d'insurrezione anzichè si dilatasse, e per ricongiungersi con le genti di mare e col naviglio che quivi sorgeva alquanto allargato dal porto. Poco

162. GAUFRIDUS MALATERRA. Lib. IV. Cap. III. MURAT. S. R. I. T. V. p. 590. 163. BERNOLDUS COSTANTIENSIS. Chron. ap. URSTISIUM Rer. Germ. T. I. p. 360. « Regem paganorum compulerunt et deinceps Sedi apostolicae tributarium fecerunt». CHRONICON PISANUM. ap. MURAT. S. R. I. T. VI. p. 109.

Terram jurat sancti Petri

Esse sine dubio

Et ab eo tenet eam

Jam absque colludio,

Unde semper mittet Romam

Tributa et premia.

ANONIMO cit. vers. 473-476.

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