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concedeva all' abate Richerio, che la badial sua nave carca di merci insieme col nocchiero e co'marinari tutte le volte che approdasse nel Porto romano fosse francata da ogni peso di pagamento, così che nè per diritto di ancoraggio, nè per balzello di merci, nè per altro titolo qualunque dovesse disborsare mai nulla ai ministri della camera e del sacro palazzo apostolico che presiedevano in quel porto alle riscossioni. Il quale amplissimo privilegio fu poi confermato e dichiarato da papa Alessandro secondo con la sua costituzione del 10 Maggio 1067 184 a favore e petizione dell'abate Desiderio. Dalle quali cose tutte insieme apparisce, che Ostia e Porto bene si governassero nelle cose del mare, e che quivi fosse continuo movimento di naviglio militare e mercantile, nazionale e forastiero, il diritto dell' ancoraggio, la tassa del timone, i magistrati della marina, l'ufficio dei gabellieri, i guardiani del porto, e tutto ciò che per quei tempi si stimava adatto al buon governo della marina. Anzi di più si ritrovano ancora taluni degli antichi trattati di navigazione e commercio, che la città di Roma insieme ad Ostia e Porto, e le altre del dominio, come Civitavecchia, Ancona, Terracina e Corneto, facevano con i pisani, ragusei, genovesi e veneziani, dei quali alcuni sono già pubblicati, ed altri negli archivî si conservano 185. Io ne metterò fuori uno soltanto per non farmi troppo lungi dal mio proposito, e tale ne prescelgo, che risguardando l'istessa Roma e secolei le principali città del Mediterraneo stimo doversi ad ogni altro preferire. Eccolo a verbo a verbo ridotto in nostro sermone, come l'ho volgarizzato dal testo latino, ch'è tra le carte antiche messe fuori dai nobili piemontesi che stanno raccogliendo i monumenti di storia patria anche il cardinal Borgia tra i suoi manoscritti ne lasciò alcuni frammenti; ed io nell'ultimo volume riprodurrò il testo originale, che intanto traduco così 136.

MARGARINI. Bull. Cassin. II. 85.

JAFFE. N. 3264.

134. ALEXANDRI PAPÆ II. Constitutio Pastoralis sollicitudinis etc. ap. TOSTI. I. 422. JAFFE. N. 3424.

Regest. PETRI DIACONI. N. XXIX. Cap. v.

135. MURATORI. Antiquit. Ital. Diss. 49. in-fol. Mediol. 1741. T. IV. col. 401.

136. Monumenta historiæ patriæ. Taurini 1836-1855. Vol. VIII. in-fol. Chartarpm Tom. II. p. 997-1001.

« Strumento di piena fidagione che a vicenda si giurarono i romani e i genovesi per la sicurezza e libertà del commercio e dei mercadanti nel mare - Anno 1166 - mese d'Aprile ».

<«< In nome di Dio, così sia. Noi i consoli dei mercadanti e marinari di Roma diamo e réndiamo a voi genovesi ed agli uomini del vostro dominio da Portovenere sino a Noli vera pace e sicuranza in robba e persona, e per terra e per mare, e per ogni parte del dominio nostro da Terracina sino a Corneto; e noi proteggeremo voi e gli uomini vostri e le sostanze loro in bona fede per tutto lo Stato; e fin d'ora togliamo via e cassiamo qualunque inimistà di rappresaglie, che fosse stata mai deliberata dai romani contro di voi e contro i vostri per ragione di preda o di rapina inaddietro commessa; salva sempre l'ammenda dei danni a favor dei nostri concittadini secondo le regole contenute nel vostro compromesso. E qualunque imposizione fosse stata messa dalla città di Roma contro di voi per causa di rapine onninamente togliamo; ed ogni altra imposizione fatta per qualsivoglia ragione da trent'anni in quà egualmente togliamo. E se alcun genovese o abitante del distretto vostro verrà a noi per chieder giustizia contro qualunque romano o uomo del distretto nostro, noi ascolteremo le sue ragioni in buona fede, e dentro il termine di quaranta giorni faremo giustizia e restituzione in buona fede, eccettuato il caso delle pene, meno che se ne facesse promissione esplicita nei patti. Liberamente ancora permettiamo ai genovesi ed uomini loro di trasportare ogni maniera di merci a Roma e far mercato e contratto con qualunque persona al modo stesso che sino ad ora hanno pratticato. E noi in buona fede chiameremo e stringeremo i visconti e baglivi che per il tempo governeranno in Terracina, Astura, Ostia, Porto, Santasevera e Civitavecchia, affinchè vi giurino la pace; che se alcuno ricuserà il giuramento, noi ve lo faremo sapere in buona fede e se dappoi vi useranno frodolenza

STEFANO BORGIA. Mss. Della navigazione nello Stato Pontificio. Museo di Propaganda in Roma. Frammenti di questo strumento sotto questo titolo « Instrumentum plenariæ securitatis quam romani et januenses sibi invicem juraverunt pro libero tutoque mercatorum commercio in mari. Copiato dall'abate Poch, che si riserbò per degni rispetti indicarne a voce la provenienza. In fronte: « ex arch. Reip. Genuens. » Poi: da Battistini 15. Settembre 1770.

e ricuseranno l'ammenda dei danni, allora noi ricevendo la querela da chi ha patito, o dal suo procuratore, o dai consoli del comune di Genova in buona fede daremo ai vostri, come diamo ai propri nostri cittadini, ajuto e favore perchè siano indennizzati. Che se alcuno romano, o altra persona dei luoghi quà addietro nominati per parte nostra farà rubberìa contro i genovesi, noi come potremo attrappare i malfattori da capo d'Anzo a capo Linaro li sforzeremo in buona fede a restituire le sostanze mal tolte, e se non avranno cosa da restituire, emenderemo i danni noi stessi alle spese del nostro comune. Che se poi, Dio ne scampi, alcun bastimento genovese o del loro distretto venisse a naufragare sulla spiaggia romana da capo d'Anzo a capo Linaro avremo noi cura di salvare le persone e le sostanze in bona fede; e non patiremo mai che alcuno ne porti via la roba loro, ma se il naufragio sarà fuori di essa spiaggia, e per una parte da capo d'Anzo a Terracina, e per l'altra da capo Linaro sino a Corneto, noi faremo buoni ufficî, affinchè i genovesi possano ricuperare la robba loro. Se durante la guerra tra noi ed i pisani capiteranno galere genovesi nel nostro dominio, le salveremo noi e difenderemo a tutto potere nostro, e non patiremo nè che siano impedite nel traffico, nè che alcun le ritenga dal combattere i pisani, nè dal ricoverarsi tra noi. Se poi sia pace tra Roma e Pisa, vengano pure i genovesi sicuri al mercato; ma non già dobbiamo essere astretti a patire che si acciuffino con i pisani in casa nostra. In tal caso poi di guerra tra genovesi e pisani, se questi si facessero arditi a costringere per giuramento o per altra violenza i romani o quelli del distretto contenuto nella pace dei genovesi a navigare non già verso Genova, ma verso Pisa, dappoichè avremo saputo che simile violenza sia stata usata a più di due nostri bastimenti, noi sull'atto istesso avremo i pisani per nimici, e non li riceveremo più tra noi quietamente; meno che non facessero scusa, promessa e malleverìa d'intralasciare per l' avvenire siffatto sopruso. Rispetto poi ai genovesi, qualora siano in guerra guerriata contro pisani, se essi non permetteranno ai romani il condurre vittovaglie a Pisa, ciò non dovrà mai ritenersi come ingiuria nè come infrangimento della presente mutua capitolazione che se poi i commissarî del signore impera

dore procacceranno che voi siate offesi, non dovremo noi patirne richiami. Tuttavia qualora ci sarà dato scorgere che qualsivoglia persona faccia armare alcun bastimento corsaro da Corneto sino a Terracina per vostro danno, questo ve lo faremo conoscere avanti in buona fede. Se i consoli d'Albenga, di Portomaurizio, del Diano, di Sanremo e di Ventimiglia giureranno la pace a noi ed agli uomini del distretto nostro, appena saputolo anche noi gli manterremo la pace. Non faremo alcun ripitìo sopra il fatto degli sbanditi pubblici. Tutte queste cose noi consoli dei mercadanti e dei marinai di Roma al contatto dei santi Evangeli in buona fede giuriamo osservare per tutto il tempo del nostro consolato, e faremo anche dopo giurare i consoli nostri successori, affinchè le cose medesime si mantengano a tutto nostro potere e senza frode: talchè l'osservanza per ventinove anni continui si conservi e sia obbligatoria a tutto il popolo giurato. Che se poi dopo alcuno della magistratura consolare rifiutasse il giuramento, noi ne faremo partecipi i consoli del comune di Genova in buona fede. Tutte le predette cose osserveremo in buona fede, senza frode e senza mal talento, salvo sempre alcun giusto e necessario impedimento, salva l'obblivione, e salva la connivenza delle parti. Salva ancor sempre la fedeltà dovuta al Papa signor nostro, ed al signore imperadore in siffatto modo tuttavia, che se alcuno di loro o vero ambedue comandassero diversamente, prima che si venga ad alcuna offensiva contro le persone e sostanze dei genovesi o del loro distretto rimanderemo libere le persone e le sostanze loro, e li faremo avvisati a mettersi in guardia, e non permetteremo che siano giammai offesi senza esser prima diffidati ».

<< In nome di Dio così sia. Noi consoli del comune di Genova diamo e rendiamo vera pace e sicuranza a voi romani ed a tutti gli uomini del vostro distretto da Terracina sino a Corneto in persona e sostanza, in terra e in mare e per tutto il nostro dominio da Portovenere sino a Noli, e salveremo voi e gli uomini vostri e le sostanze loro in buona fede a tutto poter nostro. E sull'atto togliamo via cassando qualunque questione che alcun genovese potesse aver contro di voi per ragion di preda o di rapina commessa inaddietro. Imperciocchè noi tasseremo una colletta sopra tutti i genovesi e sopra tutti gli uomini del distretto

nostro, che per le vie di terra partendo da Genova anderanno a mercato nel dominio romano da Corneto sino ad Astura, e caveremo da ogni libbra di mercanzia quattro danari, la quale imposta tanto tempo durerà ad essere riscossa per i portieri del comune di Genova ed insieme con loro per un romano eletto dai savi a questo oggetto, sino a che se ne ricavino novecento lire, delle quali se ne daranno dugento al magistrato dei savi di Genova come è stabilito; altre lire cento ne disborserà la nostra camera ad Oliviero dei Mari com'è in uso, ed inoltre cento lire di più si assegneranno dalla nostra camera per il giorno di san Giovanni agli oratori del senato e dei consoli di Roma per giunta alle settecento lire mentovate. E qualunque imposizione fosse stata messa in Genova contro di voi per causa di rapina onninamente togliamo; ed ogni altra imposizione fatta per qualsivoglia ragione da trent'anni in qua contro voi egualmente togliamo. E se alcun romano o abitatore del vostro distretto verrà a noi per chiedere giustizia contro qualunque genovese o uomo del distretto nostro, ascolteremo le sue ragioni in buona fede, e dentro il termine di quaranta giorni dalle querele faremo amministrar giustizia ed ammenda in buona fede; eccettuato che si trattasse di pene, salvo che se ne facesse esplicita promissione nei patti. Liberamente ancora permetteremo ai romani ed agli uomini loro di trasportare ogni maniera di merci da Roma a Genova, da vendersi però ai genovesi come meglio potranno; la qual licenza duri sinchè dura la guerra nostra contro i pisani e contro il re di Sicilia, e per tre anni dapoichè sarà terminata la discordia predetta e pubblicata tra noi la pace. Anche il quattrino del grano, sinchè dura questa pace tra noi, all'amor vostro condoniamo e rimettiamo. Ed in buona fede chiameremo e stringeremo i consoli di Portomaurizio, Albenga, Diano, Sanremo, e Ventimiglia affinchè giurino la pace a voi ad ai vostri. Che se alcuno non vorrà giurare noi ve lo faremo sapere in buona fede, e di più se essi stessi vi useranno frode e ricuseranno l'ammenda allora noi recepute le querele dei danneggiati, o dei loro procuratori, o dei senatori e consoli romani, in buona fede daremo ai vostri come diamo ai nostri concittadini ajuto e favore perchè siano indennizzati. Che se alcun genovese, o altra persona

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