Dalla combinazion di alcuni d'essi Nati; da una veduta incerta sempre, E variante del ben, del mal sorgendo, Tormentano lo spirto, e senza posa L' agitano. Il principio della vile Parzialità tal'è; del simil nostro
Vediam da primo il bene con freddezza, E indifferenza; indi il disgusto, e il cupo Odio succedon, fra le astuzie ascose La frode infame, e le violenze lievi ; Ogui social scambievol sentimento
Si estingue, e in disumanità che il cuore Penetra, e lo petrifica, si cangia;
E in sconcerto natura il corso suo Di aver perduto vendicarsi sembra. Un tempo il ciel per mezzo di un diluvio Si vendicò una scossa universale
La volta separò, che riteneva
acque del firmamento. Gaddero esse Con impeto: lo strepito dovunque Di lor caduta rimbombò, esse il tutto Fracassarono. Più l'Oceano rive
Non ebbe. Ocean fu tatto; ed agitate L'onde si ravvolgevan con furore Sopra i monti i più alti, che formati Dai rottami già si erano del globo. D'allora in poi sdegnate le stagioni uta. Tirrannizzato hanno lo sbigottito conf. Nostro mondo (1). Lo ha il pungente Inverno
(1) Nel testo francese è posto qui,, L'universo è creduto invece por Mondo, atteso che il nostro globo, o anche il nostro intiero sistema solare, non sono che una piccolissima parte dell'universo; e molto più che vedesi bene da quel che segue che l' Autore intende parlare del nostro mondo. (Il Trad. ital. )
Con le copiose nevi in varie parti Sprofondato, e i calori dell' Estate Impari l'aria hanno corrotta. Avanti Tal' epoca regnava in tutto l'anno Continua Primavera; i fiori, e i frutti Coi varj lor colori il ramo stesso A gara ornavan; pura allora l'aria Era, e in calma perpetua. Dello zeffiro Il soffio sol tinti di azzurro i piani Scorrea; regnar non ardian le procelle, Nè gli uragani devastar; cadeano Le limpide acque quiete; le materie Sulfuree non alzavansi mai al cielo Per formare i baleni; la insalubre Umidità, e le pebbie dell' Autunno Mai in aria eran sospese, e della vita Non corrompevan le sorgenti: Adesso Degl' inquieti elementi ella è il ladribio, ed Che dal tempo sereno al tempo scuro Passan, dal caldo al freddo, dall' asciutto All' umido, un maligno concentrando Calor che cangia, e affievolisce i nostri Giorni, e a niente riduceli troncando Con prematura fine il corso loro.
Frattanto in mezzo a tal di mali ammasso E di errori alle nostre limitate Cognizioni il più facile rimedio Involasi: I semplici e più utili Negletti muojon, sebben di quel puro Spirto dotati siano in abbondanza, Che da salute, e della umana vita Ringiovinisce gli organi. Celeste Don superior dell arte alle ricerche. Luom sanguinario reso si è di queste
Beneficenze naturali indegno.
Da un ardor divorante egli agitato Divenuto è il leon della campagna,
E ancor peggior. Il lupo che dal gregge La pecorella ratto a portar via
Vien nella notte, giammai del suo latte Bevve, nè fatto ha di sua lana uso. Il bove, cui si attacca al forte petto La tigre, lavorato non ha mai Per lei la terra. Cotesti animali Voraci, e fieri per natura cedono Alla fame che rodeli, ed accende La rabbia lor crudel. Ma l'uom formato Che fu dalla natura di un più dolce Fango, ch'ella dotò di un cuor capace Della beneficenza a concepire,
E nutrire le tenere emozioni
A cui solo ella a piangere ha insegnato, Mentre che dal suo sen per di lui uso Mille dolcezze versa, e frutti ed erbe In numero maggior che della pioggia Le goccie, ovver dei raggi che lor dauno Nascita, L'uom quella bella creatura, Dal grazioso sorriso, e che rivolti Naturalmente ha verso il ciel li sguardi, L'uomo, ohimè! coi carnivori animali Confuso, inbrattare osa nel sangue La lingua sua! Le bestie di rapina Che di sangue nutrisconsi, e di morte Meritan morte; ma che fatto avete Voi, pecorelle? perchè mai la morte Voi pacifica razza meritaste? Voi, di cui il latte nelle nostre case A guisa di ruscelli in abbondanza
Per lungo tempo è scorso, che le vesti Vostre connaturali ci prestaste
Contro il rigor del freddo, e il bue innocente,
Questo ingenuo animal, privo di fiele,
E di argutezza, in che ci ha offesi mai? Egli, di cui il continuo, e paziente Lavoro in tutta pompa della messe Ornò la terra, del crudel bifolco, Che gia nutri, dovrà sotto il coltello Gemere, e forse per servir di Autunno A un convito festivo, in cui consunti Avidamente sono i frutti stessi Per le di lui fatiche già raccolti ? Della primiera purità del nostro Cuore tai son le naturali idee; Ma del saggio di Samos i principj Sol di qualche ratumarico onorare Dato ci è in questi secoli infelici, Di nostra presunzion qualunque slancio Ci vieta il ciel. Il suo voler supremo Pien di saggezza ci ha fissati in uno Stato in cui ancora aspirar non si dee A pura perfezion. Chi sa d'altronde Per quali gradi d'esistenza l'uomo Elevare si debba a poco a poco, E a un più perfetto stato al fin salire? Allorchè l'acque dopo quelle pioggie Di Primavera a scorrere incominciano Ed a rientrare nei soliti loro
Confini, allor che una spuma bianchiccia Discende lungo le muscose sponde, E che del pescator le astuzie l'acque Torbide ancora alquanto favoriscono, Tempo è la trota di adescare. Allora
Il piccolo apparato della pesca Tutto prepara; imitata dall'arte
La mosca, e dentro il rampicon dell'amore dut de hame
Fitta, la lensa, che insensibilmente Divenendo sottil si allunga, e acquista Così una forza elastica, ed alfine L'ondeggiante cordoncin formato
Già della spoglia di un bianco destriero. Quando nella sua forza il Sol coi raggi Suoi ardenti l'acque penetra, e la quieta Truppa squamosa sveglia, lietamente Alzati, e al tuo aggradevole esercizio Corri; inspecie se i venti di occidente Forman perle nell'acqua, ed a riprese Di pioggia pregne fugano le nubi, Segui il corso dell' acque, che sommosse Mormoran le colline, e le foreste In traversare, e fino alla sorgente Lor sali indi quel laberinto scorri Di pietre fin che una specie di staguo
acqua forma in suo corso, ove le sue Piccole Naïàdi si dilettano
Dello spazio goder fra i scherzi loro. L'esca tua ingannatrice getta appunto Nel punto dubbio in cui il ruscel tremante Comincia ad allargarsi ove alle pietre Attorno batton l'onde, e ove respinte Dalla riva incurvata, che rigettale Forman piccoli flutti. Osserva attento Coll'occhio il pesce, che saltella, mentre La tua lensa curvata ad arte meni. Ei s'inalza scherzando in cima all'acqua, Ora si slancia dalla fame spinto. Fissa allora il tuo amo; leggiermente
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