versamente. Sarò senza dubbio biasimato di non aver resecato questa profusione talora nojosa, ma così non sarebbe tradurre, sarebbe infrancesare un Autore. Mi si rimprovereranno mille superfluità: esse appartengono al mio poeta. Ègiusto che egli ne abbia il biasimo come la lode.
Fra tanta moltitudine d'immagini e di figura ve ne sono delle caricate, e quasi spaventevoli, ve ne sono delle patetiche senza necessità, per quel che mi è parso; poiche l' autore avea un'immaginazione assai abbondante per moltiplicare all' infinito le immagini ridenti e dolci, le sole degne del suo soggetto, e di un quadro fatto per interessare. Ma tale è il genio dell' autore, che tutto ciò che è rappresentato con forza, gli par bello: e in fatti tutto è grande nelle sue mani, ma se non vi fosse dello smisurato, parrebb'egli Inglese? O piuttosto sarebb'egli uomo di genio?
Il mio disegno è stato di dare alla mia nazione Tompson tal quale egli è: spetta al pubblico a giudicare se il suo poema è interessante nella nostra lingua. Se non lo è punto, è colpa mia. Quanto al merito della traduzione, che io faccio consistere intieramente in una esatta fedeltà, mi rimetto a quelli fra noi, cui la di lui lingua è familiare .
Vieni, dolce, soave Primavera,
Vieni eterna freschezza, della nube Scendi dal sen sù i nostri piani, e bagna Nostri arboscelli di rugiada'; scendi :
Di rose attorno a questi gruppi' svegliasi Dei venticelli il sibilo armonioso. Vezzosa Hartford, per brillar nelle Corti Fatta con ben mille attrattive, e insieme L'ornamento per esser delle nostre
Campagne, u' con piacer le ingenue grazie Di saggezza, e innocenza in vago ammanto Vestonsi, Hartford, degnati udir, la propria Tua stagion canto, quale te dipingo La Natura benefica, e fiorita.
Il fosco inverno in fondo al Nord sen fugge Precipitosamente; ivi ei richiama Di Borea i figli impetuosi; questi Fieri schiavi obbediscon, ed i colli Abbandonan gementi, le spogliate Foreste, e l' ampie devastate valli. Succede loro un dolce venticello, Che la terra tuttora spaventata Accarezza con l'ali; si disciolgono Le nevi, e vanno in giallicci torrenti XA perdersi. Si veston le montagne Di verzura ridente, che produce Coll'azzurro del ciel grazioso accordo. Incerta ancora è la Stagion. L'inverno Di quando in quando retrocede. Ei soffia
VILLE DE LYON
Biblioth. du Palais des Arts
Verso la sera la gentile Aurora
Troppo debole agghiaccia, e alle sue brine Del di impone attristar la più bell'ora. Di Primavera il precursore augello
Teme uscir fuor pria del suo tempo, e i ghiacci Romper che ancora le Paludi cuoprono . Per giudicarne la grossezza ascolta Se del suo becco ai replicati colpi L'aere risuona. I Pivieri percossi Tattor dalla tempesta, sulla macchia Spandersi appena azzardano, ed udire Temon fare gli striduli lor tuoni. Il benefico Sole il segno alfine
Dell' Ariete sù in ciel lascia, e lo accoglie Brillante il Toro. L'atmosfera sbrogliasi, E si distende ; dell' Inverno i densi Veli fan luogo a leggierette nubi Sparse sull' orizzonte, a guisa appunto floco Di vari fiocchi di candida lana. Dai nascondigli lor escon gli zeffiri;
La terra sciolgono, e la vita, e il moto In un le rendon. Giulivo il bifolco Vede rinascer la Natura. Tira
Fuor della stalla i vigorosi suoi Buovi, ed al luogo, u' l'utile suo aratro Libero alfin del ghiaccio è dagli ostacoli Menali. Insiem si avanzan sotto il giogo Questi animali laboriosi, e al loro Lavoro dan principio incoraggiati Dal canto dell' Allodola, che si alza,`
lant E librasi nel ciel. Attento intanto Il bifolco sul vomere lucente
Si aggrava, il musco rompe, il campo scorré, Getta ai lati la terra, e drizza il solco.
Più lungi un uom con vesta bianca il campo Scorre inferior con misurato passo,
E a larga mano della terra spande Nel sen fedele il gran; di punte armato Acre L'erpice siegue, e chiude indi la scena. Siici propizio, o Ciel ! L'uom laborioso Compito ha il suo dovere ; o voi, forieri Della fecondità, Venti, scaldate Della terra il materno sen, rugiade Abbondanti stendete, in lievi scosse Pioggie fertili il fuoco rattemprate Della Natura, che qui agisce. Sole, Ravviva il mondo, e perfeziona l'anno. Voi che del lusso, e all' opulenza in seno, Nella pompa vivete, e nell' orgoglio, Tai dettagli di voi trovate indegni ; Nella celebre Roma da Virgilio
Eppur cantati fur, dell'eleganza
Nel secolo, e di questo il più affinato.q?
1 Re, e gli Eroi del genere umano
Benefattori non sdegnaro un tempo
Condurre il sacro aratro; un tempo questi
Uomini, al cui confronto essere voi Non sapreste che come quegl' insetti, Che nascere, e morire un di d'estate Vede, tenner frattanto degnamente Dell' Impero le redini; e di guerra Sepper lanciare i fulmini. Fuggendo. Eng Indi la bassa adulazion, l'aratro Prendean con la vittoriosa mano; Della semplicità ai lavori addetti In apparenza, il libero e elevato Spirto loro i tesori disprezzava Vili che può la corruzione offrire.
Voi, Inglesi generosi, che onorate L'Agricoltura, sopra i vostri colli E nelle vostre più deserte valli La terra preparata di un propizio Cielo a ricever le influenze, e a offrirvi I doni un dì d'un abbondante Autunno Disponetela. O te: felice, Patria, Che i mari i più lontani, fieramente Sottomessi al tuo impero, da un milione Di sponde tutti i beni della vita Recano nei tuoi porti; il suolo tuo Ricco, e fecondo possa col supremo Favor del ciel della natura tutti Nel mondo intiero spandere i tesori ! L'alimento, e le vesti premurosa Alle nazioni attonite concedi', E la nutrice sii dell'universo. Quel che gli aliti dolci delli zeffiri Già principiaron, col vivace suo Occhio della natura il padre compie. I raggi suoi vivificanti vibra
Profondamente, e fin nei nascondigli Cupi della vegetazion penetra. Il suo Calore suddividesi nei germi Moltiplicati, ed in colori mille Varj si cangia della terra sopra La rinascente veste. Tu ai piaceri Nostri concorri, tenera verzura • Sopra tutto, qual manto ovunque steso Di ridente natura; tu riunisci
La luce, e l'ombra; tu rallegri, e insieme La vista tu fortifichi; in le tue Gradazioni tu alfin tutte diletti.
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