Lentre Autunno sorgente di piaceri, Armato giunge di sua falce, e il capo Ornato di corona di covoni
Del gran, che su' i dorati nostri campi Si agita, lietamente la mia lira
E i miei canti io riprendo. Tutto quello, Che i ghiacci dell' Inverno hanno di nitro,
E di fecondità per tempo pieno ; e de ben hat Tutto ciò che promesso ha di abbondanza
La variata è fiorita Primavera ;
Tutto quel che ha d' Estate pienamente Il sole maturato, ora alla vista Presentasi, e di tutta la bellezza E perfezione sua facendo mostra
De' versi miei dee far gloria e ornamento. Onssow! veder la Musa mia ambiziosa
Il tuo nome onorare i canti miei
Vorria; inspirarle, e di tua gloria un raggio Comunicarle degnati: ella al bene
Di distrarti un istante dalle tue
Cure al pubblico sacre aspira: bene
Ne conosce il valore, e quello ancora
Delle virtù patriottiche, di cui
Sopra la fronte tua è l'impronta, e il fuoco Nel tuo sen. Quando ascoltati il senato, Al piacere che da l' insinuante
Eloquenza tua intento, e abbandonato A quella confidenza ch' ella inspira, Delle frasi più dolci centovolte
Dei versi miei sorton dalle tue labbra. Ma per la virtù pubblica si infiamma Ancor la Musa mia: se è la sua voce Debol, sua volontade è forte, e ardente; Quando il suo cuor l'amore della Patria Stimola, allor con più audacia ella sorge; Del cittadino ella tenta l'amore Al funco del Poeta insieme unire Allorchè della Vergine il brillante Segno lascia i bei giorni, e le stagioni Pesa con eguaglianza la bilancia, Lo splendor fiero dell' Estate lascia La gran volta dei cieli, e un più sereno Azzurro, misto d'aurea luce, il mondo Felice anima, e avvolge. Temperato Alzasi il sole con dei dolci raggi, Ed a traverso le splendide nubi Spande aggradevol calma. Sulla terra Stesa la messe abbondante, e matura, La grave testa sua sostiene, ricca, Lieta, e fastosa ell' è. Sopra dei piani Neppur di vento un soffio l'onde sue Lievi muove: questa è dell' abbondanza La calma. Se dal suo equilibrio l'aria
Sorte agitata, e al corso disponendo
Va i venti, allor del firmamento il bianco Manto si squarcia: fuggono le nubi Sparse, in un tratto i campi illuminati Indora il sole, e ad intervalli sembra Fugar sopra la terra dei torrenti
Di una nera ombra. Con piacer la vista Su quell' incerto mar va errando; l'occhio Penetra fin dove giunger mai puote,
Si smarrisce, e si agita di grani In un immenso biondeggiante fiume. Potente industria! tali son le tue Beneficenze, di te che il sudore, La fatica, e la pena hai sempre teco, Ma che fruttanto siei delle felici Arti tutte sorgente liberale,
E della dolce civilizzazione.
Dai boschi, e dai deserti, ov' era a caso Sparsa, l'umana specie tu traesti Nuda, senza soccorso, al crudo esposta Rigor delle Stagioni, ed al furore Degli elementi. Nello spirto, i semi Dell' arte l'uom portava in van scolpiti Profondamente i materiali in copia Della materia entro le parti tutte Invan sparsi trovavane; un profondo Letargo tutti di felicitade
Questi germi involveva: della terra. Inculta l'uomo barbaro inghiottiva I salvatici frutti, senza ajutarla A riprodurli. Tristo egli, e feroce Ai voraci animali il nutrimento Lor disputava, ed affrontava altiero Del cinghiale la zanne, onde rapirgli Il suo pasto di ghiande. Disgraziato, Tremante, e debole, allorchè dagli antri Del Nord l' Inverno uscendo la tempesta 2 Fredda, e la neve, e il gelo conduceva,* Sotto informe capanna, egli al coperto Ritiravasi e la selvaggia, e cruda Stagion passava ivi: le case adesso Della gioja, della pace, e abbondanza Soggiorno, dove impararono da primo
Gli uomini a sopportarsi; indi a piacersi, A disporsi in famiglie, e in societade A mischiarsi, tai grate abitazioni, Ignote affatto erangli. L'uomo fiero Con i simili suoi era, e dei giorni Passava inaccessibili al piacere In vita oscura secolo di ferro, Che non fini che nel momento in cui Appressandosi industria, la pigrizia In fuga mise, e sviluppò le sue Facoltà proprie. Fè veder l'industria All' uomo che la prodiga Natura Non attendea per sparger l'abbondanza Che il soccorso dell' arti: ella insegnogli Moltiplicar le forze sue per mezzo Di potenze meccaniche a scavarsi Delle vie sotterranee, i minerali Della terra dal sen per trar, del fuoco Fondergli coll' ajuto. Ella alla suora Sua dette l'alte ed antiche foreste Il legno a lavorar, tagliar la pietra Istruillo, finchè di fabbricare
L'arte, in principio informe, a grado a grado
Alla sua perfezione alfin pervenne. Ella altresi spogliò l' uom di sue pelli Lorde di sangue, di lana e di seta, O di panni finissimi di lino Vestillo; di vivande delicate,
E sane ella imbandi la di lui mensa; Con liquore animato, atto a svegliare
Il di lui spirto, e infondergli quel brio
Che è il piacer della vita, dissetollo; buda A sorpassar della sterile e pura Necessitade i limiti insegnogli,
E i passi suoi guidando, e la sua audacia Secondando, conoscere i piaceri
La pompa, l'eleganza, e l' ornamento Gli fè dall' abbondanza nacque
L'alta ambizion dell' alma, che conobbe La scienza, la saggezza, il ver, la gloria, E alfin di quanto è qui fra noi l'impero. Fu allor che combinaron, adunati
Gli uomini i lor poteri riuniti
E formaron così la societade, Quell' essere composto, il di cui scopo E di volgere il tutto al generale
Bene. Fu a quest' oggetto sol, che il primo Patriottico consiglio convocossi ;
La confidenza, e la semplicitade Ivi delle risorse il quadro, e quello Fer degl' inconvenienti. Gli uomini ivi Stabiliron le sante protettrici
Leggi, distinser gli ordini, le arti Animaron, l'unione delle forze All' oppressione opposero, e l'impero Alla giustizia affidaron suprema, Ancorchè responsabile alle stessa Società sempre. Schiavo l'indigente Essere allora non pensava, e a quegli. Che allevato l' avea sol per suo usó, Dover di sue fatiche il frutto tutto, E dell' industria sua gli utili eventi. Tal primo passo fatto, di lavoro Stabilissi ogni sorta, e coll' ajuto Della protezion crebbe, e eccitato Fu a tender ver la perfezion; riuniti Tutti i lavori, reser numerosa La societade, la civilizzarono,
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