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parallelogrammi cantonali di un gnomone doppio (1), già considerata da PROCLO (2), ciò basta per dimostrare senz'altro la proposizione:

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8) Se due rettangoli sono equivalenti e altri due, ad essi rispettivamente

« visum fuerit in quatuor parallelogramma, ita ut ex illis duo adversa sint aequalia: consistent reliqua duo circa diametrum" dal CLAVIO, il quale (Opera Mathematica, Moguntiae 1612, T. I), dopo di aver dimostrato il teorema del gnomone, α) « In omni parallelogrammo complementa « eorum, quae circa diamétrum sunt, parallelogrammorum, inter se sunt aequalia », aggiunge (1. c., p. 72): « Conversum quoque hujus theorematis cum PELETARIO demonstrabimus hoc modo...». E, basandosi sul già stabilito teorema diretto, cioè su a, prova, valendosi della fig. B, che « Se

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III, cioè se il p.g.r. & BHI è equivalente al p. g. r. GIFD e gli angoli HIE e GIF sono opposti al vertice, e le rette B& e DG s'incontrano in A e BH e DF in C, il punto I dovrà trovarsi sulla diagonale AC del cosi ottenuto p.g.r. ABCD", cioè la proposizione ß, con semplicissima dimostrazione per assurdo, la quale termina così: «... erit etiam B H K L maius quam BEIH, PARS QUAM TOTUM », usufruendo pertanto implicitamente di ciò che oggidì è chiamato il postulato della equivalenza.

(1) Conducendo (fig. C) per R e S le parallele ad ae fino rispettivamente ad incontrare

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Bee Dee basandosi poi sulla equivalenza dei parallelogrammi equibasici ed equialti e sulla transitività della relazione di equivalenza, provasi (senza ricorrere a sottrazioni di poligoni) che « V L VI », vale a dire: y) « Sono equivalenti i parallelogrammi cantonali di un gnomone doppio » (OSE BCDGQ, ottenuto conducendo per due punti, O, N, di una diagonale ae di un p. g. r. ABCD le parallele ai lati).

(2) Eodem modo hoc theorema demonstratur a PROCLO etiamsi duo parallelogramma circa diametrum non conjungantur in puncto 3, sed vel unum ab altero sit semotum, vel ambo se

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equibasici, sono pure equivalenti, il rettangolo della prima e ultima altezza è equivalente a quello delle altre due. Più concisamente: Se b', b", a', a", a"'"', a""" sono segmenti,

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Infatti, costruito il rettangolo b'b', ossia OINQ, e fiancheggiatolo coi rettangoli I, II, III, IV, per la 8 (terz'ultima nota), perchè III, sarà sulla diago

mutuo intersecent ». Così il CLAVIO (o. c., p. 72), in uno scolio alla proposizione a (43a del I Libro d'EUCLIDE), riferendosi alla fig. A ed accompagnandola con la fig. D e la fig. E, che si trovano in PROCLO e sono riportate anche nell' Euclide del COMMANDINO (Urbino 1575, p. 28). Nelle osservazioni del PROCLO alla precitata proposizione a (pp. 416-18 dei suoi Commentarii in primum Euclidis elementorum librum, Ed. Friedlein, Leipzig, Teubner 1873) è notato che i casi (figg. A, D, E)

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sono tre, « nè più nè meno » (ovte nhelovs ovte éháoσovs), e che nel 2o le figure che sopravanzano (παqαπλŋgúuata, complementa come dice il CLAVIO, supplementi come dicono altri) sono pentagoni, anzi quinquelateri « πɛvránkɛvọa ». Nel 3o, invece dei pentagoni intrecciati, si considerano appunto quei due altri parallelogrammi, J&BH e QFG, che abbiamo detto cantonali, e si dimostra la loro equivalenza, per sottrazione, provando prima quella dei trapezî situati dalle due parti della diagonale. Spiegasi infine perchè la parola nαo̟αningúμa non venga definita da EUCLIDE nella lista delle definizioni poste in principio al libro e qual sia inoltre il senso della locuzione " parallelogrammi costruiti intorno alla diagonalen (negi Siaueτoov).

nale A, e, perchè III IV, sarà , sulla diagonale ; dunque, per la y (penultima nota), V L VI, come volevamo dimostrare (1).

Ecco, ciò posto, come (con procedimento perfettamente omogeneo alla natura della questione e del tutto analogo a quello che ho esposto fin qui) pervengo a dimostrare la proposizione ε.

Se i triangoli ▲ e ▲', ai quali essa si riferisce, sono rettangoli, si potrà collocarli con le ipotenuse adiacenti e da una medesima banda rispetto alla retta delle ipotenuse, e coi cateti corrispondenti rispettivamente paralleli, cioè nel modo indicato dalla fig. G, nella quale mediante le linee punteggiate si è completata la figura

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del teorema del gnomone, di cui I e I' sono parallelogrammi laterali, e perciò I ш I', cioè bc'b'c; vale a dire: la proposizione & è intanto provata pel caso in cui i lati dei due triangoli che si considerano sono un cateto dell' uno ed un cateto dell'altro e i loro corrispondenti.

Potremo poi collocare gli stessi triangoli ▲ e A', cioè ABC e A'B'C', rettangoli in A e a', con un cateto '' di ▲ adiacente alla ipotenusa a, ossia BC,

(1) Di questa semplice dimostrazione (alla quale sono giunto variando in alcuni punti, e ricollegando direttamente alle già note proposizioni sull'equivalenza dei parallelogrammi, un procedimento indicatomi dal chiaro collega prof. G. BIASI, in una lettera sua del 26 novembre 1901) può dirsi che è pienamente connaturata alla proposizione da dimostrarsi; alla quale pertanto si perviene, con questo metodo, senza deviazioni. Altrettanto non può ripetersi di altre dimostrazioni allo stesso riguardo, le quali invece dipendono dai teoremi sulle trasversali nel circolo o sugli angoli iscritti, o dalla teoria delle proporzioni, o dalla solita proposizione relativa ai triangoli omotetici, o da quella di PAPPO sopra uno speciale esagono, che è un caso particolare dell'esagono di Pascal e che nelle Collectiones è chiamato ßwuioxov « quod parvi altaris imaginem referat » (PAPPI ALEXANDRINI Mathematicae Collectiones a COMMANDINO in latinum conversae, Pisauri 1588, fo. 245 verso), della quale il prof. HILBERT (Grundlagen der Geometrie) espone ben tre dimostrazioni, di cui l'ultima (o. c., Ed. 2a) è precisamente quella stessa che leggesi in Pappo. Con ragionamento analogo a quello tenuto per la d, e riferendosi alla fig. C anzichè alla fig. F, dimostrasi pure la seguente proposizione, di cui la è caso particolare: « Se quattro p.g.r. sono « fra loro equiangoli, e il 1° è equivalente al II°, e il III°, che ha un lato uguale ad un lato « del primo, é equivalente al IVo, che ha un lato uguale ad un lato del secondo, allora anche i due p.g.r. equiangoli ai precedenti ed aventi per lati, l'uno gli altri due lati del 1o e IVo, e l'altro i rimanenti due lati del II° e IIIo, saranno equivalenti ».

di ▲, e l'altro cateto b' perpendicolare alla retta di quel cateto e di quella ipotenusa, e pure da una medesima banda di tal retta, nel modo indicato dalla fig. H, ove mediante linee punteggiate si è completata la figura del teorema di PAPPO (Collectiones, Liber IV, prop. I) relativo all'equivalenza di parallelogrammi costruiti sui lati di un triangolo. Si ottiene così il rettangolo ba', ossia ace'D, il quale risulta equivalente al p. g. r. BCC'ε, che alla sua volta è equivalente al rettangolo 'e'&F, ossia b'a; e perciò ba' L b'a; vale a dire la proposizione & resta provata anche pel caso in cui i lati dei triangoli che si considerano siano un cateto dell'uno e l'ipotenusa dell'altro e i loro corrispondenti.

La proposizione & rimane così stabilita pei triangoli rettangoli. Essa può poi subito essere estesa ai triangoli obliquangoli. Siano infatti gli angoli del triangolo ABC uguali ai corrispondenti angoli del triangolo A'B'C' e vogliasi dimostrare che be' b'c. Condotte le altezze e 'D', ossia he h', si avranno (fig. K)

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le due coppie di triangoli, rispettivamente equiangoli, 'C'' e ACD, B'A'D' e BAD, rettangoli in De D', e perciò:

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Osservazione. Stabilita così la e, se ne deduce tosto col sussidio della d il sovraricordato TEOREMA DI DESARGUES PEI TRIANGOLI OMOTETICI, che pertanto rimane dimostrato planimetricamente; e si deduce pure facilmente l'importante TEOREMA SULL' EQUIVALENZA DEI PARALLELOGRAMMI EQUIANGOLI ED EQUILATERI • Se una coppia di p.g.r., fra loro equiangoli, sono equivalenti, ogni altra coppia di p. g.r. fra loro equiangoli, e rispettivamente equilateri con quelli, saranno equivalenti, che può anche stabilirsi direttamente, per farne poi la base di molteplici deduzioni, come ho esposto in una Comunicazione al III Congresso della Associazione « Mathesis - (Napoli, 1903).

(1) Non è superfluo notare che questa dimostrazione non esclude che i triangoli ABC e A'B'C' possano essere rettangoli in A e a'. In altri termini, potevamo anche esimerci dal dare pei triangoli rettangoli una dimostrazione apposita pel caso relativo ai soli cateti (fig. G); ma l'abbiamo data perchè molto più semplice di altre, note, per il medesimo caso.

L. E. J. BROUWER

DIE MOEGLICHEN MAECHTIGKEITEN

Wenn man untersucht, wie die mathematischen Systeme zustande kommen, findet man, dass sie aufgebaut sind aus der Ur-Intuition der Zweieinigkeit. Die Intuitionen des continuierlichen und des discreten finden sich hier zusammen, weil eben ein Zweites gedacht wird nicht für sich, sondern unter Festhaltung der Erinnerung des Ersten. Das Erste und das Zweite werden also zusammengehalten, und in dieser Zusammenhaltung besteht die Intuition des continuierlichen (continere zusammenhalten). Diese mathematische Ur-Intuition ist nichts anderes als die inhaltslose Abstraction der Zeitempfindung, d. h. der Empfindung von fest und schwindend » zusammen, oder von « bleibend » und « wechselnd » zusammen.

Die Ur-Intuition hat in sich die Möglichkeit zu den beiden folgenden Entwickelungen:

1) Die Construction des Ordnungstypus w; wenn man nämlich die ganze UrIntuition als ein neues Erstes denkt, kann man ein neues Zweites hinzudenken, das man « drei „ « drei » nennt, u. s. w.

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2) Die Construction des Ordnungstypus ; wenn man die Ur-Intuition empfindet als den Uebergang zwischen dem Ersten für sich und dem Zweiten für sich», ist die Zwischenfügung " » zustande gekommen. Natürlich kann man stets ein ganzes schon mittelst der Ur-Intuition aufgebautes mathematisches System als neue Einheit nehmen, und hieraus erklärt sich die unendliche Fülle der in der Mathematik möglichen Systeme, die indes alle auf die beiden genannten Ordnungstypen zurückzuführen sind.

In dieser Weise betrachtet, würde es nur eine unendliche Mächtigkeit geben, nämlich die abzählbare, und andere als abzählbare fertige discrete Systeme sind in der Tat nicht aufzubauen. In zwei Weisen hat aber eine höhere Mächtigkeit in der Mathematik Sinn:

1) Man kann eine Methode zur Bildung eines mathematischen Systems angeben, die aus jeder gegebenen zum Systeme gehörigen abzählbaren Menge ein neues gleichfalls zum Systeme gehöriges Element erzeugt. Mit einer solchen Methode sind aber wie überall in der Mathematik nur abzählbare Mengen zu construieren, das ganze System ist niemals zu construieren, weil es eben nicht abzählbar sein kann. Es ist

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