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già da lungo tempo appianate (veduta giustissima!) ed aggiunse che la soluzione dell'enigma è che esso è e sarà sempre un enigma; solo questo enigma è ridotto alla sua più semplice espressione psicologica: vi sono per lo spirito due modi completamente diversi di comprendere la realtà e che hanno egual diritto ad essere prese come intuizioni fondamentali delle scienze esatte, perchè nessuna di esse conduce a risultati assurdi ». Queste due intuizioni diverse furono da lui impersonate nei dui tipi dell'empirista e dell'idealista. L'empirista si rifiuta di accettare qualsiasi concetto cui non corrisponda una rappresentazione sensibile, per conseguenza egli contesta all'idealista il dritto di parlare del segmento rettilineo perfetto, della misura perfetta, ecc. Il segmento ideale del geometra non è che il termine arbitrariamente ammesso di una serie di rappresentazioni sempre più precise, per la quale l'esistenza del termine non può dimostrarsi. L'idealista invece crede fermamente alla realtà obbiettiva delle costruzioni ideali, quantunque queste non siano sensibilmente rappresentabili.

L'idealista e l'empirista non vanno d'accordo perchè hanno una concezione diversa della realtà matematica; per il secondo la realtà è solo il dato sensibile, per il primo invece il campo della realtà è più vasto, perchè comprende anche le costruzioni che il matematico fonda sui dati dell'esperienza servendosi della libera attività del suo spirito. Entrambi non escono dal campo gnoseologico.

Ebbene, oggi la distinzione di DU BOIS-REYMOND non è più sufficiente; un terzo interlocutore è intervenuto nel dibattito: il logico matematico, che alla quistione gnoseologica sostituisce sic et simpliciter la quistione logica. Egli ha una concezione della realtà matematica, che si contrappone a quella dell'idealista e dell'empirista. Reale è per lui tutto ciò che lo spirito costruisce senza contraddizione.

Dal punto di vista puramente logico si bada solo al rigore formale. Una teoria matematica è perfetta quando i concetti fondamentali di essa sono costruiti mediante un sistema di definizioni e postulati indipendenti fra loro e compatibili, e che costituiscono gli elementi necessari e sufficienti per lo sviluppo deduttivo. La genesi storica o psicologica di essi concetti non impone alcun legame al matematico-logico, che afferma recisamente il suo dritto di creare ex nihilo, per così dire, gli enti che vuole studiare senza tener conto del loro grado di realtà concreta e badando solo alle condizioni logiche cui deve soddisfare il sistema di definizioni e postulati. Due conseguenze si ricavano: 1° la possibilità di costruire teorie di enti, che non hanno alcun legame con la realtà concreta, cioè di enti che trascendono le nostre facoltà conoscitive, ad es. la 4a dimensione ed il segmento infinitesimo attuale geometricamente intesi; 2° la possibilità di costruire in varî modi una stessa teoria, mutando il sistema di definizioni e postulati; la scelta fra questi modi va fatta col solo criterio della semplicità e della comodità (criterio prammatistico, o più precisamente teleologico). Insomma il motto del logico matematico è das Wesen der Mathematik liegt in ihrer Freiheit » (CANTOR). E qui KANT potrebbe osservare: la « colomba leggera, che nel suo libero volo fende l'aria, ha sentita la resistenza di questa ed ha pensato che volerebbe ancora meglio nel vuoto ».

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Chi si pone dal punto di vista gnoseologico muove una obbiezione fondamentale. Il vostro concetto della realtà, dice al logico puro, non solo si contrappone alla co

scienza comune, ma è monco e non riesce ad evitare la quistione gnoseologica. Difatti un concetto può essere contradditorio non solo formalmente, ma anche intrinsecamente. Quando un concetto viene trasportato arbitrariamente da un campo A ad un campo B essenzialmente distinto dal primo, diventa intrinsecamente contradditorio. Ad esempio il concetto dello spazio a 4 dimensioni inteso analiticamente non è contradditorio, ma se si vuol intendere fisicamente diventa ipso facto un ircocervo.

È dunque necessario distinguere i varî campi della conoscenza, cioè le varie forme dell'intuizione; e la quistione gnoseologica scacciata dalla porta rientra per la finestra.

Un'altra obbiezione e di non poco momento fa il filosofo al logico puro. Si può impunemente trascurare il contenuto dei concetti nella elaborazione logica? Un episodio notevole della cronaca scientifica contemporanea dimostra di no. Si è voluto costruire il concetto delle varie classi di numeri transfiniti senza aver prima elaborato convenientemente il contenuto, cioè facendo astrazione dal 2óyos the ovσías. Ebbene, dopo una lunghissima discussione non si è riusciti ancora a risolvere in modo soddisfacente le contraddizioni che si sono affacciate nello sviluppo della teoria; le dichiarazioni che un illustre analista, il BOREL, ha fatte in proposito, sono molto impressionanti. E ciò non pertanto la teoria degl'insiemi resterà nella scienza, come uno dei più grandi acquisti, per quella parte che non dipende dai numeri transfiniti e che ha prodotto tanti notevoli progressi nella teorica delle funzioni. E già si può prevedere che, anche quei teoremi del CANTOR nella cui dimostrazione si fa uso del transfinito, saranno stabiliti indipendentemente da questo. Un bellissimo esempio l'ha dato il LINDELÖF dimostrando il teorema di CANTOR-BENDIXON con delle semplici considerezioni sui punti di condensazione degl'insiemi (Acta Mat., vol. 29, 1905).

Si aggiunga che l'irrigidimento della veduta formalistica dei principî della matematica può condurre a queste conseguenze: 1° l'identificazione della logica con la matematica, che anche in questo congresso è stata combattuta dall'autorevole parola di ITELSON; 2° uno spirito di sottigliezza esagerata, una certa, direi quasi, ossessione del dubbio pervade la critica di concetti per se stessi chiarissimi. Gli è che si vuol dare l'ostracismo all'intuizione lì dove essa regna sovrana. E si è avuta la reazione: noi abbiamo intesa la voce possente di POINCARE, che si è ribellato alle esagerazioni della logica matematica; 3° un certo radical scepticism che penetra precisamente in quella rocca formidabile, che sino ad ora è stata considerata come l'asilo della verità indiscutibile: i matematici non conoscono ciò di cui trattano e non sanno se ciò che dimostrano è vero. Così il RUSSELL, e BENEDETTO CROCE, lo prende in parola e nega in conseguenza il valore teorico delle matematiche, nega anzi l'esistenza della matematica come scienza. Il CROCE non aveva il diritto di prendere alla lettera la frase paradossale di RUSSELL, ma bisogna pur confessare che l'autore dei Principles of Mathematics è stato molto imprudente.

CONCLUSIONE.

I due punti di vista logico e gnoseologico s'integrano e si correggono a vicenda. La critica dei principî della matematica appartiene nello stesso tempo alla matematica ed alla filosofia, quindi è necessario trovare un terreno comune sul quale sia

possibile l'accordo fra matematici e filosofi. E questo accordo si potrà avere solo in base a reciproche concessioni.

Il filosofo deve discendere dal suo seggio olimpico dal quale contempla l'assoluto spirito, l'assoluto vero; nella trattazione dei principî della scienza egli deve prima di tutto interrogare quelli che della scienza intensamente vivono e deve informarsi dell'evoluzione, che le idee direttrici hanno subìto per effetto dei recenti sviluppi. Non deve far giustizia sommaria di tutto ciò che in questi sembra contraddire alla gnoseologia kantiana od hegeliana, ma deve vagliare tutto e scegliere quegli elementi vitali che sono necessari per una più esatta determinazione del campo della conoscenza umana. E sopratutto nessun preconcetto deve guidarlo nel giudizio su alcune conclusioni che a prima vista sembrano paradossali; altrimenti non potrà comprendere la vera portata di certi recenti studi sulla natura della definizione e sull'indipendenza dei postulati. D'altra parte il matematico deve abbandonare la sua diffidenza per le alte speculazioni filosofiche con la scusa che queste sono sempre in evoluzione. È proprio delle dottrine filosofiche l'essere perennemente in evoluzione. Ed infatti la filosofia, la vera filosofia, prende alimento dalla scienza; se questa si evolve e si elabora continuamente, lo stesso deve avvenire della filosofia. Il matematico non può e non deve disconoscere l'importanza fondamentale del problema della conoscenza, quale fu posto per la prima volta da KANT, cioè: determinare in qual modo lo spirito umano esplica la sua attività nella costruzione dell'esperienza. Il problema non si può trattare prescindendo dall'osservazione e studio della scienza viva, della scienza nel suo continuo divenire; e questo studio può condurre ad una gnoseologia positiva che dev'essere la base della costruzione filosofica. Questo, si può dire, è il leit-motiv del magnifico libro dell'ENRIQUES: I problemi della scienza. L'ENRIQUES però non assurge ad una vera costruzione filosofica; ma questa non sarà difficile se matematici e filosofi riuniranno i loro sforzi per la rielaborazione di una critica della ragione, nella quale la dottrina della conoscenza non avrà l'immobilità e rigidità dello schema kantiano; l'intuizione, le categorie, l'a priori saranno intesi in senso più lato cioè come partecipanti in certo modo della mobilità dello spirito vivente ed attivo.

A. EMCH

DER RECHENKÜNSTLER WINKLER UND SEINE METHODEN

Eine der interessantesten Gestalten auf dem Gebiete der Rechenkunst ist der grosse Kopfrechner JOHANN JAKOB WINKLER. Während über eine Reihe von Vertretern derselben Geistesrichtung in verschiedenen Abhandlungen eingehend berichtet wird, findet man über WINKLER fast nichts vor und es ist der Zweck dieser Mitteilung, einige genauere Angaben über diesen merkwürdigen Mann zu machen.

Er wurde am 23. Februar 1831 in Wermats wil als Sohn des ULRICH WINKLER und der ELISABETH, geb. ENDERLIG, geboren. WINKLER war mit einer AMALIE KAROLINE FORSTINGER Von Karlsruhe verheiratet, hat aber keine Nachkommen. Ueber ihren Aufenthalt ist in der Heimatgemeinde nichts bekannt, obschon sie laut Familienregister noch am Leben ist und im 81. Lebensjahre stünde. WINKLER war der zweite von 10 Kindern und sein Grossvater stammte aus Zell im Tösstale und wurde. im Jahre 1829 als Bürger von Uster aufgenommen.

WINKLER hatte ein phänomales Zahlengedächtnis und eine riesige Rechnungsfertigkeit, die er nach seinen eigenen Angaben jeden Tag übte und üben musste. Er war sehr kurzsichtig und liess sich daher die Aufgaben und Zahlen vorlesen, gewöhnlich zweimal, so dass er während der grössten Rechnung weder die Aufgabe, noch irgend welche Zwischenresultate notiert sehen konnte, auf diesen Umstand war er stolz und hob wiederholt hervor, diese durch nichts unterstützte Gedächtniskunst hätte noch niemand fertig gebracht. Häufig war er mit einer Aufgabe fertig bevor sie zum zweitenmal gelesen war. WINKLER löste so ziemlich jede Aufgabe, welche in Rechnungsform gebracht werden konnte und bediente sich dabei, wie der berühmte französische Rechner JACQUES INAUDI einer Annäherungsmethode, indem er Näherungswerte bestimmte und dann den wahren Wert durch Interpolation erhielt. Irgend welche Logarithmen berechnete er auf sieben Dezimalen und auch Nummern zu gegebenen Logarithmen bestimmte er mit gleicher Leichtigkeit. Von andern Rechnungskünstlern unterschied er sich dadurch, dass er auch Aufgaben aus der Physik in seinen Bereich zog.

Dass ein Kern Wahrheit in der Tatsache liegt, dass WINKLER gelegentlich flunkerte, geht daraus hervor, dass es nach den Untersuchungen BINET's über den Rechenkünstler INAUDI fast ausgeschlossen ist, in so kurzer Zeit 120 Ziffern auswendig zu lernen. Wenn also WINKLER behauptete, das ohne Mnemotechnik tun zu können, so

ist die Tatsache noch keineswegs festgestellt. Sehr deutlich geht dies aus dem Artikel des Herrn Dr. H. LAURENT über « Calcul Mental in der Grande Encyclopédie hervor, in welchem er schreibt: Ich habe einen jungen Engländer WINKLER gekannt und unglücklicherweise seine Spur verloren, welcher wunderbare Rechnungen ausführte. Hatte man ihm zweimal 5000 Zahlen vorgesagt, so konnte er nach 14 Tagen dieselben in gleicher Ordnung hersagen. Es ist jedoch klar, dass eine solche Leistung nur durch Mnemotechnik erklärlich ist. In einer Sitzung, welcher auch der Arithmologe LEBESGUE und der Abbé MOIGNO beiwohnten, gab ich WINKLER die Aufgabe, eine fünfstellige Zahl in die Summe von vier Quadraten zu zerlegen und nach drei Minuten gab er verschiedene Lösungen des Problems. LEBESGUE behauptete, dass es ihn 14 Tage nehmen würde, um die Aufgabe zu lösen ».

WINKLER gab vor eine Methode zu besitzen und sagte: Wenn ihr sie kennen würdet, so würdet ihr gerade so schnell rechnen, wie ich, ich habe kein Gedächtnis und habe Mühe, eine Fabel auswendig zu lernen.

Nach einer brieflichen Mitteilung hat Herr Dr. LAURENT in Paris WINKLER gut gekannt. In der Grande Encyclopédie ist er irrtümlicherweise als Engländer angeführt. Offenbar ging WINKLER von England nach Paris und es ist ja wohl möglich, dass er an letzterem Orte den Glauben erweckte, er sei Engländer. Er soll auch in Oxford an der Universität eine Vorstellung gegeben haben. Nach einer Mitteilung von Herrn Professor ELLIOT ist jedoch in Oxford, sowie im übrigen England nichts über WINKLER bekannt.

Herr LAURENT teilt ferner mit, dass WINKLER im Gegensatz zu INAUDI, MONDEUX, etc. ein gebildeter Mann und guter Mathematiker war. Er beschäftigte sich mit höherer Analysis und interessierte sich für Literatur und Philosophie. Er gab vor, dass seine Kunst auf einer Methode beruhe, die er für 100000 Fr. verkaufen würde. Das war Ende der 60 er Jahre, als WINKLER etwa 38 Jahre alt sein mochte.

Er war auch in Solothurn und andern Schweizerstädten bekannt, wo er zu wiederholtenmalen Vorstellungen gab.

Was nun WINKLER'S Methode anbelangt, so glaube ich nicht, dass dahinter ein grosses Geheimnis steckte. Ein gewisser G. von TOBEL gab in Zürich im Verlage von MEYER und ZELLER eine Brochüre mit dem Titel: Sammlung sehr wertvoller Rechnungsformeln, Aufgaben und Tabellen, leichtverständlich für jedermann, von J. J. WINKLer, speziell für Kopfrechner, heraus. Dieselbe enthält nichts als eine zum Schnellrechnen zugestutzte Anwendung der Logarithmen und algebraischen Formeln, wie sie aus folgender Darstellung hervorgeht:

Um zum Beispiel den Logarithmus einer Zahl., z. B. 9368754 zu berechnen, zerlegt er die Zahl in 9000000+368754 und nennt 9000000 die Grundzahl A. Davon ist 368754 circa 4%, also 9368754 = A + Die Zahl A. 1,04 9360000 nennt er die zweite Grundzahl B. Davon ist 8754 circa

A+

4.A
100

+875 oder A. 1,048754.

=

9 Zehntausenstel oder 8424. Also 9368754 A. 1,04 A. 1,04 +

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A.1.04.1,0009330. Die Zahl A. 1,04.1,00099368424 wird 3. Grundzahl C genannt. Davon ist 330 circa 3 pro Hunderttausend, oder 281. Also 9368754 =

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