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maggiori il capitano della santa Maria, Grifone degli Oddi, al cui gran nome s'inchinano tutte le grandezze di Perugia 3. Veniva con lui l'altro collega di Osimo, Guarniero Guarnieri, capitano del san Francesco, che poi stette lungamente castellano della fortezza in Civitavecchia 4. Ed. al paro continuavano i due più giovani capitani, Leonardo Ferretti, consanguineo del precedente governatore, sul san Carlo 5; e Guidubaldo Bonarelli sul san Domenico; ambedue di tali famiglie che per secoli han tenuto alto il nome di Ancona ".

A questi signori voglionsi aggiungere i giovani ufficiali, appartenenti allo stesso corpo, e provvisionati di estate e d'inverno, che però dicevansi fissi; a differenza dei venturieri, che non erano chiamati, nè toccavano stipendio altrimenti che durante la navigazione. Fra i primi Pierdomenico Guglielmotti, di Civitavecchia, fratello del console di Genova, nobile di poppa, ed ajutante della squadra. Poi Giorgio Mainardi, nipote del vescovo della Ripa, oriundo di Bertinoro, dove i suoi maggiori avevano tenuto dominio . Quindi Vito Baccarini, al cui nome preludia un Nunzio nella real corte di Francia. Ed ultimo Sebastiano Giustiniani, del ramo cadetto dei prin

3 VERMIGLIOLI, Storia di Perugia.

ALEXIUS CAESAR, Elogia civium Perusinorum, in-12. Roma, 1652.
SILVESTRINI, Notiziario perugino.

4 ZAZZERA, Nobiltà d'Italia.

GAMURRINI, Fam. tosc. ed Umbre.

5

AGOSTINO PERUZZI, Storia d'Ancona, in-8, 1835.

ARCHIVIO DELLE FINANZE cit., e note segg.

6 ANTONIO LEONI, Ancona illustrata, in-4, 1832.

7

DIARIO di Roma, e note segg.

DIARIO uffic. di Roma, come alle note segg. 36-37.

FRANGIPANI, Storia, pag. 217-245.

ANNOVAZZI, pref. xxvi, pag. 96, 292, 327, 436, 445, 457, 468.

8 GIORGIO V. MARCHESE, Galleria, I, 44.

9 C. CAMPANA, Storie, in-4. Ven. 1595, II, 415, 417.

DAVILA, Ven. 1670, pag. 712.

P. A. G., Permanente, 87.

ΙΟ

cipi romani, il cui nome lunghi anni durerà grande e onorato alla marina . Quindi sul principiare del libro, e per tutto il primo decennio, salvo le varianze consuete, compongo il seguente:

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Pierdomenico Guglielmotti, di Civitavecchia, ajutante. Giorgio Mainardi, di Bertinoro.

Vito Baccarini, di Romagna.

Sebastiano dei principi Giustiniani, di Roma.

Assentista: cap. Giulio Pazzaglia, di Civitavecchia. Comito reale: cap. Antonio Calcagnini, di Civitavecchia. Cap. di sbarco: Domenico Bussi, di Roma.

Salparono insieme quest'anno alli cinque di maggio in due stuoli per diversa direzione. La Motta intorno a

10 DIARIO di Roma. ARCH. DELLE FINANZE. Note seguenti.

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Ponza, ed il Bussi a Gianutri. Questi l'istessa mattina nella cala dell'isola, investi sul ferro una galeotta tunisina armata a Biserta; sopra la quale, ad un cenno solo, fece salire la sua gente, e mettere in catena trentasette barbareschi, ancora attoniti della sorpresa ". E ben avvisandosi non dover costoro esser soli, stette in agguato alla posta per altri cinque giorni dietro all' azzico, finché non fosse tornata la conserva, cui rese l'istesso prontissimo servigio. Vi fece altri venticinque prigionieri".

E perché le torri del Tevere segnalavano ancora di sospetto, lasciate le due prede in Civitavecchia 3, l'istesso Bussi corse a quella parte, e raggiunse sull'altura di capo d'Anzio, venti miglia a mare, un bastimento che fuggendo e girando contro vento, attendeva la notte per coprirsi e sdrucire. Ma costui côlto oramai da presso, e tocco dalle prime cannonate, ricorse per protezione sotto al bordo di grossa nave dalla bandiera inglese, e dall'aria poltra, semplice spettatrice della caccia. Cadde il pirata dal pajuolo nella brace: perchè la nave distesa ad un tratto la bandiera austriaca, con gran salva di moschettate lo costrinse alla resa. Era il san Carlo di Napoli, comandato dal capitano imperiale Dietrickstein; il quale al giovane Ajutante del Bussi, venuto cortesemente a trattare con esso lui dei diritti suoi, rispose altezzoso che sarebbe andato a Napoli con la preda, e colà avrebbe ubbidito agli ordini del cardinale d'Althan suo viceré, cui darebbe ragguaglio del

successo 14.

11 DIARIO di Roma, 15 maggio 1722, pag. 11.

12 Loc. cit.

13 ARCANGELO MOLLETTI, nobile cittadino, Storia di Civitavecchia. Mss. BIBL. CASANATENSE, E. IV, 18.

14 DIARIO, 6 giugno 1722, pag. 11.

Dopo tre giorni trovo il Bussi medesimo all'Argentaro in lungo conflitto contro grossa nave barbaresca: la quale, ridotta pur essa alla disperazione, entra per rifugio sotto la torre di Sanstefano, presso Orbetello, deve resta di presente sequestrata dal Comandante imperiale di quel presidio, collega unanime del Dietrickstein 15. In ogni modo sono quattro flagelli tolti di mezzo. E noi ridenti possiamo continuarci al pasto della navale leggenda: da poi che i rilievi pur del nostro asciolvere gli fanno gola all' Imperio.

Ricisamente a ricco convito, da disbramare più il desio naturale dei campioni, che non le cupidigie acquistate dei parassiti, ci accade assistere ora in Civitavecchia; dove la squadra maltese, ed il suo generale Ruffo della Bagnara, insieme col La Motta (meno fortunato del suo stuolo), insieme col Bussi, e cogli altri nostri ufficiali, festeggiano, dopo grave malattia, la salute ricuperata dal Grammaestro; e si apparecchiano a difendere l'isola di Malta dall' armata ottomana 16. Richiesta al Papa la squadra dall' Ambasciatore dei cavalieri, anche prima delle generali citazioni, andò il La Motta con le sei galere, e vi stette finché, per lo sbarco in Siria e per la guerra di Persia, non furono di qua dissipati i sospetti 17.

(1723.]

II. — Dai paesi lontani venendo ai vicini, trovo cresciute da presso le molestie dei pretendenti alle successioni, ormai raddoppiate, tra i due rami di Spagna e di Austria, che co' loro struggimenti intorno alle

15 MERCURIO di Venezia, giugno 1722, 15.

16 DIARIO, 20 giugno 1722, pag. 9.

17 VERTOT, Histoire des chev., an. 1722.

MERCURIO di Venezia, agosto 1722, pag. 5.

Sicilie, alla Sardegna, alla Toscana, ed ai Presidî, tengono sossopra la terra di Roma. Di mezzo allo stento, condizione perpetua dell' uomo sulla terra, mi accade tale un aneddoto circa il castello di Palo, che, toccando il sistema delle Torri littoranee da me descritto, non deve essere qui a suo luogo dissimulato ne omesso 18.

Il duca di Bracciano possedeva, e possiede ancora, il castello di Palo sulla spiaggia nel mezzo del cammino. tra Roma e Civitavecchia, dove è sorgitore e scalo sufficiente di buon tempo. Secondo l'antico costume feudale, il Duca teneva colà un castellano, ed alcuni soldati di guardia, ricevendo dall'erario pubblico i compensi consueti per le munizioni e pei soldi: né accadeva diffidenza tra i ministri camerali e feudatarî, trattandosi di turchi e di pirati. Ma avendo egli stesso venduto di fresco quel feudo a un genovese di casa del Grillo, uomo stravagante e non suddito, si cominciò a temere non forse quel Grillo medesimo saltasse a rivendere il castello sul mercato di qualcuno dei pretendenti, ai quali ogni punto diceva bene, pur che da indi crescesse il peso dei loro (cosi detti) Presidî. Per ciò la Camera più volte invitó colui ad accordarle la prelazione sul fondo; offerendosi pronta a pagargli la stessa somma e quel proprio prezzo pel quale l'aveva egli acquistato. Ma il Grillo duro nella negativa, e ambiguo nelle risposte, fece ombrare tanto i ministri romani, che n'ebbe la peggio. Il tesoriere Collicola in persona, con due galere, venne a Palo, scese in terra a diporto, passeggiò col seguito di ufficiali e marinari, dette udienza al Castellano, e mostrò desiderio di vedere con lui l'edificio. Ma come ebbe trapassato il ponte, prese possesso del posto, congedò i Grilleschi, e pose

18 P. A. G., Fortificazioni, lib. X, pag. 479.

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