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La nostra squadra al modo consueto incrociava per le acque vicine: nè alcuno pensava a misconoscerne i servigi. Anzi per fermezza maggiore, alli diciassette di agosto 1713, si concludeva il primo assento col celebre Giulio Pazzaglia, da durare quattro anni, cominciando dal primo di aprile 1715. Patti consueti: e sola novità espressa colle seguenti parole 45: « Se la Camera o il

Commissario generale della marina ordineranno all'As< sentista di navigare in persona sulla squadra, egli en<< trerà a bordo con quelle convenienze ed onoranze che piacerà a Sua Santità di concedergli. » Quinci vediamo il principio onde venne da poi a tutti gli assentisti il grado equivalente a capitano di galea: onore conferito per la prima volta al merito singolare del Pazzaglia, ed agli altri appresso, secondo l'esempio.

Navigando quest'anno di conserva la Capitana col san Pietro, incontrarono ambedue furiosa tempesta equinoziale nello stretto di Piombino. La prima imboccò a salvamento in porto Ferrajo: ma l'ultima, spinta oltre dal turbine e dalla corrente, dette di traverso alla costa dell' Elba. Sferrata a pena la ciurma, quasi tutta si ribelló, sorse confusione terribile, e vennero alle mani tra li scogli, l'acqua, e le catene. Molti feriti, sei morti compresovi il cappellano ed il contino della Motta nipote del comandante, e lungi in fuga la gente da remo 4o. Al ritorno del buon tempo le altre galere ricuperarono l'artiglieria, gli avanzi migliori del naufragio, e appresso ripresero tutte le ciurme per le campagne dell' Isola.

IX. Altre due galere nuove uscirono quest'anno dal cantiere di Civitavecchia: una Sensile per essere sostituita alla naufragata dell'Elba, ed una Capitana asse

45 ISTRUMENTO per gli Atti del Tartaglia in Roma, 17 agosto 1713. 46 ARCHIVIO DELLE FINANZE, già a palazzo Salviati, Navi e galere, V, 61. AVVISI di Napoli, novembre 28: dicembre 5, anno 1713.

gnata a splendida missione. Di suprema grandezza e di magnifica comparsa chiamava gli occhi di tutti i marinari, e innuzzoliva il cuore delle maestranze e dei costruttori. Il quadro di poppa e le grandi targhe laterali, messe d'intaglio a rilievo, rappresentavano la recente canonizzazione di san Pio, ed i fatti principali della battaglia di Lepanto. Ai bandini, ai balaustri, alle cinte tutto un andare di festoni, di rabeschi, di stemmi, di trofei militari, sostenuti da giganti e da mostri marini. Fondo di ebano, doratura fiammante, tendali di porpora, nappini d'oro, frange di seta 47. Il Labat, navigatore francese e presente allora nel nostro porto, compreso di meraviglia, esclamava 48: « Quella poppa sublime, coperta <«< di damasco rosso e di scarlatto, coi galloni d'oro e <<< le cordoniere compagne, davami la più bella vista del << mondo! » Tale prodigio dell'arte e della eleganza nel suo genere doveva al primo viaggio trasportare in Francia. la regina Maria Casimira di Polonia, vedova di quel gran Sobieski il cui nome suona ancora terribile a' Turchi per tante vittorie, e per la liberazione sempre famosa di Vienna dall'assedio memorabile. La Regina, dopo la morte del marito, e dopo l'elezione del successore Augusto di Sassonia, erasi ritirata in Roma, e vi aveva fatto dimora stabile per molti anni: ma finalmente risolutasi di finire gli estremi giorni nelle sue terre di Francia, ove era nata di casa de la Grange d'Arquien, prese congedo. Visitata da tutti i cardinali, dagli ambasciatori, e dalla

47 ARCHIVIO DELLE FINANZE cit., Nota di spese per doratura e scoltura alla nuova Capitana, IV, 36:

« Anno 1714. Pagati ad Andrea Bracci intagliatore per lavori a detta Capitana, sc. 2709.

« A Domenico Bariglioni doratore, per suoi lavori come sopra, SC. 1600. »

48 LABAT, Voyage cit., VII, 45: « Cette poupe élevée et couverte de damas rouge et écarlate, avec des galons d'or et des cordons de même matière. faisoit le plus bel effet du monde! >>

squisita cortesia del Papa, venne a Civitavecchia il diciotto giugno 1714 insieme con la principessa Sobieski sua nipote, e con tutto il corteggio della casa reale. Prese un poco di riposo nel palazzo della Rocca, e la sera s'imbarcò sulla Capitana, comandata in persona dal bali Ferretti, e seguita dal san Giuseppe del cav. Bussi, nipote del cardinale di Viterbo; e scortata da altre tre galere maltesi, venute a posta per questo viaggio, all' obbedienza dell'istesso Ferretti. Arrivò a Marsiglia il ventisei del mese sulle otto ore del mattino, dopo un po' di rilascio per tre notti a riposo in Livorno, in Genova, e in Nizza.

Intanto che a terra si apparecchiavano le formalità del ricevimento e dell'alloggio, venivano le visite a bordo. Il governatore della città, gli scabini del municipio, i comandanti della piazza e delle galere, i gentiluomini della provincia. Dopo la presentazione nella camera di poppa, dove la Regina stava tutta vestita, e colca a metà sulla sponda del suo lettuccio, givano coloro nei palischermi di lusso allo scalo, e quivi la ricevevano all'ora di vespro, quando essa poneva il piede alla sponda, salutata dalle galere romane, francesi, e cavalleresche, dalle fortezze, dalla piazza, da tutti i bastimenti del porto.

Quando la Regina col suo corteggio e colla principessa Sobieski si fu tolta di vista, la Capitana romana, disteso il palamento, lasciò il suo posto, e venne briosa innanzi alla Reale francese. La salutò con quattro tiri di cannone, e si ebbe risposta alla pari, colpo per colpo. Poi riprese la posta sua consueta, rimpetto al palazzo municipale, e salutó la Città ospitaliera e festosa. Non occorre ripetere, scrive il Labat, che si faceva a gara per venirla a vedere 49. E ben lo meritava: perché, a

49 LABAT cit., VII, 66: « Sans que je le dise, on peut croire qu'il y avoit presse à la venir voire. Elle le méritoit bien: car de l'aveu même des François, c'étoit le plus magnifique qu'on eut encore vue. »

confessione degli stessi francesi, ell'era la più magnifica Capitana che si fosse mai vista.

La Città intanto festeggiava l'approdo della Regina con giocondissime feste, musiche e luminarie per le piazze e sul porto. Bellissima illuminazione alla facciata dell'arsenale: ma non egualmente brillante agli occhi del Labat, che portava seco esperienze migliori da Civitavecchia, la luminaria delle galere. Mancava in Marsiglia l'azione, il movimento, il coraggio, veniva fredda, pareva che non si fosse nel centro della Provenza, ma nella zona glaciale della Lapponia 50.

Stette fermo il Ferretti quarantotto giorni in Marsiglia, finchè vi dimorò la Regina aspettando che fossero acconciate alcune difficoltà insorte circa al luogo del suo soggiorno. La sera del lunedì, sei d'agosto, riprese il largo, si trattenne alcun poco in Livorno, e la mattina del venti rientrò nel porto di Civitavecchia, portando seco doni e ricordi preziosi della Regina, della principessa sua nipote, del governatore di Marsiglia, dei magistrati, degli ufficiali, dei marinari, e del popolo marsigliese, che acclamato avevano alla nobile comparsa, come a cosa stupenda. Quanta diversità tra i fasti, quantunque ugualmente degni, del Cadolini e del Ferretti, tra motore libero e servile, tra remo e vela, tra le antiche tradizioni pelasghe, e le nuove bizzarrie boreali. Fortuna mia! che, scosso dalla trepidazione di sette lustri, e fran

50 P. A. G., Permanente, 129.

LABAT, Voyage, VII, 68: « Je vis, pendant mon sejours à Marseille, les fêtes que l'on y donna à la Reine de Pologne. La plus belle fut l'illumination de la façade de l'arsenal, et celle des galères; elle avoit été précedée d'une joûte, ou les matelots auroient donné beaucoup de plaisirs, s'ils avoient été plus animés, mais il la firent si mollement, que je n'ai jamais vû rien de si froid; il sembloit que les Provençaux, d'ailleurs si vifs et si ardens, étoient devenus des Lapons ou des Somojedes. J'ai vu de ces joûtes à Paris sur la Seine. J'en avois vû dans le port de Civita- Vecchia, il y avoit de l'action, du mouvement, du courage: celle de Marseille faisoit pilie. »

cheggiato oramai dal palamento perfetto della macchina, senza timore di contraddizione, posso rinverdire la fama dell'antica milizia navale! Fortuna di tutti, che possono al modo stesso ricondurre la tattica ai primi principî perpetui.

Non mi trattengo appresso agli altri continui viaggi del secondo stuolo, sotto il cavaliere della Motta, Incalzano maggiori e più strepitosi successi.

[1715.]

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pace

X. Dopo quindici anni di stenti, fini la guerra di successione per la di Rastadt alli sei di marzo 1714. Il trono di Spagna alla dinastia borbonica, la Sicilia al duca di Savoja, l'Alsazia alla Francia, Napoli e Milano all'Austria. Tutti lieti in apparenza. Ma in sostanza più di tutti lietissimo il Turco: il quale, dopo essersi deliziato dello strazio intestino tra popoli cristiani, a tradigione gittò fuori formidabile armamento contro Venezia. Dall' istmo di Corinto i suoi giannizzeri entrarono nella Morea, ed i suoi navigli appresso per lo Jonio e per l'Egéo, in brevissimo tempo occuparono tutte le fortezze e tutto il regno. Il famoso pascia Langallerie, rinnegato francese, di quei giorni scriveva al comandante Ferretti che sarebbe venuto l'anno prossimo ad abbracciarlo in Civitavecchia. Tenevano quei furfanti sempre in bocca il vecchio anagramma dalla Moréa alla Romea 5.

Ne leggiere velleità, nè lontane minacce erano coteste: ma terribile risvegliamento di fanatismo musulmano per sottomettere al giogo di Maometto ogni altro paese 52.

51 CLEMENTIS XI Epistolae et brevia selectaria, in-fol. Roma, 1720. CLEMENTE PP. XI, Enciclica. BIBL. CASANAT. Miscell. in-8, vol. 157. MURATORI, Annali, 1716 princ.

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52 FRANCESCO MARIA OTTIERI, Guerre di Europa, in-4. Roma, 1756, Vol. VII, 45.

POLIDORI, Vita di pp. Clemente, lib. IV.

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