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N." TESTE

DIMOSTRAZIONE

DELLA SPESA PER CIASCUNA FREGATA PONTIFICIA IN UN MESE.

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Cappellano

3.

2 Scrivani: al primo scudi 9, al secondo sc. 5.40

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I

Chirurgo.

9.

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5.62/2

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I

Nocchiero.

9

5.622

I

Sotto Nocchiero

7.20

4 50

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Le nuove cifre pei bastimenti velieri di necessità modificarono tutta l'amministrazione marinaresca, onde fin dal principio dell'anno derivarono nuovi capitoli di

assento cogli intraprenditori romani, signori Lepri e Cacciari. Essi obbligaronsi a mantenere ciascuna fregata in navigazione per otto mesi dell' anno al prezzo indicato dalla precedente tabella, di quasi mille scudi; e per quattro mesi residui a mantenerle in riposo a prezzo proporzionalmente ridotto; ed a fare le spese di riparazione e racconcio per altri mille quattrocento scudi in ogni anno. Similmente a mantenere tre galere in navigazione per mesi quattro, a sciverno per mesi otto: ed altre due galere di riserva nella darsena, una nuova di costruzione sul cantiere, e due pontoni di spurgo nel porto. Cifre arruffate e ridotte ai minimi termini, che portano la corrisposta annua di scudi ottanta mila, duecento cinquantasei.

Questi stessi contratti, e queste medesime tabelle, andarono a Torino; e servirono di norma poscia alle due fregate del regno di Sardegna, san Carlo e san Vittorio, quantunque nelle più recenti e divulgate storie della marina sarda ed italiana non si dica mai verbo del primo esemplare 13.

[Maggio 1755.]

III. Alla imminente uscita delle fregate avrebbe voluto il comandante di Blacas prendere il largo in alto mare, e correre di lungo tutte le riviere di Barberia : ma perché venivano tristi notizie di lorda navigazione tra la Sardegna e la Toscana, volse la prua a visitare quell'arcipelago minore da Gianutri a Montecristo, al Giglio, all'Elba; e poi difilato alla Pianosa. Colà a punto

12 STRUMENTO di assento tra la R. C. A. ed i sig. Lepri e Cacciari di Roma per anni nove dal 1 gennajo 1755, ecc.

ARCHIVIO DELLE FINANZE cit., VI, n. 70.

13 ALESSANDRO MICHELINI, Storia della marina militare del cessato regno di Sardegna. Torino, eredi Botta, in-8, 1863.

CARLO RANDACCIO, Le Marinerie italiane, in-8. Torino, 1864, pag. 11.
DANIELE MORCHIO, Il Marinaro italiano, in-8. Genova, Pellas, 1879.

erasi raccolto lo stormo di molti sciabecchi e pinchi algerini, che, avendo sottomesso poc' anzi ricco convoglio poc'anzi di bastimenti liguri e olandesi, usciti da Lungone cinque giorni prima, scortati dalla Corsara genovese, attendevano ai risarcimenti dei danni, ed alla partizione del bottino. Quando costoro, sempre solerti e mascagni, dalle loro guardie di altura ebbero avviso delle due fregate agili e snelle, tutte invelate per la lunghezza degli alberi e dirette risolutamente a quella volta, spaventati dal brio e dalla novità della comparsa, senza indugio frapporre, abbandonata ogni cosa, presero la fuga. Ma non tanto furono accorti alla giostra delle spalle, che non intoppassero sotto alle batterie del san Pietro e del san Paolo. A chi fiaccato l'albero, a chi infranta la murata, a chi scosso il palischermo, a chi rotte le manovre, a tutti imposto lo sfratto. E v'ebbe pur talun di loro che gittò a mare tutta l'artiglieria per farsi più spedito allo scampo dalle bocche di Bonifazio, senza mai volgersi indietro, finché tutti scornati e confusi non ebbero rivisto il covile dell'Africa 11.

La notte seguente dal comandante Blacas si fece smettere la caccia per rinvertire alla cala della Pianosa, a riscuotere ambedue i convogli, e tutto quel che restava di roba e di persone, compresavi nientedimeno che la santa Maria del Soccorso, celebre barca genovese, nominata in principio 1. Essa, dalle nostre fregate rimessa in assetto, insieme con tutti gli altri fu ricondotta a casa, e restituita ai suoi padroni. Qui cade in acconcio ripetere le precise parole scritte allora da Genova sul fatto, a mezza bocca, e confusa: poichè il ritorno e la restituzione di quella povera barca, cosi gnuda e brulla, come

14 CAV. NICCOLÒ SIMONETTI, Discorso sulle fregate pontificie, nel cit. ARCHIVIO DELLE FINANZE, vol. VIII, n. 118, 121.

15 DIARIO, ecc. - v. nota prima.

GUGLIELMOTri.

9.

ΙΓ

l'avevano lasciata i pirati, faceva pietà, tanto ai liberatori, quanto ai proprietari. Parlino essi 16: « Genova, << 31 maggio 1755. Si ancorarono lunedi due navi da << guerra pontificie, assieme altra di questa Compagnia di Nostra Signora del Soccorso, a cui l'hanno restituita. Si seppe che la barca di essa Compagnia cinque giorni prima fosse partita da Longone per andare girando in traccia di legni barbareschi. »

Chi cercherà negli archivi altrui, e nelle carte mie per certo troverà che in ordine prepostero la nave del Soccorso restituita, è quella stessa barca della Compagnia. uscita cinque giorni prima da Lungone: che, convogliando contro Barbareschi, fu presa da loro, e riscossa alla Pianosa dalla generosità romana.

[20 ottobre 1755.]

IV. Alle dimostrazioni di Genova, devo ora aggiungere quelle di Olanda, cioè dei due paesi che allora più di ogni altro trafficavano in Italia, e perciò maggiormente grati ebbero a mostrarsi ai benefici ricevuti dai nostri marini. Dopo continue navigazioni di quattro mesi, sempre coll' istesso successo, intorno alla Sardegna e alla Sicilia, entrato il san Pietro nel porto di Malta per alcune riparazioni necessarie, il san Paolo da solo prese la scorta d'un convoglio olandese proveniente da Levante, e diretto a Genova ". Passando la mattina del venti di ottobre tra Montecristo e il Giglio, scopri bastimento sospetto: taglio barbaresco, velatura mista di

16 DIARIO di Roma, anno 1755, n. 5914. gno 1755, pag. 4.

Data di Genova, 11 giu

17 FRANGIPANI, Storia Civ., pag. 183: « La fregata san Paolo predo nelle acque dell'isola del Giglio un Pinco algerino di ventiquattro pezzi di cannone, e centotrenta uomini di equipaggio. »

quadro e di latino, direzione incerta. La fregata briosa col vento di Scirocco debole sforzò il cammino, fece i velacci, pinse i remi; e giunta da presso, issata la bandiera, chiamò l'altro all' obbedienza. Al primo lampo quegli poggio in poppa e volse a maestro, senza rispondere: ma ben si scopri pinco barbaresco, armato di molti pezzi, e di molta gente. Durando la caccia, e facendosi sempre più vicino il Polastron, venne in capo al nemico l'audacissimo disegno di lasciarsi investire, di saltare all'arrembo, e d'impadronirsi della fregata. Due volte si provarono all'assalto, e due volte furono ricevuti sulla cuspide degli spuntoni, e sotto al taglio delle piccozze. Al feroce capitano, che brandiva la scimitarra, e incitava i pirati colla voce e coll'esempio, chiuse la bocca di sua mano con un colpo di tromboncino l'istesso nostro Comandante. Caduto colui, gli altri presero l'aspetto di volersi arrendere: gittarono a mare quelle armi che avevano peggiori, e si tennero pronti alla strage dei nostri se mai venissero al possesso. Di che avvedutosi bene il Polastron, ritenne la foga dei suoi, perchè non si gittassero intempestivi all'assalto; e in quella vece riprese a giocar di metraglia, rifrustando l'equipaggio ricalcitrante per un'altra ora. In capo alla quale, messi fuori di combattimento settantadue musulmani, trentacinque morti, e trentasette feriti, i superstiti finalmente si arresero da senno 18. Si trovò pinco algerino, di grosse dimensioni, armato di ventiquattro cannoni, e di cento quarantasei uomini di equipaggio. Trentacinque cadaveri al mare, e centundici tra sani e feriti alla catena o all'infermeria, vinti e vincitori a rilascio in porto Lungone 19.

18 MERCURIO di Venezia, anno 1755, mese di dicembre, pag. 4. 19 L'ACCADUTO nel combattimento e preda del Pinco algerino al Giglio la mattina del 20 ottobre 1755. Foglietto di stampa volante di quel

tempo.

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