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VII.

[1733-37-]

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Un'altra conseguenza, ripigliando ora il filo del racconto, mi viene dal combattimento della Liona: perchè svolge nuovo metodo marinaresco di attacco, e nuova maniera di contrasto. Noi non troviamo più venire dall'Africa i grandi bastimenti da remo: non più galere algerine e tripolitane: ma incontriamo legni a vela di alto bordo, navi, vascelli, sciabecchi, e pinchi, a crescere i fastidi del commercio e dei maremmani, d'estate e d'inverno.

Al contrario le nostre galere durano terribili, e dureranno sempre, finchè non venga coll'istessa e maggior terribilità e co' medesimi principi il motore libero del meccanismo a vapore. Ondechè i ministri camerali nel 1733 per la sesta volta col capitano Pazzaglia rifermano l'assento delle galere medesime, ai patti consueti 49. E tre anni dopo, promosso pel degno combattimento il cav. Bonarelli a governatore delle armi in Ancona sua patria 50, chiamano capitano il cavaliere Miniato Ricci; i cui giornali, conservati dai nobili signori marchesi Ricci di Roma, saranno appresso da me più volte riprodotti. Esso e gli altri ufficiali continuavansi nelle consuete navigazioni, nè lasciavano punto dei soliti utilissimi servigi, a dispetto dei pirati, che dinanzi a loro sempre fuggivano 5.

Ma quando, all'entrare del verno, le nostre galere rimenavano le stanche ciurme nella darsena, allora uscivano fuori dalle grotte africane le navi a vela, e la gente

49 STRUMENTO e proroga, ecc. dal 1 aprile 1735 al marzo 1739, rogalo in Roma per gli atti di Antonio Paoletti add 7 luglio 1733. ArCHIVIO cit., III, 36.

50 DIARIO di Roma, 21 gennajo 1736, pag. 2.

51 DIARIO di Roma, 7 e 10 agosto 1736.

sciolta: minimo dispendio, massimo guadagno, progresso di moda. E ciò tanto meglio tornava ai Barbareschi, quanto valeva il recente trattato di commercio con la Francia, pel quale tutti i porti di Provenza stavano loro a rifugio, a racconcio, a rinfresco; con questo solo di non usare violenza a niuno dentro la zona di trenta miglia dalla costa. Allora s'incontravano insieme a Tolone e a Marsiglia i corsari barbareschi, e i mercantili genovesi, fiorentini, romani: ed a stento si otteneva il sequestro del timone per tre giorni ai primi, tanto che gli altri potessero allargarsi un po' sicuri 52.

I fatti di questo nuovo periodo preparavano anche tra noi l'armamento delle fregate e delle corvette, come dirò negli altri libri: ma prima dell'opinione pubblica venne il rimedio. Appressandosi il verno, gli armatori civitavecchiesi che avevano in porto una loro grossa e bella nave, di trecento tonnellate, chiamata l'Assunta, pensarono di metterla al corso durante la stagione peggiore. S'intesero coi due ufficiali provetti della marina più volte nominati, conte Michele Balzarini, e don Bastiano dei principi Giustiniani; e presto presto sotto il comando del primo e del secondo ebbero fermata ogni cosa: dodici cannoni da otto sul ponte, sei tromboncini sul cassero, quaranta marinari, cinquanta soldati, le maestranze, i corredi, e pronti alla vela. E perché l'Assunta era alberata alla latina, la chiamarono nave e barca Corsara 53. Si notino bene le tradizioni dei nostri maggiori, e la preferenza da loro attribuita alla vela latina. Quando essi volevano nave da corso, per ogni procella, reggente al mare, atta alla caccia, buona alla vela, e miglior boliniera, essi preferivano l'antica e primitiva velatura pe

52 DIARIO, 12 dicembre 1736, pag. 5 19 detto, pag. 3.

53 ARCHIVIO DELLE FINANZE cit., vol. segnato 783: « Posizione della Barca Corsara, e delle antiche guardacoste. »

lasga dei Greci e dei Romani, cioè di forma triangolare. Questa forma, se bene non si usi adesso più che dai piccoli bastimenti, si usava nondimeno dai grandi vascelli, dalle cocche nostrali e dalle galeazze veneziane. La vela triangolare non ha bisogno di bracci, nè di boline, nè di mantiglie, ed è la migliore per stringere il vento. Essa va all'orza fino a quattro quarte dall'occhio che soffia; quindi domina l'orizzonte per ventiquattro rombi: laddove la vela quadra non domina più di venti, e quindi le cede di quattro punti. Bolina di legno, dicevano gli antichi, e non di strambe, per orzeggiare.

L'Assunta navigò tutto l'inverno dalla fine del trentasei infino al dodici aprile del seguente, con molto vantaggio, convogliando i bastimenti specialmente di grano e di vino dagli scali di maremma e dalle isole vicine, alla foce del Tevere. Niun combattimento. Ma la mattina del dodici aprile trovandosi sopra al Circèo e facendo discoperta a levata di sole, appuntarono da lungi, trenta miglia al largo sull'altura del monte, un vascello sospetto: prua a ponente, vento di Ostrolibeccio maneggevole 4. Il Balzarino gli si mise appresso, correndo tutta la mattina per riconoscerlo meglio da vicino. E tanto bene portavano all'orza quelle vele latine che, senza paragone superando il tardo beccheggio del vascello quadro, oramai erano arrivate a raggiungerlo. Di che l'altro, recatosi a noja d'essere cosi pertinacemente inseguito e superato, all'improvviso virò di bordo: e mostrando pei pochi momenti della girata la bandiera francese, mosse risoluto incontro all'Assunta. Tutto in un punto da una parte e dall'altra. Fattisi propinqui, il Balzarino, che sempre aveva tenuto a riva la bandiera papale, intimò all'altro di mostrare la sua, scotendo tre volte la propria,

54 DIARIO, 29 aprile 1737, pag. 8.

e sparando un cannone cannone senza palla. Colui allora isso. all'albero di maestra lo stendardo d'Algeri, l'assicurò con una cannonata, e poggiando di sopravvento mosse per gettarsi all'arrembo sull'Assunta. Il Balzarino non mutò aspetto, né mosse costa: anzi dritto più che prima corse addosso al nemico, quantunque vedesse l'incertezza e il pericolo del cimento col vascello di grandezza, di artiglieria, e di gente più che doppio del suo. Quindi nel dare gli ultimi comandi, per una di quelle ragionevoli previsioni che gli uomini eletti sentono non fallace, fece riconoscere dall'equipaggio, come successore, il nobile Bastiano Giustiniani, suo cugino, che navigava da volontario per secondo.

Intanto il Vascello algerino veniva abbrivato: e l'equipaggio numeroso, alla scoperta sulle murate e sulle parasartie, brandivano le scimitarre; e con vista terribile minacciavano evidentemente di volersi gittare tutti insieme sull'Assunta al primo contatto. Profondo silenzio. Mezza gomena di distanza. Si aprono i nostri portelli. Sprizza in un lampo tutta la fiancata della destra, ed è spinto sottovento il nemico. Sbizzarrita a un tratto la loro baldanza, scendono dalle sartie, rientrano dentro, mutano la barra, sfuggono lo scontro. Ma nel momento della passata a contrabbordo, come se volessero tenerci lontani anche coll'urto meccanico dei projetti, scaraventano tutte le armi sull' Assunta. Molto danno, parecchi feriti, due morti: un soldato colpito in faccia da palletta di metraglia; e il capitano Balzarino trafitto di moschettata in mezzo al petto 55.

In quel momento di comune trepidazione Sebastiano prese il comando. E trovandosi sopravvento poggio sul

55 ARCHIVIO DELLE FINANZE, Posizioni delle guarda-coste, vol. 783, reg. n. 265, 269, e quivi i particolari del fatto, del Balzarini, e del Giustiniani.

fuggitivo, rivolto di bordo in terra, e di prua verso Ponza segno in lui di maggiori avarie. Mantenne la caccia fino a notte, perdè di vista il nemico tra le tenebre, e la mattina seguente non vide più nulla. Perciò si volse ad Anzio, depose i cadaveri, accompagnò alla Chiesa con tutti gli onori militari la salma del Comandante, e prosegui il viaggio per Civitavecchia 56.

Quando l'Assunta rientrava in porto a vele gonfic, allora uscivano a remi battuti le galere. Caccia continua contro i piccoli bastimenti da remo, ultimi rappresentanti della vecchia specie. Due galeotte inseguite fino alle bocche di Bonifacio 57: altre due fino all'Elba 58: dodici fino in Sardegna 59: e due prese da Montecristo, e portate a Civitavecchia con un centinajo di prigionieri, e sei Toscani rimessi in libertà 60.

[1738.]

VIII. -Nell' invernata susseguente la nave del capitano Oderigo, armata in Genova a imitazione della nostra, si attaccò presso al Giglio con un grosso pinco

56 LAPIDA dal FORCELLA, VIII, n. 376. Parla di altri individui: ma stabilisce la cognazione delle quattro famiglie Balzarini, Lusignani, Mamacchi e Giustiniani:

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