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Se poi ci faremo a considerare in genere, com'ella era nella darsena di Civitavecchia, la società degli schiavi musulmani, con le costumanze locali e internazionali, niun discorso, per diffuso che fosse, potrebbe chiarire ogni cosa meglio del seguente documento scritto in Civitavecchia dal Console di Francia, intorno a un ricorso collettivo di tutta la comun società musulmana di detto luogo. Il fatto cade precisamente in questi tempi dove siamo ora col racconto; e riguarda a punto il Papasso, il Bombardiero, e lo Scrivano della Liona i quali in pochi anni fatti pratici della lingua e del paese, tentarono estorcere protezioni e soccorsi dall'Africa, scrivendo enormità contro l'Italia, e contro i governatori del paese. Salito sulle furie il Bey d'Algeri, spaventato il padre Zorrilla commissario del riscatto in quella città, commosso in Roma il cardinal Gentili protettore dei Mercedari, venuta innanzi la corte di Francia mediatrice tra gli ottomani, e messo di mezzo il cardinal Firrao segretario di Stato, finalmente il Console francese ristabiliva la quiete degli animi e la verità dei fatti in questi termini *:

Civitavecchia, 4 maggio 1739.

<«<< Noi Giovanni Antonio Vidau, consigliere del Re, << e console di Francia in Civitavecchia 47. Essendo Noi <«< stati richiesti di ricercare la verità intorno ai seguenti capi di accusa, scritti e mandati in Algeri e in altre

46 ARCHIVIO DELLE FINANZE, già a palazzo Salviati, volumi intitolati Navi e Galere pontificie, vol. IV, n. 38. Originale in lingua francese

e mio volgarizzamento letterale.

47 LABAT, IV, 335.

FRANGIPANI, 216.

ANNOVAZZI, pref. 26, e in fine.

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Nobile Famiglia originaria di Avignone, ma da più secoli stabilita in Civitavecchia, dove tutti ricordano il conte Paolo Vidau, gonfaloniere della città.

« parti di Barberia dagli schiavi musulmani che sono in «Civitavecchia, oltre alla piena conoscenza che Noi ab<< biamo delle predette scritture, per accertare meglio «la verità abbiamo fatto chiamare e venire alla nostra < presenza il Papasso, o sia capo Sceriff dei musulmani, << accompagnato dai principali schiavi di questa darsena. « Ad essi abbiamo domandato chi sia di loro che abbia scritto in Algeri e in altre parti dell'Africa li seguenti << capi d'accusa.

« Primo che alcuni fanciulli di Civitavecchia abbiano « disotterrato i cadaveri dei loro morti, e poi strascinati << a ludibrio per le strade di questa città.

<< Il predetto Papasso, o sia capo, e gli altri musul<< mani presenti di propria bocca risposero non avere <<< essi mai scritto in quella forma, nè in quei termini: << si bene di aver espresso il concetto che qualcuno (senza sapere chi fosse) in tempo di notte andasse a <<< rifrustare nelle sepolture dei Turchi, ed a spogliare i « cadaveri delle vestimenta e degli altri oggetti consueti << a collocarsi nelle tombe, secondo il rito musulmano.

Sopra ciò in pura verità diciamo Noi per coscienza <che, se ció fosse vero, e venisse discoperto dal Go<< vernatore e dai ministri di questo paese, i ladroncelli << severamente sarebbero condannati e puniti. Per ciò abbiamo domandato al predetto Papasso, o sia capo, « ed agli altri turchi presenti, se mai potessero nominare o dare qualche indizio per riconoscere i predetti la<droncelli, perché se ne potesse mostrar loro un castigo <esemplare: ma tutti hanno risposto di non saperne.

<< Secondo. Abbiamo domandato chi di loro abbia << scritto essere stata chiusa la loro Moschea, e i libri << della preghiera essere stati gettati al letamajo.

<< Tutto questo è falso di pianta: non solo perchè << cosi confermano il Papasso e i turchi presenti, ma

<< perché Noi cogli nostri occhi propri vediamo sempre << aperta e sempre libera ai turchi la Moschea loro con<< cessa, e vediamo quivi conservati i libri consueti, et « vediamo farvisi gli esercizi del loro culto con la stessa << libertà dei tempi passati.

<< Terzo. Che sono state tolte via le baracche, cioè <«< i casotti di legno, dove i turchi facevano bottega, e << vendevano acquavite, sale, tabacco, ed altre derrate << per campar meglio la vita.

« Né pur questo è vero nei termini espressi. Noi << vediamo oggi, come jeri vedevamo, e domani ve<<< dremo gli stessi schiavi in possesso delle medesime << baracche in questa darsena; e quivi farsi mercato, non « solo lecito, ma anche frodolento di contrabbando. Cia<< scuno sa che in tutto il mondo vi sono appaltatori di gabelle: i quali, a loro rischio e pericolo, le pigliano <<< e riscuotono le tasse, ricevendo dal Fisco autorità suf<<ficiente a far valere l'impresa, ed a frenare i contrav<< ventori: altrimenti essi non potrebbero pagare le corrisposte, donde lo Stato trae le maggiori sue rendite. « Ora gli appaltatori di Civitavecchia qualche volta chiu« dono gli occhi, e lasciano correre contrabbandi e schiavi, << senza esigenze di troppo rigore: ma non possono sem<< pre tacere, ne devono sempre favorire il commercio. << vietato. Non però di meno, ad onta di tutte le cau<< tele, costoro delle baracche deludono i gabellieri e con<<< tinuano nelle frodi, come hanno fatto e fanno conti<< nuamente.

Queste cose dobbiamo Noi dire per sincera espo<«<sizione della verità, e per aperta testimonianza di co« scienza e in fede di essa abbiamo sottoscritto la pre<< sente di nostra mano propria, e appostovi il sigillo di << questo consolato di Francia in Civitavecchia, li 4 magLoco del sigillo. - Forèt cancell. >>

« gio 1739. – Vidau.

Vidau.

A questo documento, pel quale si quietavano in Algeri e in Civitavecchia i turchi e i cristiani, va unita una lettera dello stesso Vidau al suo collega console di Francia nella Reggenza, dove più alla libera confuta le imposture del papasso Moassa-aly, del bombardiero Achnet-Aly, e dello stesso scrivano Kalil-Amour tutti e tre della Liona promette di tenerlo informato dei successi futuri, gli notifica la libertà già concessa ad un tale Maometto d'Ismail richiesto dal Bey-pascia in cambio di un cristiano, e conchiude con queste parole importantissime al nostro argomento 48: « Vi prego in grazia: ser<< vitevi di tutto il vostro credito e di tutta la vostra << autorità per rendere sicuro il Bey-pascià, o governa<tore di Algeri, che non v'ha paese in tutta la cristia<< nità, e dirò anche in tutto il mondo, dove gli schiavi « siano trattati meglio di qui, e dove vivano con maggior libertà. Anzi questo appunto li rende più teme<rari che altrove, tanto nella insubordinazione al di<dentro, quanto nei reclami al difuori. Guai ai poveri < Cristiani nostri di Barberia, se avessero osato mai la << centesima parte di ciò che qui fanno di male gli schiavi turchi! Sarebbero stati tutti, dal primo all'ultimo, con << ogni strazio trucidati! »

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Alla fine del secolo, occupata l'Italia dai repubblicani di Francia, tutta la caterva barbaresca fu rimessa all'Africa 48

48 ARCHIVIO cit., n. 38, Lettera del Vidau al console di Francia in Algeri, data da Civitavecchia 4 maggio 1739:

Il n'y a point d'endroit dans toute la christianité, ny au monde, où les esclaves soient mieux traités, et avec tant de liberté, qui icy. C'est ce qui les rend si temeraires. »

45* BONAPARTE, Correspondance, in-fol., Parigi, 1860, IV, 161, 212: « Dans tous les ports Bonaparte a fait sur-le-champ mettr en liberté tous les esclaves barbaresques qui s'y trouvaient. »

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