L'alma ne infiamma. Del cadente Sole Invitato dal raggio, ai verdeggianti Archi il piè volge, e de' sermon si pasce Ne' queti studj di Natura appresi Ove intelletto uman fu sempre alunno. Di solitudin vaghi, l' importuno Strepito popolar lascian gli amanti,
E del riposo in grembo, i bei deliri Spiegan dell' alma in sospirose note,
Che il Dio, che ha piume ed arco, intende e approva. Dove or fien vôlti i passi nostri, Amanda? Dubbia è la scelta, e più che dubbia, è vana: Tutto a meno divien quando ti mostri. Lungo il prato o il ruscello, o nelle selve Errar possiam, o tra le bionde spiche O sovra il tuo bel colle, aprica Sena Donde l'Estate in sua beltà si svela.. Or d'Albion sui popolosi alberghi, O sui due poggi, che le fan corona, Or dell' alpestre Harrow sovra le spalle, O dove il capo altero alza Windsorre, Lieto di quinci stenderemo il guardo. Il contrasto a mirar delle tranquille Agresti scene, se più a te son care, Mover potrem dappoi lungo le rive Dell' argenteo Tamigi, e dai recessi
De' boschi d' Harringtòn le non mai stanche Luci appagar d'interminabil vista.
Vedrai d' Ham le selvette, e in erma chiostra Alla bell'ombra colla dolce amica
Assiso Queensbury, che ancor Gay piange, E a lui non luuge Cornbury far eco. Di Twitnam i boschetti, ove le Muse Mercè chiedon per Pope al Dio de' carmi, Là nella valle del real Tamigi
Scorger potrai, se il brami, e il monumento D' Hampton, e di Clermònt le aeree cime, E d'Esher i silenzj, ove ai perigli Delle corti straniero e del Senato, Del tortuoso Mole appo le sponde Trova Pelham riposo. Amena valle, Che dell' Achiva e dell' Esperia terra Le delizie sorpassa: aprichi poggi, Ove il campestre Genio ai pingui frutti Esulta del lavor! stanza di pace!
Oh dell' arti regina Anglia felice! Vigor tua vista in cor Britanno infonde. Sin ne' tugurj Libertà si mostra, Ed ubertade col piacer vi spande.
È ferace il tuo suol, dolce il tuo clima; Nè per estivo ardor povero ď acque
Mai de' tuoi campi è il rio. Quercia non vanta Estranio monte, che alle tue si agguagli. Aurea dovizia d' ondeggianti biade
Offron le valli, e numeroso armento Dai paschi pende di tue verdi balze. Ride fiorito il prato; e l'erba folta Del mietitor par che resista al ferro. Frequenti la campagna ornan le ville; E de' tesor dell' anno, onde securo
Sotto l'usbergo delle patrie leggi È il buon cultor, ogni tua riva è onusta. Dell' industria, dell' arti e del contento Son tue cittadi ostel. Pago lo sguardo Mostra del par chi sull' aratro suda, E chi di polve asperso, il sasso adatta Onde superba mole al ciel si estolle. Di folto stuolo d' operosa gente I porti ne traboccano, e sembianza Offron di selve d'ondeggianti abeti : E allor che al vento le spiegate vele, Di gloria vago, il navigante affida, Dell' iterato addio risona il lito.
Magnanima, gentil, cresciuta all' opra, Fervida in campo, ne' perigli audace, È tua prole, o Brettagna. O in terra pugni, O testimon sia di sue gesta il mare, Spavento è sempre di chi a lei contrasta. Benefica è tua gloria, allor che il senno Rivolgi de' più esperti all' util pace. Schietta virtù, pietoso affetto, ingegno, Amor del vero è in te. Di tutte posse Cinta, se v' ha chi ti contenda i dritti, Conforto sol di chi tra i ceppi geme,
A folgore simil giungi ai tiranni.
Madre d' eroi tu sei. Tuo figlio è Alfredo, Portento in guerra, amico nume in
Caro suo nome fu alle patrie Muse,
Ch' ei tanto amò. Niun gli fu eguale in trono. Brillano Arrigo ed Odoardo. Ei primi
Al Franco audace rintuzzaro il ferro, Onde ancor fiero della Senna in riva Tuo nome suona. L' animoso Moro
La cuna ebbe da te; quei, che all' atroce Furia di re perverso il petto oppose. Come Aristide, d'incorrotti sensi; Fermo al par di Caton; qual Cincinnato In povertà, ricco di gloria, ei visse; E fu pel suo gran cor la morte un riso. Tuo pur è il sobrio Walsinghàm. De' mari Drake a te die' l' impero. Ad ogni lido Ei tuo poter fe' noto; e la scintilla Da lui ne venne, che tua fama accese. Ma chi gli spirti annoverar presume All'ombra surti di femmineo scettro ? Primo tra tanto stuol Raleigh si mostra; Raleigh, terror dell' Ebro, che le doti Del saggio unì, del cittadin, del prode. Nè in mezzo alla viltà d' imbelle regno Il suo vigor languì. D'oste sconfitta L'insperata vendetta ei sol fe' paga. Benchè tra i ceppi, ne' trascorsi tempi Su l'agil ala del pensier si stese, E novelli tesori al mondo accrebbe : Ma in suo lungo viaggio età non vide Si gloriose alla virtù, ma indegne Del patrio suol, come l' età, che il vide Erger trofei, non del suo sangue avaro Nè te, prode Sidney, che l' ancor bionda Chioma cingesti di guerresco alloroviLLE DE
E d'amoroso mirto, e di corone Onde si raro è dispensiero Apollo, Tacerà la mia Musa. Illustre terra!
è Hamdèn, che fe' del petto schermo Contro il torrente, onde al servaggio tratta Era la turba. Dell' antica luce,
Mercè del forte, libertà si cinse;
E mille alzâr la fronte alla sua voce Invidiati spirti, onde fien l' opre De' coronati dèspoti spavento .
Porgi, deh, i più bei fior, patria diletta, Sì che la tomba di Russel ne sparga. Per te con gaudio la pacific' alma Spirò lo sventurato; e di mal fermo Regno, all' imperò della legge avverso, Colla morte notò gl' infausti annali, Da lui non lunge, fido amico, posa Il Cassio del Tamigi. Dalla fiamma Di libertade acceso e dall' esemplo De' vetusti prodigj, l' inquïeto Sangue versò senza esalar sospiro.
Appena del saper la prima aurora D' Oriente rifulse, e delle Muse Il canto risvegliò, di venerandi Savj nutrice fosti e illustri bardi. È tuo Bacon. I cittadini agguati Ei mal conobbe. Delle molli corti Fra la barbarie, sua virtù verace, Ma docil troppo, non sostenne il pondo, Fatto agli studi e a solitaria vita
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