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AD AMANDA.*

Questo tributo, o gentil Ninfa, accogli,

A Te, ad Amor, ad Amistà sacrato,
E del Vate alla tua l'anima aggiungi,
Che artefice ne fu. Se qui sua possa
Fantasia dispiegò, die' i versi 'l core,
In quella tu sovra le Belle splendi,
Ed è a te questo dolcemente avvinto.

* I presenti versi, pubblicati la prima volta nell'Edizione di Bordeaux del 1808, furono scritti da THOMSON a Miss Y-g (ch'egli adombra sotto il nome d'Amanda) nell' offerirle ch' ei fece il primo esemplare delle Stagioni.

I

VILLE DE LYON

Biblioth. du Palais des Arts

3

Vieni, o del ciel soave spirto, vieni, Primavera gentil; e al suon, che intorno Grato si spande a noi, di rose cinta, Dalla rorida nube omai discendi ..

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Hertford, o tu, che delle regie sale
Colla natia beltà cresci 'l decoro

Qual delle ville, ove di grazie adorni
Innocenza e saper brillano a gara,
Orecchio a me porger ti piaccia. Io canto
Tua leggiadra stagion, quando Natura
È al par di te benefica e fiorita.

A suo ricetto aquilonar già l'aspro
Verno si affretta, e i furiosi venti
Richiama, che sommessi il gemebondo
Colle e l'irta foresta e la sconvolta
Valle dietro a sè lasciano. Più mite
Aura succede, che il deserto suolo
Va lieve intorno a carezzar coll' ali.
Si dileguan le nevi: i romorosi

Torrenti ergono il corno, e verde ammanto,

Che, dolce-variando, offre contrasto

Coll'azzurro del ciel, vestono i monti.

Pur dubbia è la stagion. Sua via sovente
Con retrogrado piè ripiglia il Verno.
A vespro spira; irrigidisce l'alba,
E sue pungenti brine a turbar manda
La più pura e gioconda ora del giorno.
Nunzio di primavera, ancor l'augello
Tentar della palude il gel non osa;
O, a discoprir sua qualitade, i colpi
Va iterando col rostro, e a udir si arresta
Se ne risoni l'aer. Dalla bufera
Commosso ancor, per lo scopeto il volo
Spiega il piviere appena, e tra men crudi,
Ermi sentier suo flebil metro intuona.

Dall' Ariete al fin limpido il Sole:
Si diparte, e la fronte al Tauro indora.
Il ciel tutto si avviva; e, quasi fiocchi
Di nivea lana, nuvolette erranti
Sull'orizzonte sottentrar fa l'anno

Ai foschi nembi, onde si cinge il Verno.

Favonio aleggia; e il suol lambendo, il moto

In lui desta e 'l vigor. Mira il bifolco
Ristorarsi Natura, e in cor n' esulta..
I robusti giovenchi dal presepe
Sospingendo sollecito, li guida
Ove scosso dal gel posa l' aratro :
E quei, curvata la cervice al giogo,
Al canto della lodola, che s'alza,

E sovra lor si libra, obbedienti

Riedono al campo, e dan principio

e dan principio all' opra; Mentre al lucido vomere, che il musco :

» (*).

Rompe, il cultor di sè fa pondo, e move
"Traendo il solco, che gli annera a tergo»
A misurati passi altri più lunge

Le glebe scorre, e della terra al caldo
Grembo liberalmente i semi affida;
E di denti la scabra erpice armata,
Seguendo l'orme sue, chiude il lavoro.

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Ne sii propizio, o ciel! Compiuto ha l'opra
L' industre agricoltor. Spirate, o venti
Nunzj dell' ubertà, sì che il materno
Sen della terra suo vigor ripigli,

Da Borea domo. E voi scendete, o piogge
Fecondatrici, e rattemprate il foco
Della veloce a germinar Natura.

Il mondo avviva, o Sol; e per te pieno
L'anno si mostri. - A voi, che tra le pompe,
Alteri per tesor, traete i giorni,

Giungerà forse l'argomento ingrato :
Pur di Manto il Cantor su i sette colli
Alla cetra il fidò, quando più puro
In sull' esempio dell' argiva scola
Lo splendido sermon fioria di Roma:
E tempo fu, che regi e venerandi
Padri dell' uman germe, il braccio istesso
All' aratro stendean, che dell' impero
Governava le redini, e tremendo
Vibrava in campo i fulmini di guerra.
Del basso omaggio di lusinga schivi,

(*) Mazza.

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