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A riveder si affretta i suoi più cari.

E voi, che mentre in terra il sonno regna,
Vegliate in ciel, de' vostri rai più miti
Splendete, o multiformi astri; e il concento
L'eco in voi trovi dell' eteree lire.

O gran Fonte del giorno, immagin vera
Dell' Artefice tuo, che intorno il pieno
Della vita ocean perpetuo versi,

Fa che ogni raggio, che da te si spande,
La lode sua su la Natura imprima.

Mugge il tuon, che il romor vince del mondo,

E va da nembo a nembo inno solenne

Tessendo a Lui, che lo spingeva in corso.

Ripetetelo voi, solinghi monti;

Custoditelo, o rupi; e lungo i vostri

Cerulei fiumi errar s'intenda, o valli..
Risvegliatevi, o boschi, e con giulivo

Interminabil fremito, alla destra

Del Dio plaudite, che vi ammanta e avviva.
E allor che in grembo al mar piegando il giorno,
La schiera invita de' pennuti al sonno,
Tu, il più grato fra lor per molli accenti,
L'ombre origlianti, o Filomena, appaga,
E tutta di sue glorie empi la notte.
E voi sublime di sua man fattura,
Onde ha vaghezza ogni creata cosa,

Labbro a un tempo, intelletto, e cuor del tutto,
Cantate il nome suo, viventi umani.

Là tra le vaste cittadine mura

Il lungo-risonante organo intuoni

I solenni suoi numeri ; e del coro
Lo accompagnin le voci, onde or le vôlte
Treman del tempio, or placida trascorre,
Favellando più al cor, la sacra nota.
Come fiamma così, che insiem confusa,
Della fiamma il vigor cresce e il volume,
Il moltiplice canto al ciel s'innalzi.
O se più la campestre ombra vi è cara,
Sì che tempio a voi surga ogni boschetto,
Il flauto del pastor quivi, e la voce
Di vergine amorosa, e la concorde
Cetra de' vati, e il Serafin custode,
Ognor delle stagion cantino il Nume.-
Oh se fia mai, ch' io l' argomento eccelso
In obblío ponga, o il primo fior si mostri,
O il raggio dell' estate arda le arene,
O rida in mezzo a' suoi tesor l'autunno,
aer n

O si rinfoschi l'aer ne' dì più brevi,

Irrigidisca il labbro mio; sien l' ali
Tronche per sempre al mio pensiero; e cessi
Di palpitarmi il sen chiuso al contento.

Non cal, che della terra ai più remoti
Lidi o a barbari climi, o a monti e a fiumi
Al canto sconosciuti, o dove il primo
Raggio di Sol l'indiche balze allegra,
O dove, presso al fin del suo grand' arco,
L'isole inaura delle atlantic' onde,
Mi tragga il fato. In ogni parte è Dio;
E ovunque Egli si spande, ivi è la gioja.
Nè allor che la suprema ora fia giunta

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INNO AL CREATORE

Che l'arcano mio vel scorga a futuri
Mondi, avverrà ch' io mi sconforti. Al canto
Si offriranno argomento altri prodigi.
In parte io non andrò, dove il sorriso
Non sia diffuso dell' Amor divino,
Che le sfere governa, e infiamma i Soli,
E dal mal, che ne appare, il ben deriva. -
Ma nella Luce sua me stesso io perdo.
Vieni dunque, o Silenzio, e più eloquente
Artefice sii tu della sua lode.

VILLE DE LYON
Biblioth, du Talais des Arts

IL FINE.

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